Fabrizio Saccomanni esce dal silenzio, e mentre infuria la battaglia per diventare Governatore della Banca d’Italia, parla, pubblicamente davanti a giornalisti e studenti, in privato col presidente Mario Monti.
Il momento è delicato anche per Saccomanni: sembrava fatta per la sua nomina a successore di Mario Draghi, e invece il governo si è attorcigliato su una guerra per bande su Palazzo Koch. Berlusconi si è dato tempo, per decidere, fino al primo novembre, anche se tutto consiglierebbe una certa rapidità. In ogni caso l’eventuale nomina di Saccomanni, è nelle mani di Berlusconi e anche dei suoi contrasti con Tremonti che candidava Grilli.
La notizia del giorno arriva proprio mentre Saccomanni è in Bocconi: Fitch declassa il rating sul debito italiano. Sorride, e dice che non c’è «Nessuna novità». Proseguendo annota che «queste agenzie agiscono in branco, vanno tutte nella stessa direzione con soli piccoli sfalsamenti temporali. La manovra approvata da questo esecutivo in tempo rapido mette la finanza pubblica sulla linea di di riduzione del debito. Ci sono problemi ovviamente connessi alla situazione mondiale che influiscono sulla crescita»
Le banche italiane sono un tema naturale, per chi fa il direttore di Bankitalia ed era certo fino a dieci giorni fa di diventare governatore.
«Noi vigiliamo. Sono solide, hanno capitalizzazione adeguata allo standard europeo. La vigilanza – passatemi la battuta – è vigile. Siamo in dialogo costante per assicurare la liquidità nel caso di dovessero fronteggiare ulteriori tensioni che pure rischiano di nascere. Il nostro giudizio è positivo, tutto sommato».
Sulla crisi economica ci si rifa al Governatore in uscita: «Draghi ha dichiarato che la stagnazione italiana è anche connessa al mancato protagonismo dei giovani. Che dire? Il problema del ruolo dei giovani sta a cuore a Bankitalia, abbiamo necessità di migliorare la formazione sia a livello di scuole medie superiori che di Università. Solo le scuole elementari – mi pare di ricordare – sono a livello europeo, dobbiamo però garantire una migliore formazione per realizzare un piazzamento buono nel mercato del lavoro dei nostri ragazzi. Le imprese si aprano ai giovani che sono innovatori per tecniche nuove ed idee fresche. Per consuetudine in Bankitalia assumiamo sempre giovani e siamo stupiti dalle loro strabilianti capacità. La gioventù è un capitale umano da far crescere, sappiamo che la Bocconi è un luogo d’eccellenze, i bocconiani non hanno problemi di questo tipo. Ho ricevuto 100 offerte di lavoro appena laureato. Ma nel Paese non funziona tutto così perfettamente”.
E sempre Draghi accompagna la conversazione del suo numero 2. «Mario Draghi sarà quello che è già stato. Influente governatore dell’Unione Europea. Ha portato avanti una linea netta basata sulla comprensione della interazione tra mercati e banche centrali. Solo da uno scranno più alto, oggi, continuerà ad essere ciò che era. Vi devo raccontare che – da seduti ad un consesso europeo – ci si denazionalizza e si ha una visione più alta e condivisa». E sempre volando nell’empireo europeo «È essenziale – spiegherà nel discorso – che venga al più presto resa operativa la European Financial Stability Facility, ora che il processo di ratifica da parte dei paesi membri ha avuto una forte spinta con l’approvazione del Parlamento tedesco».
Il contesto italiano, la prossima nomina del Governatore, resta però ben presente. Quello stesso paese in cui il ministro Umberto Bossi aveva detto essere meglio Grilli «perchè è di Milano». Il romano Saccomanni rivendica un forte legame con Milano, e non risparmia elogi alla Bocconi che questa sera lo premia come bocconiano dell’anno. Tanto si era «completamente integrato» che gli dicevano spesso: «non sembri romano», ricorda. E con Milano, precisa, il legame resta fortissimo, indissolubile e costante. Tornano alla mente le parole che aveva pronunciato, qualche ora prima, arrivando in Università, e parlando dei consessi internazionali di cui è frequentatore da decenni diceva: «Credetemi, ci si dimentica da dove si viene e si pensa a dove andare. Si aderisce ad un sistema di valori altri e condivisi. Certo, non si diventa tutti dei Mario Monti – e qualcuno in certi casi avrebbe bisogno di un training di presentabilità continentale» aveva concluso sorridendo.
Intanto, la corsa per la poltrona più alta di Bankitalia è ancora più nebbiosa. Finora, oltre che di Saccomanni e Vittorio Grilli, si è parlato di Domenico Siniscalco, di Bini Smaghi e, nelle ultime ore, perfino di Giuliano Amato. Corsa affollatissima, e piena di incognite, nelle mani del governo Berlusconi. Tra Roma e Milano, a un certo punto, ci si dovrà decidere.