Il ministro Giarda vittima del bullismo alla Camera

Il ministro Giarda vittima del bullismo alla Camera

Si sbaglia, confonde i nomi, si guarda intorno spaesato. Mentre la Camera esamina gli ordini del giorno, il ministro Piero Giarda va nel pallone. E i deputati – compreso il presidente Gianfranco Fini – reagiscono spazientiti. C’è chi lo insulta, chi lo deride. Nel suo educato imbarazzo il titolare dei Rapporti con il Parlamento sembra un supplente alla prima lezione. Davanti, una classe di bulletti scatenati.

L’imbarazzante siparietto va in scena questo pomeriggio. Prima del voto finale sulla manovra, in Aula arrivano gli ordini del giorno dei deputati. Al momento di intervenire, il rappresentante del governo – un esordiente – va in confusione. «Siate pazienti» spiega. Poi si rivolge al presidente di turno: «Chiedo il suo aiuto per prendere una decisione. Avrei bisogno di una pausa di cinque minuti per orientarmi di fronte al gran numero di documenti presentati».

Urla, risate. «Mi sento di acconsentire giusto per “pietas” nei confronti del ministro» ironizza sprezzante il capogruppo leghista Reguzzoni. Alla ripresa dei lavori la storia non cambia. Giarda entra in Aula e confonde gli ordini del giorno con gli emendamenti. I deputati gli gridano di tutto. Ride anche la gente sulle tribune. Lui si guarda intorno smarrito: «Chiedo scusa». Poi prosegue. Il ministro inizia a elencare il numero dei documenti in ordine sparso. Dovrebbe leggere il nome del parlamentare firmatario, ma si dimentica. Si confonde, sbaglia più volte. Dai banchi della Lega qualcuno gli grida: “Sveglia!”. La voce di Giarda inizia a tremare.

A un certo punto il ministro prova a giocare la carta della simpatia. Inutilmente. «Ho commesso un errore di lettura per quanto riguarda l’ordine del giorno 61 presentato da Mecacci e company». Stavolta è Fini a perdere la pazienza. «Ministro la prego di essere più rispettoso. Si dice Mecacci e altri». Più tardi lo riprende ancora: «Per la prossima volta la pregherei di seguire l’ordine numerico, rendendo più agevole il lavoro dei colleghi».

Si passa al voto. Sull’odg numero 15 il presidente incalza l’esponente del governo. «Ministro, il governo si rimette all’assemblea?». Giarda ormai non sa più che fare. Sfoglia nervosamente alcuni fogli che ha in mano. Non sa che dire. Fini sbotta: «Allora ministro!».

Un mese fa nasceva il governo tecnico. L’impressione è che la pazienza dei politici sia già finita.

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