Renzi: «Il Pd è senza idee, per questo scendo in campo»

Renzi: «Il Pd è senza idee, per questo scendo in campo»

E dunque, i giorni della Leopolda sono arrivati. Matteo Renzi inaugura stasera ufficialmente la tre giorni di incontri, dibattiti e confronto con politici, intellettuali e professionisti. Il sindaco di Firenze non ha dubbi: “I problemi del paese sono più importanti di quelli del Pd, e sarà ora di capirlo e farlo capire”. Proprio con questo spirito, al di là di correnti e polemiche, racconta a Linkiesta come si prepara al futuro il volto nuovo del centrosinistra italiano. 

Renzi, ieri lei ha detto che dalla Leopolda uscirà «una camionata di idee»: per cambiare il Paese o per cambiare il Pd?
Per cambiare e per dare futuro al nostro Paese. Vede, cambiare il Partito democratico interessa agli addetti ai lavori; cambiare il Paese interessa ai cittadini italiani e all’Europa.

Ma come si spiega il crescente nervosismo da parte dell’establishment del Partito democratico rispetto al Big Bang?
Vede, se si valuta questa iniziativa con approccio dietrologico e ideologico, allora il nervosismo è comprensibile… e comunque non sono certo i militanti, gli iscritti, gli elettori del partito a guardare con preoccupazione alla Leopolda, dove vogliamo semplicemente mostrare al Pd che non si deve avere paura delle idee.

L’ha spiegato anche a Bersani?
Guardi, se io fossi il segretario del Pd non avrei paura di chi ha idee, ma di chi di idee non ne ha e continua a vivere di rendita su quelle degli altri… L’augurio è che i dirigenti del Pd accolgano le tante idee che emergeranno alla Leopolda, non mettendosi sulla difensiva, ma accettando su alcune questioni di rimettersi in discussione.

Pensa anche alla necessità di dare al partito una vocazione più moderata e liberale, puntando a dialogare più con la Marcegaglia che con la Camusso?
Dobbiamo uscire dal recinto dello schema fatto dai giornali quotidianamente: il tema dirimente non è rappresentato né dalla Marcegalia, né dalla Camusso, ma dai problemi degli italiani, quelli veri e sui quali il Partito democratico ha estremo bisogno di esprimere una posizione chiara. I problemi non sono solo quelli che ogni giorno affliggono i commentatori della stampa, ma quelli che più concretamente incidono sulla qualità della vita degli italiani.

A cosa pensa?
Penso al tema della disoccupazione giovanile, ai servizi di welfare come ad esempio gli asili nido, alla valorizzazione in un’ottica sussidiaria del mondo del volontariato, all’urgenza di mettere qualche euro in più nelle tasche dei nostri concittadini anche al fine di sostenere la domanda interna.

E rispetto al mercato del lavoro, Lei come affronterebbe il tema dell’apartheid tra chi è protetto e chi non è protetto?
Abbiamo la necessità di garantire più tutele ad una parte importante di cittadini, soprattutto i più giovani ma non solo, che adesso vivono in una condizione di precariato estremo. Per fare questo è necessario un nuovo modello di welfare che accanto alla flessibilità sviluppi un sistema di sicurezze e di tutela per i lavoratori: ammortizzatori sociali, percorsi di formazione di reinserimento che adesso non esistono o sono del tutto insufficienti nel nostro Paese.

Bene, però la proposta prioritaria del Pd, come ha chiarito anche alcuni giorni fa Bersani, sembra essere solo quella di cacciare Berlusconi…
Che questo Governo sia stato un fallimento lo sanno ormai anche i sassi, perfino dentro la maggioranza sono forti i distinguo e le polemiche dei malpancisti. Di ciò non c’è che da prendere atto, ma l’unico problema reale con cui dobbiamo fare i conti noi del centrosinistra è l’accusa che spesso ci viene mossa di non essere credibili come alternativa. Ecco dunque che la produzione di idee, capaci di delineare una proposta di governo alternativa alla destra, non solo è utile ma necessaria.

Un partito che ha ambizioni di governo come il Pd, dopo la lettera della Bce che lei ha detto di condividere, avrebbe potuto articolare una propria iniziativa?
In questo momento non trovo il tema particolarmente affascinante. La cosa importante è, lo ripeto, che il Pd, riprenda il proprio cammino discutendo sui contenuti, alcuni dei quali sono stati ben individuati dalla lettera della Bce, come le pensioni, il mercato del lavoro, le liberalizzazioni dei servizi pubblici locali.

A proposito di servizi pubblici locali, come la mettiamo con il fatto che anche gli amministratori del Pd si tengono ben strette le partecipazioni nelle piccole Iri locali?
Non credo che il problema sia tanto la partecipazione azionaria o l’eventuale proprietà pubblica, ma come questo controllo viene esercitato: dal livello nazionale a quello locale in campagna elettorale tutti i partiti dichiarano la necessità di restare fuori dalle aziende salvo poi, subito dopo il voto, spartirseli con cupidigia. Nel nostro piccolo a Firenze avevamo promesso “niente più politici trombati o pensionati nelle aziende partecipate ma solo manager e tecnici competenti”. E l’abbiamo fatto. Così l’azienda di trasporti pubblici è guidata da un esperto di trasporti, quella dei rifiuti da un imprenditore locale che ha accettato l’incarico rinunciando anche al compenso previsto e come presidente dell’azienda dei parcheggi, che non aveva i conti a posto, ho chiamato un commercialista che in passato era stato sui banchi del centrodestra in Provincia ma che aveva dimostrato una straordinaria capacità di controllo sui bilanci.

Oltre alle idee che usciranno dalla Leopolda, il Pd dovrà discutere dello spinoso tema delle primarie…
Delle primarie non c’è bisogno di parlare. Come ho detto ieri in conferenza stampa, se non ci sono le primarie non c’è il Pd, visto che il Pd è nato con le primarie, ha dato vita ai suoi gruppi dirigenti con le primarie e usa tale strumento anche per eleggere il segretario di un circolo… è evidente dunque che per eleggere il candidato alla Presidenza del Consiglio si debbano fare le primarie, che peraltro non si potranno fare solo con Bersani, Vendola e Di Pietro!

Citando Vendola e Di Pietro dà anche per lei per scontato che si riproporrà un’alleanza sul modello dell’Unione di Prodi senza aperture verso l’Udc e Montezemolo?
Le alleanze e le sigle di partito che ci stanno dietro sono l’ultimo problema. Dobbiamo presentare idee, programmi seri e facce credibili. Poi penseremo anche alle alleanze. Un cartello elettorale potrebbe forse bastare per vincere le elezioni, e non sono sicuro neppure di questo, ma non possiamo correre il rischio di ripercorrere la disastrosa esperienza dell’Unione. Quando abbiamo cioè vinto l’ultima volta le elezioni con Prodi, il governo ha retto a mala pena due anni per colpa delle nostre liti e divisioni interne. Spero che quella lezione ci sia bastata. 

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