Addio a Kim Jong Il, il Caro Leader che faceva tremare il mondo

Addio a Kim Jong Il, il Caro Leader che faceva tremare il mondo

«Vedere lui è stato come vedere Gesù Cristo», racconta Ermanno Furlanis, il cuoco friulano che era stato chiamato in Nord Korea per insegnare agli chef del Caro Leader come si fa una pizza. Era il 2009: Kim Jong Il, un giorno, decide di visitare le sue cucine, per l’occasione trasferite sul piroscafo regale, che seguiva il battello dell’imperatore. All’avvicinarsi del suo motoscafo, gli aiutanti delle cucine, sempre più nervosi, chinavano il capo, e facevano schermo agli occhi. Non si poteva guardare in faccia il Caro Leader. Ma per chi, dalle cucine, ha visto il momento del suo attracco, la scena più simile, per effetto e solennità, poteva essere cercata solo nei libri della Bibbia.

Per spiegare cos’era, e cos’è stato Kim Jong-Il per la Corea del Nord, questo aneddoto non basterebbe. Il Caro Leader ha due luoghi di nascita, e due date. Per gli storici occidentali sarebbe nato a Chabarovsk, in Siberia, nel 1941. Per le fonti nordcoreane, sarebbe nato, invece, un anno dopo sul Monte Paektu, la montagna – in realtà un vulcano – più alta (e sacra) della penisola, annunciato da una rondine e festeggiato da un doppio arcobaleno. Il leader scese dal cielo e nel mondo si creò una tempesta di neve. Il culto della personalità è passato, così, a queste forme di divinizzazioni.

Kim Jong il, inoltre, avrebbe avuto anche due morti. Nel 2008 un professore giapponese sostenne che il vero Kim Jong il sarebbe morto nel 2003 e nei ricevimenti ufficiali avrebbero impiegato i suoi numerosi sosia. La tesi, molto combattuta (ma molto apprezzata, in Giappone) ebbe il merito, se non della verità, senz’altro di mettere in evidenza le opacità di un regime assoluto, o anche di più: la Corea, di fatto, costituiva una proprietà del leader. Ora la seconda: secondo il comunicato ufficiale, Kim Jong Il è morto alle 6:30 di sabato 17, mentre era in viaggio su un treno. Lo racconta un’annunciatrice piangente che spiega come il Caro Leader sia morto a causa di un attacco cardiaco. Per lui, ora, ci saranno dodici mesi di lutto. 
 

La sua ascesa al potere fu lunga, ma determinata. Studiò come figlio di dirigente del partito, e passò mesi in Cina, in Russia e in Germania. L’inglese lo imparò a Malta, ospite del presidente Dom Mintoff, con il quale parlava di politica. Nelle oleografie del partito, Andava a scuola su autocarri costruiti da sé, visitava fabbriche e officine, per dimostrare la sua attenzione al lavoro degli operai. Studiò ed entrò nelle alte sfere del partito, dapprima occupandosi di propaganda, da cui derivò la sua folgorazione per il cinema. Aveva, si racconta, oltre 20.000 pellicole e scrisse, nel 1973, un trattato su come si dovesse girare un film, obbligatorio per i registi cinesi. Quando ne sequestrò due (Shin Sang Ok e il marito Choi Eun Hee), li costrinse a girare un remake di Godzilla, uno dei suoi film preferiti. Si intitolò Pulgasari. La coppia di registi, dopo anni di detenzione, fu costretta a risposarsi. Appena poterono, fuggirono dalla Corea per trovare rifugio all’ambasciata americana di Vienna.
 

Divenne massima carica dello stato nel 1994, alla morte del padre, Kim Il Sung, cui venne lasciata la carica di perpetuo presidente. Lui, invece, tiene per sé solo il comando delle forze armate. Cosa che comporta, in realtà, il controllo totale del potere, vista l’assoluta preminenza dell’esercito. I suoi obiettivi sono stati una maggiore pianificazione della politica economica, compresa una lieve apertura al mercato, ma soprattutto un impulso all’industria pesante e un maggior rafforzamento dell’esercito, che passa a controllare l’intera vita del paese.

La dimostrazione più lampante si ebbe durante le carestie del 1995-1999, quando la popolazione coreana, composta da 23 milioni di abitanti, scese a 21 milioni. Due erano morti in mancanza di aiuti, che c’erano, ma erano confiscati dai membri dell’esercito. Responsabile della povertà dilagante della Corea, il leader governava con il pugno di ferro.

Portava lo sviluppo, ma senza lo sviluppo. Tagliava le campagne con enormi autostrade, di asfalto raffinato e sempre tenute pulite. Ma nessuno le utilizzava: potevano trascorrere settimane prima che un’auto passasse. Nelle città, aveva imposto vigilesse urbane che definivano i ritmi del traffico e le direzioni per i pedoni e i mezzi. Solo che non c’erano né pedoni, né mezzi. E le stranezze raccontate dalla stampa estera sono migliaia.

Tra queste, figurano una vera e propria avversione per i bassi –lui era basso – che venivano sequestrati e inviati in campi di concentramento. Era un progetto di miglioramento genetico della popolazione. E poi l’amore per il cognac, la carne di scimmia e la Nba, tanto che gli venne regalata una palla da basket autografata da Michael Jordan. Proibiva alle sue segretarie di portare spille (per evitare attentati) e molte di loro erano costrette a interventi chirurgici per sembrare più occidentali. Eppure, i rapporti con l’occidente erano pessimi: il suo piano per la nuclearizzazione del paese ha allarmato (e allarma tuttora) le ambasciate americane ed europee. L’elezione di Obama venne salutata con un’esplosione nucleare controllata, segno di una conquista sognata da tempo da parte della famiglia. E della pericolosità che il regime di Pyongyang aveva raggiunto, la sua minacciosità per i regimi. Il paese dell’asse del male di Bush tornava a fare paura.

I difficili rapporti esteri della Corea intaccarono la serenità del leader. Era spaventato: faceva controllare ogni granello di riso che mangiava. E la sua paura per il volo – per timore di attentati – lo costringeva a utilizzare solo il treno per gli spostamenti più lunghi. Vagoni blindati ed extra-lusso, che marciavano di notte e a lenta velocità controllare lo stato dei binari. Spesso, per disorientare i suoi nemici, faceva partire tre convogli allo stesso tempo. Eppure, è accaduto proprio in treno che il leader, il capo, il proprietario della Corea trovasse la morte. Ora, per prendere il suo posto, tutti guardano al figlio, Kin Jong-Un, il terzo . Educato in Svizzera, di lui si hanno pochissime immagini e ancor meno informazioni: non è detto che riesca a ereditare il potere del padre. Intanto, la fine di Kim Jong Il agita le dipomazie di mezzo mondo, per capire come andrà a finire. Forse si saprà prima del 28, giorno ufficiale del funerale, quando sarà tributato al leade r un incontro nazionale di lutto. E, in tutto il paese, si terranno tre minuti di silenzio. 

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