Si avvicina l’uscita di Atene dall’Eurozona. Tra poco più di mezz’ora, secondo quanto rivela l’agenzia Dow Jones, il primo ministro greco George Papandreou si riunirà con i suoi ministri per definire gli ultimi dettagli dopo l’annuncio del referendum, probabilmente a inizio 2012, sul nuovo piano di aiuti deliberato da Bruxelles, che per i cittadini del Paese si traduce in dieci anni di sacrifici, privatizzazioni e tagli soltanto per tornare a un debito pari al 120% del Pil, l’attuale livello dell’Italia. Papandreou, inoltre, avrebbe intenzione di porre la fiducia sul suo mandato, che scade nel 2013. Il testo sbarcherà in Parlamento venerdì, e proprio la Camera bassa ellenica potrebbe far cadere l’attuale maggioranza, che può contare su appena due voti di vantaggio rispetto all’opposizione – 152 su 300 – per via dell’uscita dai socialisti di Milena Apostolaki, ex sottosegretario allo Sviluppo Economico.
All’interno del Pasok, il partito che guida la coalizione, l’equilibrio è fragilissimo. Sei parlamentari hanno chiesto le dimissioni immediate di Papandreou, mentre secondo la Reuters, fino alle 13.20 ora italiana il ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos, non era a conoscenza del progetto di consultazione popolare. Durissimo il ministro della Salute, Andreas Loverdos, che ha bollato come «errore» la decisione del primo ministro. Dall’opposizione, il segretario dei Radicali, Alexis Tspiras, ha invocato elezioni anticipate, preannunciando una schiacciante vittoria dei “no” al pacchetto di salvataggio comunitario.
«Sarà un voto sull’adesione all’euro» ha dichiarato il ministro finlandese agli Affari Europei, Alexander Stubb, esplicitando ciò che tutti i leader europei stanno pensando, a Berlino, Parigi e Bruxelles. In un comunicato congiunto, i presidenti della Commissione e del Consiglio europeo, José Manuel Barroso ed Herman Van Rompouy, si sono limitati a prendere atto della volontà di Atene: «Siamo convinti che l’accordo raggiunto sia il migliore possibile per la Grecia, e abbiamo completa fiducia che la Grecia onorerà gli impegni assunti nei confronti dell’area euro e della comunità internazionale», si legge nella nota diramata dalle due massime autorità comunitarie. Decisamente scettico il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, osservando: «non è escluso che la Grecia possa andare in bancarotta» se vinceranno i no.
Ancora nessun commento da parte di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, anche se sulle agenzie circola l’indiscrezione di una telefonata intorno alle 17. Nel frattempo, il presidente francese ha convocato all’Eliseo i ministri di Esteri, Finanze e il Governatore della banca centrale transalpina per fare il punto della situazione. Gli istituti di credito transalpini, nello tsunami finanziario che ha causato oggi sui mercati la notizia di un possibile referendum greco, sono risultati particolarmente colpiti, data la loro esposizione nei confronti dei titoli di Stato di Atene, il cui taglio al valore nominale potrebbe superare il 75%, in pratica carta straccia. A metà seduta, SocGen cedeva il 17% teorico, mentre Bnp Paribas lascia sul terreno 9 punti percentuali, in un contesto di fortissimi volumi, 780 milioni di euro all’ora, per un giorno festivo anche per la Francia. Alle 15.30 la maglia nera va a Piazza Affari, -6,29%, Parigi (-5,33%), Francoforte (-5,51%), Londra (-3,34%), mentre in Usa le perdite del Dow Jones si attestano a -2,23 per cento.
La percezione degli investitori è che l’Europa abbia perso nuovamente il bandolo della matassa, a soli cinque giorni dall’accordo sul potenziamento dell’Efsf. Dopodomani prende il via il G20 di Cannes: i mercati hanno bisogno di qualcosa in più della solita dichiarazione d’intenti.