«Ma dove deve andare così di corsa?». «Le cose sono due: ha un impegno o ha la febbre». Tra i giornalisti accorsi alla sede romana del Pd per ascoltare il segretario Pierluigi Bersani regna lo sconcerto. Il programma della conferenza stampa ha attirato l’interesse di molti. «In vista delle decisioni che l’Italia è stata chiamata a prendere in questi giorni – così la presentazione dell’evento – il segretario del Pd illustrerà le nostre proposte per affrontare la crisi e rimettere il paese sulla via della riscossa democratica, economica e sociale».
Un appuntamento rilevante anche dal punto di vista simbolico. Bersani decide di incontrare la stampa alle 18, proprio mentre a Palazzo Chigi inizia il Consiglio dei ministri straordinario per discutere il nuovo pacchetto di riforme. A dispetto dell’attesa, l’incontro con il leader democrat lascia i presenti un po’ perplessi. Anzitutto per la durata dell’intervento del segretario. Per illustrare le misure in grado di «rimettere il paese sulla via della riscossa democratica, economica e sociale», al leader del Pd bastano sei minuti netti. Altri cinque minuti per rispondere alle domande dei giornalisti.
Un malanno di stagione giustifica almeno in parte Bersani. Le maniche di camicia dei discussi manifesti elettorali sono un lontano ricordo. Il leader del Pd si presenta nella sala conferenze del Nazareno con un colpo di tosse. Sotto la giacca un maglioncino bordeaux. «Mi scuso con tutti ma ho l’influenza» spiega con voce nasale appena prende la parola. Il breve preambolo per raccontare il percorso che ha condotto l’Italia «a un passaggio cruciale» è un’accusa al governo: «Tre anni senza riforme e senza idee, tre anni che non hanno prodotto equità nel controllo dei conti, tre anni di assenza di dignità». E adesso «siamo ritenuti il rischio per l’Europa e il mondo. Abbiamo perso il buon nome, la stima e il rispetto».
In un sussulto di patriottismo Bersani se la prende con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Quelle risatine a Bruxelles non sono piaciute neanche a lui. «Siamo stati derisi in modo inaccettabile. Sia chiaro: gli italiani non sono Berlusconi. Li si deve rispettare». Anche se il segretario democrat conviene che alla fine le richieste avanzate dall’Europa sono ragionevoli. «Ci si chiede un pacchetto di riforme strutturali per la crescita e misure economiche e fiscali sotto il segno dell’equità. Due cose che vanno fatte urgentemente».
Poi, finalmente, arriva la ricetta del Partito democratico. Bersani annuncia: «Abbiamo un pacchetto di proposte». Elenca velocemente la revisione dell’assetto fiscale del Paese, caricare il peso sulle rendite, sui grandi patrimoni immobiliari. E ancora riduzione del peso delle istituzioni, un pacchetto di liberalizzazioni, politiche industriali. «Si può fare qualcosa» anche in materia previdenziale: innalzare l’età pensionabile, magari con un meccanismo flessibile di incentivi. Al termine, l’ultima proposta del Partito democratico. Quella su cui Bersani insiste con maggior convinzione. Per superare la crisi «questo governo deve passare la mano». Il leader Pd chiede le dimissioni di Silvio Berlusconi. «Perché quello che il governo farà sarà poco. Ma anche fosse tanto, non basterebbe. Serve discontinuità politica o non supereremo mai i problemi». All’estero funziona così: «Tutti i paesi nei guai hanno accelerato il percorso verso nuove elezioni o hanno cambiato governo».
Insomma, qualsiasi piano venga proposto stasera a Palazzo Chigi, non sarà ricevibile. «In questa condizione politica – spiega Bersani – l’Italia non sarà credibile». Sono passati sei minuti dall’inizio della conferenza stampa. Il leader del Pd finisce il suo intervento e lascia spazio a qualche domanda.
Nel pomeriggio Bersani ha incontrato il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini a Bologna. Un faccia a faccia in cui i due esponenti dell’opposizione hanno espresso «viva preoccupazione» per la situazione italiana. È già pronto un governo di larghe intese? «Ci saranno elezioni, un nuovo governo? A queste cose ci deve pensare il Quirinale» risponde pilatescamente il segretario Pd. L’importante è che si dimetta il premier. «Poi si vedrà». Poche ore prima della conferenza stampa una delegazione del Partito democratico guidata da Enrico Letta è salita al Colle. Qualcuno chiede indiscrezioni. Bersani glissa ancora. «Si tratta di un normale giro di opinioni». Poi chiarisce «Letta ha detto a Napolitano che è necessaria discontinuità politica o il Paese non esce dai suoi problemi». Sono passati undici minuti. Bersani lascia la sala. A una giornalista resta il dubbio: «Ma insomma, in caso di un esecutivo tecnico a guida centrodestra questi che fanno?».