«La Grecia non è in vendita. E anche la Merkel ha falsificato i bilanci»

«La Grecia non è in vendita. E anche la Merkel ha falsificato i bilanci»

RODI – Sulla pista d’atterraggio del piccolo aeroporto di Rodi, sono parcheggiati molti charter israeliani. Pare che sia usanza, per i neosposini, trascorrere la luna di miele in questo paradiso incastonato nel Mar Egeo. Qui la crisi economica è lontana precisamente 434 chilometri, la distanza che separa da Atene l’isola maggiore del Dodecaneso.

A Rodi stanno tutti bene. Il turismo è cresciuto a doppia cifra rispetto al 2010, e nei vicoli della città vecchia, nonostante sia ottobre, i visitatori abbondano. Per strada, li riconosci a colpo d’occhio sugli scooter a nolo: non tanto per le infradito o la pelle color gamberetto, quanto per il casco, che nessun rodiano si sogna d’indossare.

Dall’aeroporto alla città vecchia, tra i pini marittimi ogni tanto spunta un cartello “in vendita” a ridosso di una casa, o un albergo nuovo di zecca, con la sabbia posata sulle finestre vista mare. Sebbene i locals assicurino che la situazione è ben più grave sulla terraferma, a Rodi tutti hanno un sogno: ritornare alla dracma.

Kostas d’estate è un cameriere al bar che guarda la fontana dei cavallucci marini, in Piazza Simis. D’inverno aiuta il padre che ha una piccola ditta edile. «Un ritorno alla dracma sarebbe fantastico, l’isola sarebbe più economica per i turisti, che spenderebbero di più. Oggi, non fanno molte ordinazioni», dice. La sua teoria non fa una piega: più dracme, più turisti. Più turisti, più investimenti in nuove strutture ricettive, per ospitare ancora più turisti. È il capitalismo in salsa tzatziki.

Teo, custode alla Porta della Vergine Panagia – uno dei varchi nelle mura del settimo secolo A.C. per entrare nella città vecchia – la pensa allo stesso modo: «Io non mi lamento, guadagno mille euro al mese. Però sta diventando tutto troppo caro. Il cibo, dieci anni fa, costava meno della metà. Forse, sarebbe meglio tornare alla dracma». «Sa quanto costa un litro di latte a Rodi? Latte greco, intendiamoci. Un euro e ottanta». Tsabika è greca, ma vive in Australia e da vent’anni fa la spola durante la stagione estiva. In pratica, vive sempre d’estate. Possiede un negozio d’artigianato locale e bigiotteria in via Socratos, calletta che sale dal mare alla moschea di Solimano, risalente alla prima metà del ’500. «È tutto originale, niente cineserie», ci tiene a precisare. Poi osserva: «Qui va tutto bene, turisti ce ne sono sempre, l’unica cosa negativa è l’aumento dell’Iva al 22 per cento. I problemi veri sono nell’entroterra, mi riferisco ai pensionati, soprattutto quelli che a fine mese hanno un affitto o un mutuo da pagare». «Non sono in pensione, chi la vedrà mai?», ammette Despina, fruttivendola sulla settantina. «Quando c’era la dracma, i turisti spendevano di più, ma io preferisco l’euro». I nostri politici? «Una faccia, una razza», risponde in italiano.

Georgios Nikitiadis è socialista. Nato a Kos, attualmente ricopre la carica di viceministro della Cultura e del Turismo. Di lui, i rodesi dicono sappia il fatto suo. A Linkiesta spiega trionfalmente: «Abbiamo avuto un incremento del 10% negli arrivi rispetto al 2010 e del 12% in termini di fatturato. Si tratta di un record storico, ci aspettiamo di chiudere la stagione con 16,5 milioni di visitatori, un livello mai raggiunto in precedenza. Risultati straordinari, frutto di un duro lavoro di cooperazione con gli operatori turistici, maggiormente incentrato sul web e su offerte specifiche per i differenti Paesi». Nikitiadis assicura poi che non esistono piani per vendere le isole greche, come invece anticipato dal Wall Street Journal: «Si tratta soltanto di illazioni da parte di chi vuole gettare fango su di noi. La Grecia non è in vendita, e la nostra più piccola isola è talmente costosa che per acquistarla non basterebbe tutto l’oro del mondo». «Ovviamente», continua il viceministro, «abbiamo un piano di valorizzazione dei nostri asset per capitalizzarci, ma valorizzare è ben diverso da svendere».

In settimana, una delegazione di campioni nazionali dell’industria tedesca è sbarcato ad Atene. Tra loro Peter Löscher, amministratore delegato e presidente di Siemens, presente oggi a Rodi nell’ambito del Forum a trazione russa “Dialogo delle civiltà”, che non ha voluto rilasciare alcun commento in merito.

Un processo, il piano di privatizzazioni da 50 miliardi di euro (da qui al 2015) deliberato dal premier George Papandreou, difficilissimo da portare avanti senza la fretta di fare cassa, dati i ristrettissimi margini negoziali della Grecia, e il suo livello di credibilità internazionale. Anche oggi, come nel 2009, il Paese fa fatica a fornire dati macroeconomici incontrovertibili all’Europa. Il Paese deve rispettare gli obiettivi, altrimenti non arriverà la sesta tranche degli aiuti comunitari approvati lo scorso 21 luglio.

«Com’è stato possibile falsificare i conti su deficit e debito? Sono io a chiederlo alle autorità europee. Come mai hanno non hanno mai effettuato dei controlli, come mai hanno deciso di finanziarci ugualmente? Avevamo un quadro del Paese non corrispondente alla realtà. All’epoca, nel 2009, stavo conducendo un tour elettorale, cercando di convincere gli elettori che avremmo fatto il bene del Paese, e non ero assolutamente a conoscenza dell’enorme buco che ci siamo ritrovati in bilancio. Ripeto, non lo sapeva nessuno. Tuttavia, nemmeno l’Europa, che ha accettato le nostre cifre sbagliate, ha scusanti». Se si trovasse di fronte ad Angela Merkel, Nikitiadis le direbbe: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra».

«Come cittadini, possiamo soltanto urlare la nostra delusione». Anche a Rodi, spiega il tassista – idealmente vicinissimo a piazza Syntagma, divenuta ormai un campo di battaglia dove da mesi si affrontano polizia e manifestanti – la gente è scesa in piazza, ma non c’è stata alcuna serrata generalizzata. I soldi guadagnati durante la stagione turistica devono bastare per tutto l’anno. Per questo, d’estate, scioperare è un lusso. «Le tasse sono troppo alte, e il carburante costa 1,80 euro al litro. Prima, riuscivo a mettere via 300 euro al mese. Ho 63 anni e a me non interessa più, ma sono molto preoccupato per i nostri giovani», ammette scuotendo la testa. «Con la dracma sarebbe tutto più facile. Un esempio? Oggi, una corsa in taxi di circa 10 chilometri costa 9 euro. Prima, il prezzo era di 3.000 dracme: 2 euro». I nostri politici? «Sanno usare il computer, amano sembrare degli intellettuali, ma mancano di senso pratico». Alza gli occhi e guarda lo specchietto, rassegnato: «Una faccia, una razza», dice. In Italiano.  

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