Michele Pisacane, Filippo Ascierto. Ma anche Luciano Sardelli, Fabio Gava e Giustina Mistrello Destro. Oggi sono loro i protagonisti della politica italiana. Parlamentari di seconda fascia, forse. Ma la fiducia incassata dal governo Berlusconi alla Camera passa soprattutto dalle loro scelte.
Il 14 dicembre scorso, quando l’Esecutivo evitò il primo sgambetto delle opposizioni, le luci della ribalta si erano accese su Domenico Scilipoti e Antonio Razzi. I due semisconosciuti deputati dell’Idv che con un imprevisto cambio di campo avevano garantito al Cavaliere i numeri per andare avanti. Opportunisti o responsabili, da quel giorno sono diventati famosi. Esattamente dieci mesi dopo, la politica italiana incorona cinque nuovi personaggi. Sono le ultime star del Parlamento. C’è il dubbioso che ha atteso l’ultimo minuto per confermare il suo appoggio al governo, e chi proprio all’ultimo ha deciso di voltare le spalle a Berlusconi. E poi c’è quello che molti già considerano un eroe. Arrivato a Roma in stampelle, nonostante un problema di salute, per salvare l’Esecutivo. In Transatlantico e sui giornali non si parla che di loro.
Il campano Michele Pisacane era stato eletto nelle liste dell’Udc. Uomo del ministro Saverio Romano, un anno fa aveva aderito al progetto dei Popolari di Italia Domani ed era passato dall’opposizione alla maggioranza. Oggi, fino al suo ingresso in Aula, è il protagonista indiscusso delle indiscrezioni che girano a Palazzo. In molti scommettono sulla sua assenza. Temono che la sua defezione possa affossare la maggioranza, ancora alla ricerca del numero legale per votare la fiducia. Pisacane si presenta solo alla fine. Le malelingue raccontano di un faccia a faccia con il premier Berlusconi. Di richieste e di offerte, di nomine alla Asl. Tutte cattiverie. La motivazione del ritardo è molto più semplice. «Nei voti importanti – racconta Pisacane al folto gruppo di cronisti che lo accerchia nel pomeriggio – io mi presento sempre alla seconda chiama. Sono uno scaramantico». La risorgimentale omonimia lo fa acclamare dai colleghi come il salvatore della Patria. Lui si schermisce: «Quale eroe. Tutti i deputati hanno lo stesso peso». Ma «nel 150esimo dell’unità d’Italia ci sta che a salvare il governo sia stato Pisacane» ironizza Pier Ferdinando Casini.
L’altro protagonista di giornata è Filippo Ascierto. Fino a ieri sera il parlamentare ex An era bloccato a Padova da un problema di salute (una caviglia quasi fratturata dopo una caduta sui sampietrini fuori da Montecitorio). Stanotte si era persino sparsa la voce che per averlo alla Camera al momento del voto il premier avrebbe messo a disposizione un elicottero privato. Alla fine Ascierto si presenta tra l’incredulità dei presenti e la disperazione dei deputati Pd. Quando entra in Aula lo accoglie un applauso. Lui vota la fiducia. Poi mostra il biglietto del treno: «Ma quale elicottero… Sono venuto con l’Eurostar. Chissà chi mette in giro queste voci».
E poi c’è Luciano Sardelli. Il deputato dei Responsabili – ormai ex – che per un pelo non rovina i piani del governo. Per alcuni è un eroe, per altri un traditore. Sicuramente è un altro protagonista della giornata politica. Il braccio di ferro tra Sardelli e Berlusconi dura tutta la mattina. Verso le nove il parlamentare pugliese, già capogruppo dei Responsabili, scatena il panico tra i pidiellini. In un’intervista fa sapere che non voterà la fiducia al governo. «Non voglio che Berlusconi diventi il capro espiatorio di quello che sta accadendo» si giustifica. Il premier prova a contattarlo telefonicamente. Si espone. Assicura pubblicamente che Sardelli voterà con i suoi. Ma non c’è nulla da fare, il ribelle è irremovibile. Chi era presente racconta che tra la prima e la seconda chiama nella sala del governo di Montecitorio va in scena un lungo incontro tra i due. Il Cavaliere mostra estrema disponibilità, la butta anche sul personale. Ma dopo venti minuti di confronto Sardelli conferma: non vota la fiducia. Il capogruppo Silvano Moffa lo espelle da Popolo e Territorio. Lui non la prende bene: «Ma quale espulsione – alza la voce – Sono io che me ne sono andato. Per ora nel gruppo Misto».
Vicenda simile per i due scajoliani veneti Giustina Mistrello Destro e Fabio Gava. Di tutto il gruppo di malpancisti raccolti attorno all’ex ministro, alla fine gli unici che disertano il voto di fiducia sono loro. Coerenti, sicuramente. Ma già nel primo pomeriggio sono costretti a lasciare il Pdl. A dire il vero Destro e Gava annunciano la loro assenza già dalle prime ore della mattinata. Ben prima che le opposizioni mettano a punto la strategia per far mancare il numero legale in Aula. Gava si giustifica, sottolinea «l’affetto sincero» che lo lega al premier. La Destro confida al Corriere della Sera che non voterà «con grande dolore». Ma entrambi sono convinti che sia necessario dar vita a un governo di larghe intese. Qualcuno racconta che sia stata decisiva una telefonata di Luca Cordero di Montezemolo. La Destro conferma: «Sto dialogando con lui». Alla fine la scajoliana tira un sospiro di sollievo: «Mi fa piacere che il governo abbia ottenuto la la fiducia. Non pensavamo certo che la nostra presenza fosse determinante». Ma i buoni sentimenti non bastano. I vertici del Pdl ottengono la testa dei due ribelli. «Adesso – ammette lei – mi iscriverò al gruppo misto, dove ognuno è libero di fare le scelte che vuole. Poi vedremo».