A quanto pare, Antonio Cassano ha un conto aperto con la buona sorte. L’anomalia cardiaca che sabato scorso gli ha causato un problema ischemico è infatti comune, anzi comunissima. Una persona su quattro ce l’ha e molto spesso vive senza nemmeno rendersene conto. Soltanto in una percentuale minima di casi (l’1 o il 2 per cento) questa può portare a conseguenze di tipo neurologico, come avvenuto a FantAntonio.
Dopo la suspence che ha accompagnato il ricovero di questi giorni, oggi è giunto l’atteso comunicato chiarificatore sulle condizioni del calciatore, diffuso dall’Ac Milan sul suo sito ufficiale: Cassano ha sofferto di «una sofferenza cerebrale su base ischemica» causata «da un forame ovale pervio cardiaco» e sarà operato nei prossimi giorni. Per capire meglio l’entità del problema e i tempi di recupero dall’intervento abbiamo chiesto aiuto al dottor Alberto Margonato, primario di Cardiologia clinica dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
Dott. Margonato, ci spiega meglio in che cosa consiste il problema che ha causato il malore a Cassano?
Si tratta di una anomalia riscontrabile nel 25-30% delle persone. È un piccolo foro, di dimensioni variabili da cinque millimetri a un centimetro, che si trova tra l’atrio destro e l’atrio sinistro del cuore. Nel 98 o 99 per cento dei casi il forame non porta ad un problema ischemico. Questo si verifica solo nel caso in cui si forma un piccolo coagulo di sangue che, una volta attraversato il foro, passa dall’atrio al ventricolo e di lì all’aorta che conduce direttamente al cervello. In tal caso si verificano ischemie transitorie, che per fortuna non portano quasi mai a danni permanenti. Per quanto riguarda Cassano, il coagulo potrebbe essere stato causato da tanti fattori: trattandosi di un calciatore, all’origine potrebbe esserci un contrasto di gioco, una botta alla gamba per esempio.
La malformazione cardiaca sarebbe dovuta risultare già dagli esami di routine eseguiti da Milan Lab?
Lo escludo. Per evidenziare il forame ovale pervio non basta un normale elettrocardiogramma, servivano esami appositi, come ad esempio un transesofageo. Non sono esami che si eseguono normalmente, neanche nell’attività agonistica.
L’operazione chirurgica è l’unica via percorribile per risolvere il problema?
L’argomento è abbastanza controverso. Le linee guida attuali consiglierebbero di agire prima con una terapia farmacologica anticoagulante e ricorrere all’intervento solo nel caso in cui il problema ischemico si verifichi nuovamente. Nel caso di Cassano, però, ricorrerei anch’io ad una terapia più “aggressiva” come l’intervento: la giovane età lo permette, così come la necessità di tornare a giocare. Nel caso iniziasse ad assumere i farmaci dovrebbe rinunciare all’attività agonistica, perché non potrebbe più prendere colpi sul campo da gioco.
Come avviene l’intervento?
È molto semplice: si inserisce un piccolo ombrellino che va a chiudere il foro tra i due atrii. Si tratta di un’operazione a rischio molto basso che, se fatta da mani esperte, non dovrebbe richiedere più di venti minuti. Avviene per via percutanea e non chirurgica, quindi anche i tempi di convalescenza sono abbastanza esigui. Non c’è bisogno di anestesia totale: il paziente, di solito, viene dimesso il giorno successivo.
Come si prospettano i tempi di recupero per Cassano?
Per tre mesi il giocatore dovrà assumere dell’aspirina e del Clopidogrel, un farmaco antiaggregante. Poi continuerà solo con l’aspirina fino alla fine del sesto mese. In questo periodo il giocatore potrà allenarsi in campo e in palestra; il termine di sicurezza affinché l’ombrellino venga completamente ricoperto dal tessuto cardiaco è di sei mesi. Io non lo rischierei in partita prima del tempo.
Ci può essere stata una correlazione diretta tra l’attività agonistica e il verificarsi del problema?
No, nel modo più assoluto. A mia memoria è la prima volta che un problema simile si verifica ad uno sportivo. Non c’entra l’agonismo, così come non c’entra il doping. Si tratta solo di sfortuna, visto che come detto il forame è un’anomalia comune a tantissime persone.