E per salvare l’Europa Sarkozy chiede aiuto alla Cina

E per salvare l’Europa Sarkozy chiede aiuto alla Cina

«È logico che la Cina sia interessata a contribuire alla stabilità finanziaria globale». Con queste parole il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ha aperto alla possibilità di un sostegno di Pechino al fondo salva-Stati European financial stability facility (Efsf). Il summit europeo avvenuto stanotte ha posto le basi per il potenziamento del fondo Efsf, che sarà in grado di poter aiutare gli Stati più in difficoltà anche tramite veicoli speciali d’investimento (Special purpose vehicle, o Spv). Alla fine l’Efsf potrà utilizzare la leva finanziaria e sarà in grado di contribuire attivamente al piano di ricapitalizzazione degli istituti di credito europei che non riusciranno a raccogliere capitali tramite i mercati. Un focus particolare è verso le banche italiane, che secondo lo scenario dell’European banking authority (Eba), hanno bisogno di 14,771 miliardi.

Il primo a lanciare ufficialmente l’idea di un sostegno cinese, nemmeno troppo celato, è stato il presidente francese Nicolas Sarkozy. Sono due giorni infatti che la diplomazia economica francese sta trattando con Pechino per valutare l’interesse a un intervento dei capitali cinesi per stabilizzare la situazione finanziaria europea. Il numero uno dell’Efsf, il tedesco Klaus Regling, è da alcuni giorni in Asia per un road trip coi principali gestori dei fondi sovrani orientali, come il Temasek di Singapore o il China investment corporation (Cic), per testare la loro disponibilità ad acquistare asset europei.

Le trattative, da quanto si apprende da fonti diplomatiche francesi, sono in un buon stato d’avanzamento, ma devono ancora essere livellati alcuni ostacoli. In particolare, i problemi vertono sulla sostenibilità del piano approvato dal Consiglio europeo nella notte. Pechino e Singapore vogliono rassicurazioni sul processo di consolidamento fiscale delle economie europee più in crisi, come Grecia, Irlanda, Portogallo, Italia e Spagna. Ma non solo. Vogliono anche evitare di sprecare le proprie finanze in un’operazione incapace di risolvere la crisi dell’eurodebito. In quest’ottica non ha aiutato l’opinione di Pimco, il più grande fondo obbligazionario mondiale, che ha rimarcato come «senza crescita economica il piano europeo non è altro che un enorme struttura d’investimento con un rischio moltiplicato diverse volte». Difficile immaginare il contrario, dato l’assetto che si sta prefigurando. Tuttavia, ancora oggi sono continuate le opinioni di elogio dell’accordo trovato nella notte. Una di queste è quella del ministro francese delle Finanze, François Baroin, secondo cui «i mercati finanziari (in forte rialzo oggi, ndr) hanno dimostrato che il nostro piano è la soluzione giusta». In molti l’hanno presa come una battuta di spirito.

Per ora c’è una certezza. Anzi, due. La prima è che, anche in presenza di un concreto aumento della potenza di fuoco dell’Efsf e di una sua maggiore flessibilità, la situazione sarebbe tutt’altro che stabile. In una brillante analisi l’Economist ha spiegato che l’Efsf non è comunque abbastanza grande per aiutare nazioni come Italia o Spagna. A onor del vero, il fondo salva-Stati non ha abbastanza forza per sostenere nemmeno Atene nel suo processo di ristrutturazione del debito. Secondo il documento della troika (Bce, Fmi, Ue), nel peggiore degli scenari possibili occorreranno 444 miliardi di euro da qui al 2030 per riportare in equilibrio i conti pubblici ellenici e permettere un rientro sul mercato.

L’intervento cinese, o comunque asiatico, sembra essere ormai scontato. Del resto, il piano di ricapitalizzazione delle banche europee, del valore di circa 106 miliardi di euro, potrà essere completato anche grazie al fondo stesso. Così ha spiegato la Banca d’Italia prima di specificare le esigenze di capitale dei principali istituti di credito italiani. Su questo versante la performance migliore spetta a Intesa Sanpaolo, che non ha bisogno di iniezioni di capitale per raggiungere l’obiettivo del Core Tier 1 al 9%, come richiesto dall’European banking authority. Diverso il discorso per Monte dei Paschi di Siena, che invece avrà bisogno di 3,091 miliardi di euro, e per UniCredit, che dovrà raccogliere 7,39 miliardi. A preoccupare è soprattutto la banca guidata dal presidente dell’Associazione bancaria italiana, Giuseppe Mussari, che attualmente ha una capitalizzazione di borsa pari a 4,358 miliardi di euro e ha pochi margini d’azione. Nel caso le banche italiane non riescano a ricapitalizzarsi in via privata, anche tramite la vendita dei pezzi pregiati che hanno in pancia, potranno sempre utilizzare il fondo Efsf. Oppure, potranno sempre chiedere alla Cina.  

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