Un piccolo popolo combatte il gigante minerario e il Messico si mobilita

Un piccolo popolo combatte il gigante minerario e il Messico si mobilita

CITTÀ DEL MESSICO – Wirikuta, un’area semidesertica di 1400 km quadrati negli stati di San Luís Potosí e Zacatecas, 420 km a nord della capitale, è il centro cerimoniale degli indigeni huichol o wixárika, è l’origine del mondo, una zona di preghiera e di secolari pellegrinaggi. E nel 2008 il Presidente messicano Felipe Calderón, con indosso un abito etnico wixárika, partecipò alla firma di un patto tra i governatori delle regioni centrali del paese per la conservazione e lo sviluppo della cultura huichol, ma un anno dopo ha rilasciato 22 concessioni di sfruttamento minerario alla Real Bonanza, filiale messicana di First Majestic, e altre due alla canadese West Timmins Mining.

In più occasioni dalla fine del 2010 gli indigeni huichol hanno chiesto al Presidente la cancellazione delle concessioni perché Wirikuta possiede enorme valore culturale e naturale rischia d’essere seriamente compromesso dalle compagnie estrattive canadesi. Quasi il 70% dell’area concessa alla First Majestic ricade in questa porzione di deserto teoricamente tutelata. Il Canada è il primo paese al mondo per le multinazionali che gestiscono mine a cielo aperto, le più distruttive per l’ambiente, e il Messico è un partner strategico dato che il 70% delle minerarie operanti in terra azteca provengono da questo paese. Anche se la First Majestic ha assicurato che utilizzerà solo tecniche di scavo in profondità, le questioni aperte restano molte.

Sebbene lo Stato di San Luis Potosí abbia approvato nel 2010 una legge che prevede l’obbligo da parte delle autorità di consultare i popoli indigeni per la stipula di contratti che riguardano l’uso delle loro risorse naturali, i huichol non sono mai stati interpellati. La loro terra è stata invece ceduta alla First Majestic che, con un giro d’affari di 24 milioni di dollari a trimestre, ne ha pagati al governo solo tre per le concessioni a fronte di altri 100 di investimenti promessi nei prossimi 15 anni e la costruzione di un museo storico sul settore minerario.

«Le informazioni tecniche relative alle concessioni – richieste nel febbraio scorso dal Ministero dell’Ecologia e la Gestione Ambientale di San Luis Potosí – sono state classificate come riservate» dal governo centrale, ha assicurato Manuel Barrera, responsabile locale del ministero. Inoltre il prospetto sull’impatto ambientale delle perforazioni non è stato depositato dalla compagnia presso il Ministero dell’Ambiente come previsto in questi casi.

«Se Wirikuta si distrugge, anche il mondo finisce», dicono i huichol. La regione ha un valore culturale paragonabile a quello degli antichi centri economici e religiosi maya come Chichén Itzá o Tikal, solo che in questo caso esiste ancora un popolo che li utilizza, li abita e li difende.
«Quello huichol è uno dei pochi popoli originari americani che ha saputo conservare il nucleo della propria identità religiosa, imperniata sul culto del mais, dell’aquila, del cervo e del peyote o hikuri, un cactus allucinogeno usato a fini cerimoniali che abbonda nel deserto di Wirikuta e incarna un’intera visione del mondo», spiega l’antropologa Manuela Loi dell’Università Autonoma del Messico.

La lingua huichol è parlata da oltre 700 mila persone in Messico e ogni anno sono migliaia i pellegrini e le guide delle comunità indigene che eseguono il rituale della caccia, l’offerta del sangue del sacro cervo agli dei e le lunghe marce a digiuno esattamente nella regione interessata dalle opere di scavo. Poi c’è la ricerca e il consumo del peyote, identificato con la divinità del Cervo Azzurro, che secondo la tradizione è una «massimizzazione dello spirito che ci condurrà al punto di trasformazione temporale in transizione verso l’esaltazione spirituale per trovare le forze dell’equilibrio».

Parole che evocano il misticismo provocato dall’ingestione di uno spicchio dell’amaro cactus hikuri, un’esperienza interiore dal profondo significato religioso per i huichol. Il peyote, inoltre, cresce solo in questa zona. Incarna il tempo non lineare, il viaggio imprevedibile, il fittizio indistinguibile dal reale. Gli occhi dell’osservatore esterno, straniti, inquadrano le pagine di una storia degna delle trame surreali tessute dall’argentino Julio Cortazar nei suoi insuperabili racconti.

La questione mineraria riguarda direttamente sette cittadine tra cui Matehuala e Real de Catorce, nota in Italia per il film di Salvatores Puerto Escondido, tratto dall’omonimo romanzo di Pino Cacucci. «È come se volessero mettere un distributore di benzina in Piazza San Pietro a Roma o scavare sotto la Basilica della Madonna di Guadalupe a Città del Messico», sostiene Santos de la Cruz, un rappresentante della comunità wixárika.

La regione fa parte della Rete Mondiale dei Luoghi Sacri Naturali dell’Onu dal 1988 ed è candidata a diventare Patrimonio Culturale e Naturale dell’Umanità dell’Unesco, oltre ad essere stata dichiarata nel 1994 come una riserva storica ed ecologica protetta dallo Stato messicano per il suo significato simbolico e la sua ricca biodiversità.

Per ora i lavori sono nella fase di esplorazione, ma i huichol, uniti nel Fronte per la Difesa di Wirikuta, denunciano da mesi l’alto impatto ambientale e lo sventramento di catene montuose che la “brama d’argento” dei canadesi porterà con sé. L’inquinamento da cianuro, sostanza impiegata per la dissoluzione dei metalli estratti, è un rischio tanto per i terreni come per le falde. In cambio la compagnia mette sul piatto un indotto di 750 posti lavoro a 150 euro la settimana e una donazione ai wixárika di 260 ettari di terra per le loro cerimonie secondo il modello della “riserva indigena”.

La miseria e l’abbandono da parte dello Stato giocano a favore delle imprese straniere che con un contratto possono decuplicare il budget annuale di un piccolo comune e offrire lavoro a tutti gli abitanti che sono praticamente obbligati ad accettarlo «nonostante l’inquinamento, le condizioni di semi-schiavitù e i rischi per la salute», sostiene Tunuary Chávez, membro dell’Associazione di Sostegno ai Gruppi Indigeni. Data la storica presenza di compagnie minerarie nel centro del Messico «le persone hanno problemi di salute per via dell’acqua che ha alte concentrazioni di piombo e altri metalli», ha dichiarato l’ex sindachessa di Real de Catorce al quotidiano messicano La Jornada. I popoli originari non sono quindi disposti a barattare alcuni anni di Real Bonanza (filiale messicana di First Majestic) con il deterioramento ambientale e culturale che pregiudicherebbe 16 centri abitati e almeno 3 mila 500 persone.

In pochi mesi il Fronte pro-Wirikuta ha guadagnato le simpatie di gran parte della società, anche se il governo sembra sordo di fronte alle richieste dei huichol che hanno invaso Mexico City coi loro tamburi e abiti colorati: conferenze, manifestazioni, iniziative culturali e campagne informative si sono susseguite per tutto il 2011. Hanno aderito al movimento moltissime Ong, oltre a intellettuali e attori come il messicano Gael García. Il febbraio prossimo il musicista Manu Chau, i rapper portoricani Calle 13, i colombiani Aterciopelados e i messicani Café Tacuba e Tigres del Norte suoneranno in un megaconcerto dal titolo “Salviamo Wirikuta, cuore sacro del Messico” per difendere quel che resta del Messico profondo. 

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