Antonio Galizi, geologo si occupa di redigere i piani di prevenzione dei Comuni.
Dopo la Toscana tocca alla Liguria?
È il problema che si riscontra in molte parti del Paese e in particolare in zone che hanno condizioni morfologiche come quelle della Liguria, molti problemi di stabililtà e il rischio idrogeologico alto. A questo si sovrappone un problema di poca attenzione nella gestione del territorio: quando si parla di cementificazione non è solo quella abusiva.
Cosa è successo al clima e al territorio?
Sono vari i temi che si sovrappongono: le precipitazioni hanno sicuramente subito un incremento dell’intensita nel breve periodo. Ad esempio la scorsa estate sono state registrate precipitazioni di 70-80 millimetri in mezz’ora: 70-80 litri in un metro quadrato se moltiplicato per un piazzale di 10 mila metri quadri (la misura media del piazzale di un centro commerciale) sono 700 metri cubi di acqua da gestire e che immessi nei torrenti provocano quello che sta succedendo in queste ore a Genova. Le acque meteoriche che non vengono assorbite dai terreni perchè hanno lasciato il posto al cemento da qualche parte devono andare a finire.
La Prefettura di Genova conferma che le vittime sono 7, tra cui 3 bambini e alcuni dispersi. Tutti nella zona del torrente Fereggiano, dove sono state realizzate alcune costruzioni all’interno degli argini, se non addirittura a cavallo dell’alveo del torrente. Si poteva evitare?
La situazione di allerta ha portato ad evacuare alcune zone ma non puoi sapere con precisione dove saranno più concentrate le piogge… Sono anni che l’ordine dei geologi lancia appelli nell’intero Paese per costruire in maniera armonica e non in zone a rischio. Ma puntualmente non veniamo ascoltati: è drammatico che anch’io vengo chiamato solo quando la catastrofe è già avvenuta.
È normale che a Genova Sant’Ilario dove sono caduti 110 millimetri d’acqua in 12 ore la città viene piegata?
Questo valore è alto ma bisogna capire quali sono stati i picchi perchè se si raggiungere il limite di 70 millimetri in poco tempo ed ha innestato l’alluvione inondando la città.
L’istituto di ricerca e protezione idrogeologica (Irpi) del Cnr ha elaborato il bollettino delle vittime di frane e alluvioni dal 1960 al 2010 le frane hanno ucciso oltre 3400 persone, mentre le alluvioni hanno spazzato via 715 vite: in Italia si continua a morire di maltempo?
La natura è viva, la terra non è un elemento stabile: la dinamica geomorfologica è in continua evoluzione e le acque continuano ad erodere e lavorare sugli argini dei fiumi. Per questo i lavori sui corsi d’acqua devono essere fatti in modo accurato, per evitare di piangere dopo le tragedie.
E come geologi cosa potete fare per la prevenzione?
La prevenzione significa che tutti i corsi d’acqua devono avere la fascia di rispetto garantita. Una volta questi eventi avvenivano ogni 10 anni mentre ora siamo passati a 3-4 all’anno anche in zone considerate sicure come la pianura.
Anche dal punto di vista economico riparare i danni costa di più della prevenzione?
Manca la politica di prevenzione: a fronte di un investimento di 4 euro a metro quadro per la prevenzione significa risparmiare 15-20 euro a metro quadro dopo un alluvione. Significa intervenire prima e pensare quali interventi fare. È drammatico che sono cose che non vengono neanche valutate.
E dove trovare le risorse?
I soldi solo per la progettazione del Ponte sullo Stretto sarebbero sufficienti per fare prevenzione in tutto il territorio italiano e di conseguenza mitigare gli effetti di queste eventi eccezionali.