«Adesso tocca alla politica». Poche ore dopo la bocciatura dei referendum elettorali da parte della Corte Costituzionale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si rivolge alle Camere. La legge Calderoli deve essere abrogata. Sbarrata la via della consultazione popolare, l’unica alternativa resta quella di un accordo tra i partiti. Il Quirinale, ottimista, ci spera. Ma probabilmente anche al capo dello Stato è chiaro che arrivare in tempi utili all’approvazione di una riforma condivisa avrebbe del prodigioso. Tante, troppo distanti, le posizioni di chi siede in Parlamento.
Anzitutto ci sono quelli a cui l’attuale sistema elettorale piace. Si vedono poco in giro, specie negli ultimi tempi. Ma ci sono. Del gruppo, tanto per fare un nome, fa parte l’ex premier Silvio Berlusconi. E non è poco: il voto che ieri ha salvato il deputato Nicola Cosentino dal carcere dimostra che il Cavaliere è ancora in grado di controllare la maggioranza alla Camera. Il leader del Pdl l’ha ribadito recentemente: il Porcellum è «una buona legge». Certo, si potrebbe fare qualche piccola correzione. Magari modificando il premio di maggioranza previsto per il Senato: attualmente è calcolato su base regionale, l’obiettivo del Pdl è quello di introdurne uno unico, come a Montecitorio. Sulla stessa posizione di Berlusconi ci sono tanti parlamentari che preferiscono non esporsi troppo. Tifano contro la riforma, ma in silenzio. Perché negli ultimi mesi difendere il Porcellum è diventato poco popolare. Tra di loro i leader politici che non vogliono rinunciare alla possibilità di selezionare i propri eletti in liste bloccate.
Ci sono poi i parlamentari disposti a votare una nuova legge elettorale. Ma senza troppa convinzione. Sono quelli che nel 2005 hanno votato il Porcellum senza farsi troppi problemi. E di quel modello difendono con convinzione i principi fondanti. Sono gli appassionati della lista bloccata. Un fronte trasversale. Dal finiano Enzo Raisi al pidiellino Enrico La Loggia. E ancora l’ex ministro Altero Matteoli, il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto. Curioso il caso del dirigente di Futuro e Libertà Italo Bocchino. Che oggi chiede a gran voce il ritorno delle preferenze, ma a inizio legislatura aveva presentato un disegno di legge per introdurre le liste bloccate anche alle Europee. «A proposito delle elezioni politiche nazionali – spiegava Bocchino nella relazione di quel documento – si è da più parti ritenuto che il ripristino del voto di preferenza possa rappresentare l’attribuzione di una maggiore facoltà di scelta da parte dei cittadini. Solo ad un’analisi superficiale si può pensare che questa affermazione corrisponda al vero».
Un numero non irrilevante di parlamentari è disposto ad archiviare il Porcellum. Ad una condizione: prima le Camere devono approvare una serie di riforme costituzionali “propedeutiche”. Un punto di vista anche logico. Come si fa a immaginare un modello elettorale se si ignorano il numero dei seggi disponibili o l’esistenza del Senato federale? È la posizione del presidente di Montecitorio Gianfranco Fini. Il leader di Futuro e Libertà ha più volte ripetuto che rispetto a una nuova legge elettorale hanno la priorità gli interventi volti a dimezzare il numero dei parlamentari e cancellare il bicameralismo perfetto.
E poi ci sono quelli che il Porcellum non lo vogliono più. In Parlamento sono tanti, tantissimi. Forse troppi. Tanto che difficilmente riusciranno a trovare una sintesi tra i diversi modelli elettorali proposti. Ognuno ha i suoi preferiti: proporzionali alla tedesca, piccoli collegi alla spagnola, doppi turni alla francese, modelli ungheresi. Un lungo viaggio nel costituzionalismo comparato europeo. Il risultato? Alcune posizioni sono oggettivamente inconciliabili. Oggi il presidente Udc Lorenzo Cesa si è detto pronto a sedersi a un tavolo per cambiare la legge elettorale e «rompere il bipolarismo rissoso e inconcludente di questi anni». Il vicecapogruppo Pdl Osvaldo Napoli è d’accordo. Il suo punto di partenza: «Il bipolarismo rimane la conquista più importante fatta dall’Italia negli ultimi vent’anni».
Insomma, in molti sperano nel miracolo. Ma la riforma è lontana. E allora la proposta più forte la lancia il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro, uno dei più attivi promotori dei referendum per abrogare il Porcellum. «Se il Parlamento non è in grado di cambiare la legge elettorale – ha spiegato poche ore fa – si vada subito alle urne, così i cittadini diranno chi è degno di restare e chi no». Con quale sistema? Il Porcellum, ça va sans dire.