Storia MinimaL’antisemitismo a sinistra inizia ben prima di Israele

L’antisemitismo a sinistra inizia ben prima di Israele

La fotografia che illustra questo articolo è di Gabriele Pagani. Potete visitare il suo sito o la sua pagina Flickr

L’antisemitismo popola una parte del discorso politico, del linguaggio, e delle associazioni mentali che si collocano a sinistra. È una questione che a sinistra, sia nelle classi politiche dirigenti – o se si preferisce nelle “leadership” – di sinistra si discute di malavoglia; e soprattutto è una discussione e un tema che solleva molto rumore tra i militanti di sinistra. La discussione intorno alla vicenda giudiziaria che ha coinvolto Peppino Caldarola, e Antonio Polito da una parte e e Vauro dall’altra, che si è sviluppata su questo periodico nel thread dell’intervento di Caldarola lo dimostra.

Quella discussione tuttavia non è solo significativa per gli argomenti che si usano, bensì per la loro reiterazione. I termini, gli argomenti, la retorica di quella discussione potevano essere scritti e detti nel 2003, nel 2002, nel 1988, 1982. Le date non sono scelte a caso. Riguardano: la discussione per esempio, a proposito della seconda intifada; la discussione sulla prima intifada, l’estate calda del 1982, intorno alla “Guerra in Libano”. Ma si potrebbe anche andare indietro e ritrovare alcuni toni già nel 1967 intorno alla discussione sulla “crisi politica” che poi sbocca nella cosiddetta “Guerra dei sei giorni”.

Ma non solo. Vado ancora più indietro e toni e parole che corrono sul filo dell’antisemitismo a sinistra si ritrovano nel silenzio che la sinistra italiana ha rispetto alla psicosi da complotto dell’ultimo Stalin, tra 1951 e 1953. Ogni volta la discussione parte dalle politiche di Israele e dunque si potrebbe concludere che è con Israele che si origina il problema. È una conclusione impropria. Comunque Israele non è l’origine del problema. In altre parole non è vero l’antisemitismo a sinistra si diffonde perché Israele fa scelte discutibili. L’antisemitismo a sinistra nasce prima.

Il linguaggio antisemita (esempi, parole, immagini, etc.) popola il cosmo politico e culturale della sinistra europea almeno a partire dalla fine del Settecento, si diffonde nel corso dell’Ottocento, si rafforza soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento. In quella fase sono le componenti operaistiche che spesso diventeranno il nerbo del riformismo e della destra socialista della Seconda Internazionale (a dimostrazione che l’antisemitismo non è solo patrimonio degli estremisti, ma spesso anche dei gradualisti e dei riformisti) ad assumere un linguaggio fortemente antisemita in cui l’antisemitismo di destra e populista, un linguaggio a impatto popolare altissimo e non patrimonio di “quattro sfigati” si incontra con l’ideologia operaista e sindacalista dei ceti operai e delle aree industriali emergenti.

Che cosa voglio dire con questo? Che da quello scenario che già preoccupava, dentro la sinistra, le componenti più sensibili a possibili derive autoritarie a sinistra, la cultura diffusa a sinistra non ha mai progredito, o se l’ha fatto ha compiuto solo delle mosse tattiche, apparentemente liberatorie da quel linguaggio. Viceversa quel linguaggio appartiene al profondo, è parte di una storia culturale, lessicale, del proprio immaginario sociale che ha attraversato in momenti diversi e a fasi alterne le molte anime della sinistra: quella estremista pauperista o settaria, ma anche quella gradualista, riformista.

Antisemitismo a sinistra è un libro – informato quanto pacato – pubblicato da Gadi Luzzatto Voghera per Einaudi e accolto nel silenzio glaciale della sinistra (lo steso si potrebbe dire di Simon Levis Sullam, L’archivio antiebraico, Laterza). Se il complesso della sinistra fosse scesa dal piedistallo e avesse voluto con interesse, ma anche con reale intenzione di sapere, affrontare un problema che ha, avrebbe intanto capito che l’antisemitismo a sinistra e di sinistra ha una storia, presenta sfaccettature, versioni diverse, immagini ripetute, iconografia spalmate lungo l’asse di tutte le sue diverse “anime”: Ma quel tema (e da ultimo quei libri) non sono mai entrati nella riflessione pubblica a sinistra, perché presuntuosamente una parte consistente del vissuto di sinistra e a sinistra quel tema lo avverte come un fastidio come se qualcuno pretendesse di fare degli esami di democraticità a qualcuno che per definizione – collocandosi a sinistra – non ha bisogno di superare.

Così periodicamente a seconda dei momenti o dei contesti quel tema e quel sentimento, mai affrontato, solo retoricamente respinto come se qualcuno offendesse il buon nome di qualcun altro solo a proporlo, riaffiora potente nell’immaginario potente. Riemerge con la stessa facilità e convinzione con cui si fa strada la sindrome del complotto, una visione della realtà che non appartiene solo ai cultori dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, ma anche a molte altre frange politiche, a molte altre tendenze culturali.

Può essere che nel “Giorno della Memoria” quel sottofondo culturale si attenui, ma in realtà entra “solo in sonno”. Poi a seconda della situazione, o degli umori, ritorna, potente. Appunto perché quella convinzione appartiene a una sfera della convinzione che non si risolve una volta per tutte.

Il primo passo dunque nasce dalla presa d’atto che l’antisemitismo a sinistra c’è, è diffuso, ed ha una sua storia (oltre ché una sua cultura). Ovvero non è un incidente di percorso o un lapsus. Ma quel primo passo a sinistra non è stato ancora fatto. È uno dei tanti segnali di una “sinistra bloccata”.

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