Fra i vari punti di vista sotto cui analizzare il disastro della Costa Concordia all’Isola del Giglio c’è quello delle ripercussioni che l’incidente rischia di avere per un settore capace di crescere o quantomeno di tenere botta anche durante gli ultimi mesi di crisi, tanto all’estero quanto in Italia.
Secondo il report Italian Cruise Watch presentato a fine ottobre dalla società di ricerca e consulenza nel turismo Risposte Turismo, infatti, «sono 9,6 milioni i passeggeri imbarcati, sbarcati o transitati nei porti crocieristici italiani nel 2010 – l’8% in più del 2009 – e saranno quasi 11 alla fine del 2011, per una variazione annua superiore al 16%. È del 397% la crescita nel decennio 2000-2010. Le prime indicazioni per il 2012 fornite dai principali porti italiani vedono il traffico stabile o in leggero aumento rispetto al probabile consuntivo 2011».
Dati simili a quelli forniti da Sergio Senesi, vertice dell’Agenzia Cemar (una delle più note realtà italiane in ambito di agenzie portuali e tour operator specializzati nel settore crocieristico): i crocieristi movimentati nel 2011 in Italia saranno (una volta ufficializzato il consuntivo) 10.982.000 (+16,84% sul 2010) e 5.062 le navi che hanno scalato porti italiani (+4,81%). E significativi sono anche i numeri presentati dall’ultima analisi condotta dall’European Cruise Council, secondo cui l’impatto del settore crocieristico sull’economia continentale è stato nel 2010 di oltre 35 miliardi di euro (in crescita del 3%), con oltre 300.000 occupati nel settore e un ruolo primario per il nostro paese.
Dimensioni del mercato europeo delle crociere fra 2008 e 2010, suddivisione del mercato per paese nel 2010 e numero di passeggeri trasportati nel biennio ‘08-‘10 (Fonte: ECC [GP Wild/Brea])
Normale quindi che il timore sia quello di una ricaduta pesante per l’intera industria. La stessa Carnival (la casa madre statunitense cui fa capo Costa Crociere, il cui titolo ha perso oltre il 16,46% a Londra, mentre Rccl, il principale competitor di Carnival, è andato sotto del 7%; Wall Street oggi è chiusa) ha stimato questa mattina un «impatto di almeno 85-95 milioni di dollari (0,11-0,12 dollari per azione) sugli utili 2012 a causa del naufragio» e Costa Crociere, nella conferenza stampa organizzata a Genova questa mattina, ha parlato di «danni immediati per 93 milioni di dollari».
La compagnia genovese non ha rilasciato commenti a proposito del rumor sulle disdette già pervenute, ma una fonte interna ha rivelato che il reparto commerciale di Costa, complice il fatto che gennaio è il periodo di punta per le prenotazioni, si è messo al lavoro già venerdì notte per offrire a coloro che avevano prefissato una crociera sulla Concordia il riposizionamento su altre navi della compagnia o il rimborso del biglietto. Anche perché al momento non sarebbe previsto il rimpiazzo dell’unità incidentata con una nave della casa madre o con navi a noleggio.
Detto ciò, è però opinione comune che l’incidente della Concordia, per quanto siano scontate le ripercussioni nel breve periodo, non rappresenterà un turning point dell’industria come lo fu ad esempio l’incendio del Concorde (quasi un nomen omen) per l’aviazione del luglio 2000. Una convinzione non solo di Costa, che, non a caso, durante la conferenza stampa ha ricordato come gli elementi emersi riguardanti la dinamica del sinistro convergano sempre più sull’errore umano del comandante (attualmente in stato di fermo), ma anche di esperti come Senesi o il collega veneziano Filippo Olivetti (Agenzia Bassani): «È evidente che, oltre alla gravità umana dell’evento, questo incidente ci preoccupi economicamente, anche perché il 2012 era già previsto come un anno di minor crescita rispetto al passato recente. Una flessione sarà quindi nell’immediato inevitabile. Però sono convinto che la percezione del prodotto crociera tornerà nel medio periodo ai livelli pre-Concordia, per il semplice fatto che le navi da crociera sono oggi fra i mezzi di trasporto più sicuri al mondo e che quello del Giglio è stato un episodio sì tragico, ma con una probabilità di ripetersi pressoché inesistente».
Intanto sono emersi alcuni elementi sul fronte assicurativo. Secondo fonti vicine al broker assicurativo statunitense Aon, fornitore di Costa, la polizza “corpi e macchine” (che copre i danni alla nave) di Costa Concordia (pagata 450 milioni di euro) prevedrebbe una copertura massima (perdita totale) di 405 milioni di euro (con una franchigia di 30 milioni) da parte di un pool assicurativo di cui farebbero parte, fra le altre compagnie, Generali, Rsa e Xi Group.
Anche per quanto riguarda la responsabilità civile per danni verso terzi Costa Crociere si è avvalsa di Aon per la stipula della “polizza P&I – protection and indemnity” (in ambito armatoriale vige un particolare sistema mutualistico fra armatori, riuniti per la copertura dei danni a terzi nei cosiddetti Clubs, nello specifico i Clubs coinvolti sono Standard e Steamship Mutual), che prevedrebbe un massimale di 3 miliardi di dollari per la copertura dei danni alle persone (il massimo individuale previsto dalla Convenzione di Atene sul trasporto passeggeri in caso di morte è di 430mila euro), di cui 2 per passeggeri e 1 per equipaggio, e un massimale di 1 miliardo per eventuali danni ambientali (che sarebbero ingenti in caso di sversamento di carburante in mare). La polizza P&I di Costa, inoltre, (i suoi Clubs sono parte dell’International Group, che garantisce i massimali più alti e la copertura più ampia) coprirebbe anche i costi di un’eventuale rimozione del relitto imposta dalle autorità.
Ecco perché Costa dovrà valutare attentamente se recuperare e riparare Costa Concordia o piuttosto rottamarla. Ma questo dipenderà molto dalle condizioni della nave, nella speranza che, intanto, riesca il recupero del carburante ancora contenuto nei serbatoi della nave, cui stanno lavorando gli esperti olandesi di Smit.
In merito, peraltro, non ci sono certezze. «Sono arrivati stasera in Italia» spiega Max Iguera, vertice di Cambiaso Risso Service, agente italiano di Smit, «cinque Tir provenienti dall’Olanda con il materiale necessario al debunkering, le cui operazioni cominceranno nelle prossime ore». Meteo permettendo: «L’obiettivo è togliere il carburante dai serbatoi nel minor tempo possibile e agendo in sicurezza, ma le variabili, a partire da quelle meteorologiche, sono troppe per fare una valutazione numerica del rischio di sversamento: il rischio cessa solo quando il bunker è stato totalmente estratto. Questo è l’unico mandato che ci è stato dato ed è quello su cui stiamo lavorando. È quindi presto per parlare di rimozione e delle sue modalità: abbiamo fatto solo valutazioni preliminari al riguardo e il target è quello di rimuovere la nave senza tagliarla. Ma oggi è impossibile dire se ciò sarà possibile, quanto ci vorrà (comunque settimane o mesi) e quanto costerà, il che rende viziosa ogni elucubrazione sul futuro della Concordia».