«Non c’è più tempo, le banche europee devono essere ricapitalizzate». Il monito del presidente uscente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, è chiaro. E la conferma di questo arriva anche dall’European banking authority (Eba), che nelle nuove simulazioni di forza patrimoniale agli scenari avversi, gli stress test, hanno sottolineato che «un numero significativo di banche» non hanno superato le prove. Fra queste, anche diverse banche italiane. Il pensiero va subito alle più esposte alla crisi europea dei debiti sovrani. Del resto, la situazione di crisi degli istituti di credito italiani non è una novità. In un’analisi molto approfondita, il giornale online statunitense Business Insider ha calcolato in che modo l’esposizione ai debiti sovrani dei Paesi periferici impatta sulle banche italiane. Il responso non è lusinghiero. E per le prime tre, cioè Intesa Sanpaolo, UniCredit e Monte dei Paschi di Siena, potrebbe arrivare una ricapitalizzazione forzosa.
Sulla base degli stress test dello scorso luglio, Business Insider ha messo a confronto il common equity (o patrimonio di base), la capitalizzazione di borsa al 10 ottobre e l’esposizione a Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia (Piigs). Quello tracciato è un quadro a tinte fosche per gli istituti di credito italiani, che dovrebbero rientrare fra le banche che hanno fallito i nuovi stress test, secondo fonti dell’Eba contattate da Linkiesta. Del resto i dati di Reuters Breakingviews sono sotto gli occhi di tutti. «Circa 48 banche dovrebbero fallire il test e avrebbero necessità per 99 miliardi di euro», spiegava Reuters.
La situazione peggiore è per Monte dei Paschi Di Siena. La banca guidata dal presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), Giuseppe Mussari, è stata fra le più colpite della stretta sul funding europeo. Con i mercati interbancari congelati, per Rocca Salimbeni sono continuate le difficoltà. In ambienti bancari circola perfino voce che MPS sia costretta a rifinanziarsi nell’overnight (cioè con scadenza a un giorno lavorativo) a 500 punti base sopra il Libor, il principale tasso di riferimento per il mercato interbancario. Secondo l’analisi del quotidiano newyorkese, l’esposizione complessiva di MPS verso i Paesi periferici è di 291 miliardi di dollari. Se a questa rapportiamo una capitalizzazione di circa 8 miliardi di dollari e un common equity di 6,25 miliardi, l’esposizione tocca quota 4.600 per cento. Troppo per una banca piccola come quella di Siena, che quasi sicuramente dovrà essere ricapitalizzata, secondo gli ultimi stress test dell’Eba.
Meglio non va per Intesa Sanpaolo. Per il gigante bancario di Torino, le sofferenze possono essere legate alla sua esposizione globale. Secondo i dati elaborati in base al 2011, l’esposizione ai Piigs è di circa 607 miliardi di dollari, mentre la capitalizzazione si aggira intorno ai 51 miliardi. Il common equity è invece di 37 miliardi di dollari, stando alle proiezioni degli ultimi stress test. Questo significa che Intesa Sanpaolo ha rapporto esposizione ai Piigs/common equity del 1.600 per cento. Anche per Ca’ de Sass potrebbe esserci una ricapitalizzazione in vista, se gli scenari dell’Eba dovessero essere negativi come sembra.
C’è infine UniCredit. Per il colosso bancario di Piazza Cordusio le cose, almeno dal punto di vista del rapporto esposizione/common equity vanno meglio di altre realtà, seppur di poco. Se da un lato i Piigs pesano per 541,5 miliardi di dollari nei bilanci UniCredit, dall’altro il common equity è quasi 51 miliardi, con un ratio del 1.070 per cento. Se questo lo rapportiamo alla capitalizzazione di mercato, poco sopra i 35 miliardi di dollari, è facile capire che anche per Piazza Cordusio dovranno arrivare capitali freschi. Del resto, si vocifera da ormai due mesi l’arrivo, entro la fine dell’anno, di un piano di ricapitalizzazione da 7/8 miliardi di euro. Anche in questo caso, sarà comunque l’Eba, in concerto con Commissione europea e Bce, a doversi esprimere.
Oggi è stato José Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue, a tracciare la road map del programma di ricapitalizzazione delle banche promosso da Francia e Germania. «Faremo la nostra proposta domani, mercoledì 12 ottobre, per verificare la possibilità di un accordo completo e un’azione coordinata», ha detto oggi. Parole che hanno fatto seguito all’ultimo rapporto sulla Grecia da parte della troika composta dai funzionari di Fondo monetario internazionale, Bce e Ue. Scontato l’esito. «Gli obiettivi di bilancio saranno mancati», hanno sottolineato i tecnici, mentre è possibile che «la sesta tranche di aiuti (8 miliardi di euro, ndr) sia pronta a inizio novembre». Potrebbe però essere troppo tardi per evitare un default sovrano che sembra inevitabile. Le banche si stanno attrezzando, gli Stati pure. L’unico che rimane ancora positivo è il ministro greco delle Finanze Evangelos Venizelos. «Siamo su una buona strada, abbiamo solo problemi di liquidità», ha ripetuto ancora oggi alla tv di Stato.