Per la Francia, Dexia è un falso problema. Il vero grattacapo del presidente Nicolas Sarkozy si chiama Efsf, il fondo salva-Stati in attesa di approvazione nei parlamenti di mezza Europa. Gli Esa95, i principi contabili che regolano le statistiche di Eurostat, escludono infatti dallo stock di debito pubblico le garanzie fornite a protezione delle obbligazioni e dei depositi degli istituti finanziari in difficoltà, come la banca franco-belga.
Al contrario, i prestiti erogati dal fondo comunitario sono conteggiati come passività delle amministrazioni pubbliche degli Stati membri, e costa loro in proporzione all’affidabilità del loro debito sui mercati. Per questo, oggi, le tre sorelle del rating, S&P, Moody’s e Fitch hanno confermato che la grana Dexia non avrà nessun impatto sul giudizio AAA di Parigi, confermando le parole del ministro delle Finanze, Francois Baroin.
Stando all’accordo, raggiunto ieri in nottata e spiegato oggi in una conferenza stampa dal ministro delle finanze belga Didier Reyners, il Belgio si accollerà il ramo retail Dexia SA per 4 miliardi di euro. Il ramo lussemburghese è stato ceduto – pare per 1,7 miliardi di euro – alla famiglia reale qatarina. Francia (32,5%, pari a 29,25 miliardi di euro), Belgio (60,5%) e Lussemburgo (3%), si sono inoltre impegnati a garantire 90 miliardi di euro di finanziamenti interbancari e obbligazioni, per un periodo di dieci anni. La Cassa depositi e prestiti transalpina, si legge nel comunicato diramato stamani dalla banca, prenderà sia in carico Dexia Municipal Agency, la struttura di cartolarizzazioni, sia – in consorzio con la Banque Postale – manterrà aperti i rubinetti nei confronti dei Comuni e degli enti territoriali francesi. Sempre stando al manuale Esa95, come ha evidenziato il Corriere della Sera, nemmeno le Casse depositi e prestiti dei Paesi membri, qualora riescano a coprire sul mercato il 50,1% dei propri costi, sono incluse nel conteggio del debito.
Al momento, è ancora troppo presto per capire quale sarà l’impatto di eventuali perdite di Dexia municipal agency sulla Caisse du depot, in quanto non è ancora stata varata la legge che stanzierà i 30 miliardi spettanti a Parigi. La cui scadenza, però, è decennale, quindi non impatterà direttamente sul debito pubblico, fissato per il 2011 all’85,5% ma che nel secondo trimestre dell’anno ha raggiunto quota 86,2%, pari a 1.693 miliardi di euro. Un obiettivo sul quale gli analisti, guardando alla dinamica del deficit – 46 miliardi di euro in più nel secondo trimestre, rispetto al periodo gennaio-marzo 2011 – sono scettici. Già quest’estate, il primo ministro Francois Fillon ha dovuto ammettere che le stime del Governo sulla crescita 2011 sono calate all’1,75% dal precedente 2 per cento.
Alla fine di giugno, sottolinea l’agenzia Bloomberg, gli attivi dell’istituto erano a 518 miliardi di euro, pari all’intero sistema bancario greco e a tutti gli istituti irlandesi salvati dal collasso l’anno scorso. La sua esposizione nei confronti dei titoli di Stato greci è pari a 2,4 miliardi di euro, 15 miliardi di euro sui Btp italiani: «asset difficili da vendere», ha ammesso l’amministratore delegato, Pierre Mariani. In borsa, il titolo ha chiuso in perdita del 4% a quota 80 centesimi, dopo essere stato sospeso dalle contrattazioni, dopo le dimissioni del presidente del Cda di Dexia Banque Belgique, Jean Luc Dehaene.
Ciò che preoccupa davvero l’inquilino dell’Eliseo sono i prestiti in direzione Atene dell’Efsf: i 158 miliardi che Parigi dovrà sborsare per finanziare la nuova versione del fondo, come detto, vanno progressivamente ad ampliare il debito. Anche se, a differenza dell’Italia, il differenziale tra i prestiti Efsf e i bond decennali del Paese – stando al rendimento dell’ultima emissione, 3 miliardi di euro in favore del Portogallo – è sostanzialmente pari a zero, la Francia vuole evitare il ricorso all’Efsf per ricapitalizzare le banche, nel timore di un declassamento. Proprio le divergenze su questo aspetto con Angela Merkel, oltre all’eventuale partecipazione dei privati, sono la causa dello slittamento al 23 ottobre del summit europeo deliberato oggi da Herman Van Rompouy. Una settimana in più per lavorare alacremente su proposte concrete da portare al G20 di inizio novembre, agenzie di rating permettendo.