Il governo Monti porta sul piede di guerra anche gli agricoltori

Il governo Monti porta sul piede di guerra anche gli agricoltori

Non ci sono solo tassisti, farmacisti e benzinai. E soprattutto non c’è solo il decreto sulle liberalizzazioni. Ormai non c’è provvedimento del  governo Monti che non riesca a mettere sul piede di guerra una nuova categoria di lavoratori. L’ultima, in ordine di tempo, è quella degli agricoltori. Pronta alla mobilitazione generale per le mancate promesse dell’esecutivo nel decreto Milleproroghe.

Licenziato dal governo lo scorso dicembre, il Milleproroghe approderà lunedì all’aula della Camera. Poche ore fa, dopo una settimana di lavoro, le due commissione competenti – Affari costituzionali e Bilancio – hanno concluso l’esame del documento. Tante le modifiche al testo originario. Tra queste alcune riguardano la previdenza, con l’aumento delle aliquote per gli autonomi a copertura delle pensioni dei lavoratori “precoci”. Ma a creare i principali problemi al governo rischiano di essere gli impegni disattesi sul tema dell’agricoltura. 

Al centro del braccio di ferro con le principali categorie del settore c’è un emendamento. Una proposta di modifica all’articolo 29 del testo che gli agricoltori giurano di aver concordato con il ministro Mario Catania nei giorni scorsi. L’obiettivo era quello di rivedere al ribasso l’Imu – la vecchia Ici – sui terreni agricoli su cui vengono esercitate attività imprenditoriali e produttive. Un accorgimento necessario per salvaguardare il comparto. La copertura? Un aumento della stessa imposta su altre tipologie di terreni agricoli. Insomma, «era prevista una proporzionalità che garantiva un’assoluta invarianza di gettito», assicura chi se ne è occupato. Eppure nonostante gli impegni del ministero, ieri il governo – rappresentato in commissione dal titolare dei Rapporti con il Parlamento Piero Giarda – ha dato parere negativo all’emendamento. Costringendo il relatore a ritirarlo. Un autogol. Una sorpresa per tutti, anche per il titolare delle Politiche agricole che sulla modifica aveva già trovato un accordo con i colleghi dell’Economia (come confermano dal suo ministero). 

Anche stavolta l’Esecutivo sembra pagare la poca esperienza parlamentare. Lo conferma la stizzita reazione del ministro Catania. Pochi minuti dopo la bocciatura dell’emendamento il ministro sfoga la sua rabbia a Montecitorio. Fuori dalla sala del Mappamondo – dove era in corso la seduta delle commissioni – Catania si lamenta vistosamente dei colleghi di governo. «Oggi sono proprio nervoso – spiega ai pochi giornalisti presenti – Quello era un emendamento sacrosanto. Ma evidentemente non c’è coordinamento tra gli uffici dei ministeri. All’Economia devono essere schizofrenici». 

Promessa non mantenuta, emendamento ritirato. E nuova categoria sull’orlo di una mobilitazione nazionale. Adesso i rappresentanti degli agricoltori alzano la voce. «Visto che con questo governo sembra che la spunti solo chi scende in piazza – raccontano – alla fine scenderemo in piazza anche noi». Proprio così. Seguendo l’esempio dei tassisti che hanno paralizzato le principali città italiane, adesso anche gli agricoltori si preparano a una lunga mobilitazione. Il comune denominatore è la critica al governo. «Questi atteggiamenti – tuona il presidente della Coldiretti Sergio Marini – rischiano di essere letti come vere provocazioni nei confronti del mondo agricolo». La soluzione resta la piazza: «Se la strada del confronto costruttivo non serve, ricorreremo ad altri percorsi – avverte il presidente di Confagricoltura Mario Guidi – Non intendiamo morire senza difenderci».  

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