La Camera sfratta i deputati, parte la rivolta silenziosa

La Camera sfratta i deputati, parte la rivolta silenziosa

Niente da fare. Agli uffici di piazza San Silvestro i parlamentari non intendono rinunciare. Alla notizia che la Camera abbandonerà alcuni locali di Palazzo Marini – in affitto da quindici anni – è partita la rivolta dei deputati a rischio sfratto. In realtà la scelta di interrompere il contratto di locazione è tutt’altro che recente. I questori di Montecitorio avevano annunciato la volontà di traslocare da almeno un anno. Una decisione presa per fronteggiare la crisi economica e la necessità di ridurre le spese. Ma, soprattutto, per assecondare il sentimento di antipolitica diffuso nel Paese. Già, perché l’affitto dell’immobile non è proprio economico. Per ospitare gli uffici di duecento deputati, la Camera pagherebbe al proprietario di Palazzo Marini circa venticinque milioni di euro annui. 

Gli inquilini sono parlamentari con numerosi staff al seguito? Non proprio, piuttosto deputati matricole. A Palazzo Marini – qualche centinaio di metri da Palazzo Chigi, tra via del Tritone, piazza San Claudio e via del Pozzetto – sono ubicate le segreterie dei deputati “semplici”. I peones alla prima legislatura. Quelli alla base della gerarchia parlamentare, senza alcun titolo o qualifica (quando si diventa capigruppo o responsabili delle commissioni si ottiene di diritto un ufficio a Montecitorio). 

E così il 31 dicembre alcuni di loro dovranno dire addio all’ufficio. Non tutti, ovviamente. L’unico contratto di locazione che è stato interrotto è quello relativo a Palazzo Marini 1 (l’edificio che affaccia su Piazza San Claudio). Per un risparmio totale di 14 milioni di euro annui. Per gli altri tre “palazzi” del complesso non è stato possibile esercitare il diritto di recesso. A causa di un vincolo contrattuale le disdette arriveranno a partire dal 2016.

Tanto è bastato per far scoppiare la rivolta a Montecitorio. Una sommossa silenziosa: certe cose è meglio farle lontano dall’attenzione dei media. I parlamentari che dovranno lasciare l’ufficio – per la maggior parte fanno parte dell’Italia dei Valori, Lega Nord e Partito democratico – hanno iniziato a raccogliere le firme per chiedere ai questori di dilazionare il recesso del contratto. Una contestazione rigorosamente bipartisan: a guidare l’ammutinamento c’è il deputato sardo del Popolo della Libertà Settimio Nizzi.

La lettera che accompagna la sottoscrizione è tutta un programma. «Alcuni deputati più di altri – viene denunciato – hanno alzato la voce contro gli sperperi del Palazzo e i privilegi dei deputati a scapito della spesa pubblica. Tanto da ottenere i voti necessari per il recesso dell’appalto». La responsabilità del trasloco non sarebbe dell’affitto esorbitante, insomma. Ma dei deputati che hanno fatto la spia.

E così per molti membri del Parlamento ora si concretizza lo spettro dello sfratto. «Cosa succederà? – si legge ancora – A fine dicembre circa 200 parlamentari dovranno fare le valigie senza avere un nuovo ufficio in cui andare». Uffici, è bene precisare, che sono quasi sempre vuoti. Durante la permanenza settimanale a Roma – dal martedì pomeriggio al giovedì – i deputati “semplici” sono quasi sempre occupati in Aula o in commissione. In ogni caso a Montecitorio.

I questori della Camera hanno fatto sapere che i deputati senza ufficio dovranno dividere la stanza con altri colleghi. Un’ipotesi che ai ribelli non piace affatto. Il rischio è quello di perdere «la privacy necessaria a poter svolgere i delicati e riservati impegni istituzionali che la Costituzione ci riserva». L’ufficio non si tocca. «Credo che sia arrivato il momento di fare chiarezza abbandonando ipocrisie e rivendicando questa volta dei diritti che dovrebbero esserci garantiti per assolvere al nostro mandato».

Chi realmente pagherà le conseguenze del trasloco saranno i circa 350 dipendenti della società proprietaria di Palazzo Marini. «Il contratto di affitto – spiegano dalla Camera – è “chiavi in mano”, quindi il personale dipende direttamente dall’azienda che ha messo in affitto l’immobile». Insomma, chiuso il contratto, difficilmente i commessi di Palazzo Marini continueranno a lavorare. «Chi voleva attaccare la casta dei politici – denuncia la petizione dei deputati – ha creato delle vittime innocenti». 

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