Al netto delle violenze, su cui non è possibile spendere parole diverse da una ferma condanna, la piega che sta prendendo la protesta giovanile in Italia è oggettivamente preoccupante. A dover preoccupare non è certo la protesta in sé, perché, anzi, è stata proprio la calma piatta, di fronte a incredibili scostumatezze e dimostrazioni di palese inadeguatezza del Parlamento, del Governo e delle opposizioni, ad aver contribuito a ritardare la presa d’atto della drammatica realtà delle cose. Quello che preoccupa è il contenuto “propositivo” della protesta.
L’unica cosa che sembrerebbe stare a cuore a questi “indignados” parrebbe quella di non onorare il debito pubblico, così da poter assicurare alle nuove generazioni gli stessi “diritti” di cui le generazioni precedenti hanno beneficiato nei decenni precedenti e di cui continuano in larga parte a beneficiare tuttora. Ben poche sarebbero le speranze di futuro, se fossero questi i giovani chiamati a ricostruire il Paese sulle macerie lasciate da chi ha creato il buco e da chi, anziché iniziare a puntellarlo, lo ha ulteriormente allargato in questi ultimi dieci anni di autentico vuoto pneumatico. Esattamente come hanno fatto per decenni i politici che oggi contestano, questi “indignados” cercano una scorciatoia che, però, è destinata ad aggravare la situazione, invece di risolverla. Dire “non paghiamo il debito che avete creato” non porta da nessuna parte. Ben altra cosa è dire: “Non paghiamo solo noi, lo paghiamo tutti insieme”.
I giovani devono battersi non per poter ereditare tutele e diritti insostenibili, ingegnandosi per trovare qualcuno cui lasciare da pagare il conto, bensì per fare in modo che al loro sacrificio ne corrisponda uno altrettanto grande da parte di chi si trincera dietro la logica del “diritto acquisito” e non accetta di comprendere che in una comunità non possono esistere cittadini di “serie A” e cittadini di “serie B”.
In una comunità, che non sia un’iniqua caserma fondata solo sulla logica del “chi c’è, c’è” e del “chi primo arriva, meglio alloggia”, gli unici diritti che possono considerarsi legittimamente acquisiti sono quelli che possono continuare ad essere acquisiti anche da chi arriva dopo, nel vincolo di una reale sostenibilità del sistema. La logica del diritto acquisito, oggi, è ciò che blocca il Paese e scarica sui giovani l’intero peso della crisi. È questa la battaglia che i giovani devono fare e che può consentire al Paese di superare la crisi e ripartire.
Solo così i giovani possono continuare a sperare nel futuro
Chi bolla come populistiche le richieste di abolizione dei vitalizi dei parlamentari e dei consiglieri regionali, difende la logica del diritto acquisito e se ne frega del futuro.
Chi ritiene un’indebita ingerenza il fatto che possano essere previsti per legge dei tetti ai compensi dei manager di banche e imprese che beneficiano di aiuti di Stato, difende la logica del diritto acquisito e se ne frega del futuro.
Chi si oppone in partenza a tassazioni di tipo patrimoniale finalizzate ad alleggerire il carico sui redditi di lavoro e produzione, difende la logica del diritto acquisito e se ne frega del futuro.
Chi tuona e strepita contro riforme previdenziali che avvicinino da subito la realtà a quella che attende i giovani d’oggi, così da trovare un punto di equilibrio a mezza via per tutti, difende la logica del diritto acquisito e se ne frega del futuro.
Chi ostacola in ogni modo riforme volte a costruire un mercato del lavoro in cui tutti siano un po’ flessibili e un po’ tutelati, invece che precari o iper-garantiti, difende la logica del diritto acquisito e se ne frega del futuro.
Chi considera un tabù l’ipotesi che la ristrutturazione di pezzi dello Stato possa comportare anche lo scivolo della cassa integrazione per i dipendenti pubblici, in un Paese in cui nelle fabbriche servono immigrati per riuscire a completare gli organici, difende la logica del diritto acquisito e se ne frega del futuro.
I giovani non possono fregarsene del futuro, perché hanno solo quello per sperare, un giorno, di avere un passato da raccontare. La loro battaglia non può essere la cancellazione del debito per continuare a fare quanto di peggio è stato fatto sino ad ora. La loro battaglia deve essere il superamento della logica dei diritti acquisiti da alcuni, a favore di diritti sostenibili per tutti.
*direttore di Eutekne.info