Goldman e Sachs, suocero e genero cambiarono il mondo

Goldman e Sachs, suocero e genero cambiarono il mondo

Goldman Sachs è la West Point della finanza. Il paragone tra la casa d’affari più celebre del mondo e l’accademia militare degli Stati Uniti non è azzardato. Per storia, fama e aggressività. Ultimamente però ne se ne parla sempre di più in forma negativa. Facile farlo, dato che chi non la conosce, può anche averne paura. Come Alessio Rastani, il falso trader intervistato dalla Bbc, che aveva detto: «Non sono i governi, è Goldman Sachs che domina il mondo». Era qualche mese fa e la frase fece il giro del mondo, alimentando la rabbia degli Indignados. Ora la novità è legata a Mario Monti, numero uno della Bocconi e da tempo consulente internazionale di Goldman Sachs, che sembra sia in dirittura d’arrivo a Palazzo Chigi, per guidare l’esecutivo che tirerà l’Italia fuori dal pantano.

I “complottisti” sostengono che Goldman Sachs abbia organizzato il colpo di Stato nei governi in Europa e avrebbe piazzato i suoi uomini di fiducia, come Monti. Ma anche in cima alla Banca centrale europea, il nuovo governatore Mario Draghi. Tutti uomini targati Goldman. Una storia della banca d’affari però non si può limitare alla cronaca degli ultimi mesi, ma viene da lontano.

Si narra che il suo fondatore, Marcus Goldman, fu il primo a industrializzare la consulenza per la quotazione di una società a Wall Street. Lui e il genero Samuel Sachs, all’inizio del Novecento, divennero la migliore soluzione per qualsiasi collocamento in Borsa. Poi, arrivò la crisi del 1929, che costrinse Goldman Sachs, incorsa in gravissime difficoltà, a cambiare il proprio core business, spostando i suoi affari nell’intermediazione pura, creando nuovi modelli, nuovi sistemi di negoziazione, nuovi mercati.

Uno di questi, il Block trading, è stato l’anticamera della negoziazione over-the-counter, ovvero fuori dalle piattaforme tradizionali. Non solo. Goldman Sachs è stata anche una delle prime banche americane ad aver aperto una specifica divisione per la ricerca sui fondi d’investimento, che ancora oggi riesce ad anticipare i trend di mercato in modo impressionante. Per alcuni in modo anche poco trasparente. Un esempio di lungimiranza c’è stato nel 2001, quando il numero uno di Goldman Sachs Asset Management, Jim O’Neill, parlò per la prima volta di Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). Dieci anni dopo, saranno forse loro a salvare l’Europa dalla peggiore crisi della sua storia.

Nelle sale operative tutti hanno rispetto e timore degli uomini di Goldman Sachs. Per strategie operative, visione e lungimiranza, nessuno riesce a star loro dietro. In più, come spiegano i trader più scafati, hanno una potenza di fuoco disarmante. Il rovescio della medaglia è all’assunzione di diversi rischi. Più agisci in leva finanziaria, più sei esposto alle fluttuazioni dei mercati. E ogni tanto, capitano delle situazioni di illegalità, come nel caso di ABACUS 2007-ACI, un’obbligazione strutturata (o Cdo, collateralized debt obligation) creata e modellata da Fabrice Tourre, enfant prodige di GS, per conto del fondo hedge di John Paulson.

C’è chi critica il suo ruolo di advisor del governo greco, che nel 2002 ha portato il paese ellenico ad emettere il suo debito in yen e dollari, che Goldman Sachs ha poi scambiato in euro. Anni dopo si è scoperto che i conti presentati dal governo del conservatore Karamanlis erano stati falsati. Morale? Da un lato la Grecia affonda, dall’altro Goldman si arricchisce. E poi un altro ex Goldman, Lucas Papademos, viene incaricato di rimettere a posto i conti ellenici. Papademos siede nella Commissione Trilaterale, cioè l’organizzazione che porta avanti l’ideologia mondialista fondata da Rockfeller, composta da membri del Bilderberg e del Council on foreign relations. Come Papademos, anche Monti è nella Trilaterale ed è anche il fondatore del think tank Bruegel, il più influente a livello europeo. Per i complottisti, basta fare due più due che la grande trama del New World Order è ordita. Eppure, anche in questo caso, è sempre tutto riconducibile alla rete sociale creata da GS.

Non va poi dimenticato il coinvolgimento di Goldman nella bolla del cibo 2005-2008. La banca fu accusata di approfittarsi della fame e della sofferenza di migliaia di persone con indici creati ad hoc, mentre Lloyd Blankfein riceve stipendi e premi da capogiro. Se il complotto è difficile, se non impossibile, da dimostrare, permane l’indignazione. Non è finita: con alchimie finanziarie Goldman sarebbe riuscita a gestire il salvataggio della compagnia assicurativa AIG, esposta alla bolla dei mutui subprime, traendone enormi profitti. E non le si perdona nemmeno l’ostilità nei confronti degli Indignados e degli istituti no-profit che li appoggiano.

Al di là delle polemiche, la fortuna di Goldman Sachs è di essere il catalizzatore di un certo tipo di élite, tecnocratica e meritocratica, avulsa alla concezione italiana di classe dirigente. Il ruolo internazionale di Goldman Sachs non è quello di grande burattinaio, bensì di accentratore di eccellenze. Così si spiega come mai ad essere stati o essere coinvolti in Goldman Sachs siano Mario Monti, l’uomo del giorno, forse presto insediato alla presidenza del Consiglio italiana, ma anche Henry Paulson, segretario del Tesoro sotto Bush figlio e grande intimo di Bill Clinton, il presidente Usa che cancellò la divisione fra banche commerciali e banche d’investimento. Anche Romano Prodi, quello che ha portato l’Italia nell’euro e Mario Draghi, ora presidente della Bce. Da citare anche Gianni Letta, l’uomo indicato da Berlusconi per un governo di transizione.

Advisor a parte, il percorso di formazione viene da lontano. Goldman Sachs presta un’attenzione senza paragoni ai neolaureati che assume. A Wall Street è stata la prima banca a selezionare i suoi dipendenti direttamente dagli atenei. Non è un caso che buona parte dei giovani trader, poi futuri partner, arrivino solo dalle migliori scuole del mondo, come l’École nationale d’administration, le business school parigine e quelle londinesi. E il piano di crescita che ha Goldman prevede diversi step a seconda delle possibilità che un soggetto ha. Kevin Kennedy, il direttore della divisione Risorse Umane, è solito ripetere che «una persona che diventa uno degli uomini Goldman è una persona diversa, dato che sa può contare su una famiglia a livello internazionale».

Ma non ci sono solo i giovani da formare. La fortuna di Goldmans Sachs è la sua fama, che gli ha permesso di investire in una rete di consulenti e advisor a livello globale. Da Robert Rubin a Larry Summers, da Romano Prodi a Gianni Letta, da Mario Draghi a Mario Monti, l’establishment mondiale entra a far parte del giro di Goldman Sachs. In rete c’è chi parla un’operazione da maestri, da braccio armato di una classe dirigente non certo democratica e che si regge, in ultima analisi, sui “poteri forti”, cioè un nebbioso gruppo di ultra-potenti che tiene le redini del mondo. Non bisogna stupirsi di questo. La forza accentratrice della banca statunitense risiede proprio nella rete di conoscenze che ha saputo creare dopo la quasi morte del 1929. Lontano dalle tesi complottiste, vicino al mondo che conta. 

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