È andata discretamente, ma poteva andare meglio. L’Italia è scesa sui mercati obbligazionari con una serie di emissioni di titoli di Stato a lungo termine. Sono stati collocati Buoni del Tesoro poliennali con scadenza a cinque e dieci anni. I rendimenti sono calati, ma non quanto sperato dagli analisti. E sul mercato secondario, i Btp decennali tornano sopra quota 6,10% e lo spread coi corrispettivi tedeschi risale oltre i 430 punti base. Preoccupano due situazioni in particolare: Grecia e Portogallo. Ma c’è attesa anche per il Consiglio europeo di oggi, che dovrebbe ratificare a tutti gli effetti il fondo salva-Stati permanente, lo European stability mechanism (Esm), e il nuovo patto fiscale per l’Europa.
L’appuntamento di oggi era cruciale per capire le aspettative dei mercati nei confronti dell’Italia. I Btp a cinque anni sono stati emessi per 3,547 miliardi di euro a un tasso d’interesse del 5,39%, assai meno del 6,47% dell’asta del 14 dicembre, con un bid to cover (il rapporto fra domanda e offerta) di 1,297. Non è stato quindi toccato il massimo ammontare possibile in emissione, 4 miliardi di euro. In ogni caso, il calo dei rendimenti promessi è sintomo di minor nervosismo degli investitori. Di contro, i Btp a 10 anni sono stati emessi per 2 miliardi di euro, il massimo previsto, a un tasso del 6,08%, meno del 6,98% dell’asta precedente, avvenuta lo scorso 29 dicembre. In aumento, seppur lieve, il bid to cover, passato da 1,36 a 1,416. Contando anche i bond off-the-run, cioè le riaperture di titoli già emessi precedentemente, il Tesoro ha venduto 7,475 miliardi di euro, poco meno degli 8 previsti come massimale.
La situazione è migliorata rispetto allo scorso autunno, ma sono ancora molte le incognite. La giornata odierna era utile per capire in che modo avrebbe influito il declassamento del rating sul debito sovrano italiano da parte di Standard & Poor’s e Fitch. Diversi analisti ipotizzavano che i tassi dei titoli decennali di nuova emissione sarebbero scesi sotto il 6%, come quelli di Royal Bank of Scotland o di Santander. Questo non è successo e anche sul mercato secondario si sono verificate svariate vendite fin dall’apertura delle contrattazioni. Immediatamente dopo l’asta, fonti bancarie rivelano che la Banca centrale europea (Bce) è tornata a controllare i prezzi dei bond italiani presenti sul mercato per valutare se intervenire o meno. Lo stress degli investitori è evidente e non riguarda in modo diretto l’Italia.
La prima incognita infatti è la Grecia, il cui destino è appeso alle decisioni che i creditori privati e il governo ellenico prenderanno nei prossimi giorni. Dopo le indiscrezioni del settimanale tedesco Der Spiegel, secondo cui la Germania avrebbe chiesto di commissariare la politica di bilancio ellenica, si stanno rincorrendo le smentite. Tralasciando le boutade della stampa tedesca, la situazione rimane in un pericoloso stallo. I creditori privati, rappresentati dalla lobby Institute of international finance (Iif), non vogliono essere gli unici attori a a perdere l’investimento fatto. I titoli di debito pubblico greco in mano delle banche, 206 miliardi di euro su 365 complessivi, potrebbero essere oggetto di una perdita considerevole. Si continua a trattare su una svalutazione del valore nominale dei bond in portafoglio, cioè l’haircut, del 70 per cento. Troppo per l’Iif, specie considerato che lo swap avverrebbe con bond di nuova emissione con un coupon del 3,6%, poco rispetto al rischio implicito.
La seconda incognita è invece il Portogallo. Lisbona sta attraversando un periodo di sfiducia degli investitori, dopo che in ambiente bancario è emerso che potrebbe essere necessario un secondo piano di salvataggio per il Paese. Già sottoposto al programma di aiuto del Fondo monetario internazionale, Bce e Ue, il Portogallo è dilaniato da una recessione economica che potrebbe peggiorare ancora, secondo lo stesso Fmi. Questo ha portato oggi i tassi d’interesse dei titoli di Stato decennali a superare quota 15,60% e quelli dei bond a cinque anni a oltrepassare il 20 per cento.
Il Consiglio europeo di oggi si apre con l’obiettivo, duplice, di trovare un meccanismo di protezione finanziaria per l’eurozona e uno di stimolo per la crescita economica. Gli Stati colpiti dalla sfiducia degli investitori nei mesi scorsi, come l’Italia, hanno fatto diversi passi avanti, come richiesto dall’Ue. Ora si attende un segnale proprio da Bruxelles. E, dati i recenti fallimentari summit europei, non è nemmeno detto che arrivi.