L’Asia riduce l’aiuto all’Europa, solo Tokyo ci crede ancora

L’Asia riduce l'aiuto all'Europa, solo Tokyo ci crede ancora

L’Europa cerca ancora l’aiuto dell’Asia per salvarsi. Era già successo al G20 di Cannes le autorità europee aveva tentato un approccio nei confronti della Cina, che però aveva chiuso la porta a ogni genere di supporto. Colpa della mancanza di coordinamento politico all’interno dell’eurozona. Oggi è l’amministratore delegato del fondo salva-Stati European financial stability facility (Efsf) a riprovarci. Klaus Regling lo ha detto espressamente: «Ci sono stati e ci saranno diversi incontri a Singapore con le autorità». L’obiettivo è capire in che modo potranno contribuire a supportare le emissioni obbligazionarie che lo Efsf dovrà fare nei prossimi mesi.

Il downgrade del rating del fondo salva-Stati da parte di Standard & Poor’s era previsto. Ora che lo Efsf ha perso la tripla A, tuttavia, bisogna evitare che gli investitori possano fuggire. Per questo il numero uno del fondo, Regling, è intenzionato a sondare la disponibilità del fondo sovrano Temasek di Singapore a investire nelle obbligazioni dello Efsf. E proprio oggi il fondo è tornato sui mercati con un’asta per un bond a sei mesi per un ammontare di 1,5 miliardi di euro e un bid-to-cover, cioè il rapporto fra domanda e offerta, di 3,1, un buon coefficiente. In leggero rialzo il rendimento, passato dallo 0,222% di dicembre allo 0,2664% di oggi, ben lontano dal tasso negativo che hanno fatto segnare i titoli di Stato tedeschi di pari entità alcune settimane fa. Gli investitori quindi preferiscono andare sulla Germania, seppure con un tasso d’interesse minore, invece che sul fondo che in origine doveva salvare l’Europa.

Il road show di Regling non è una novità assoluta. Oltre all’appuntamento di Cannes, il numero uno dello Efsf si era recato in Asia già nei mesi scorsi. Il risultato è sempre stato il contrario di quello sperato. L’appeal delle obbligazioni del fondo Efsf è in costante declino. Lo stesso Regling ha sottolineato oggi che la percentuale di sottoscrizioni di bond marchiati Efsf provenienti dall’Asia è calata in modo sensibile nell’ultima asta, dal 40% al 15 per cento. E oggi, se non ci fosse stato il supporto del Giappone, sarebbe stato forse anche peggio. Il Tesoro di Tokyo ha infatti comunicato di aver acquistato l’8% delle obbligazioni in emissione oggi. Un quantitativo inusuale per un Paese conservatore come il Giappone. A tranquillizzare gli investitori nipponici ci ha poi pensato Regling, che ha rimarcato come non considera probabile un collasso della moneta unica. «È un’opzione irrealistica, ma sono in ogni caso più fiducioso rispetto a un mese fa sul futuro dell’eurozona», ha detto Regling.

Ora il viaggio del banchiere tedesco continuerà e nei prossimi giorni incontrerà anche diversi gestori di hedge fund asiatici. L’obiettivo è quello di tranquillizzarli sul futuro dell’eurozona. «La Banca centrale europea ha messo in atto misure eccezionali per stabilizzare l’euro», ha continuato Regling. Eppure, proprio i dati della Bce evidenziano che la sfiducia regna ancora sovrana nel mercato interbancario europeo. Oggi si è infatti battuto un nuovo record per quanto riguarda i depositi overnight presso la Bce, che per la prima volta hanno superato quota 500 miliardi di euro. Remunerati allo 0,25%, questo genere di depositi sono il porto sicuro per gli istituti di credito che non si fidano l’uno dell’altro, che quindi preferiscono parcheggiare la liquidità presso l’Eurotower. Regling ha poi sottolineato che il nuovo fondo permanente di stabilizzazione finanziaria, lo European stability mechanism (Esm), entrerà in vigore nel prossimo luglio, con un anno di anticipo rispetto alla tabella di marcia. La speranza è che questi elementi possano far dormire sonni tranquilli a chi ha investito sull’Europa.

A intimorire i finanziari asiatici è il rischio di un ulteriore deterioramento della situazione. Da un lato c’è la situazione della Grecia. Lo stallo nelle trattative fra l’Institute of international finance (Iif), cioè il rappresentante dei creditori privati, e il governo ellenico non lascia presagire nulla di buono per il futuro della ristrutturazione del debito greco. Inoltre, è sempre più comune l’idea che la Grecia dichiarerà fallimento a breve. Ieri S&P e oggi Fitch hanno ribadito che Atene è insolvente. Non era difficile giungere a questa conclusione leggendo i rapporti del Fondo monetario internazionale sul programma di sostegno della Grecia. La novità è però che, anche in caso di accordo coi creditori privati, l’evento creditizio, cioè il default, ci sarà ugualmente. E sarebbe il primo caso di un Paese dell’eurozona che deve dichiarare fallimento. Dall’altro lato, ci sono le costanti indiscrezioni sui piani di contingenza che le banche centrali nazionali d’Europa stanno preparando in caso di disgregazione dell’euro. Dopo le ammissioni della Bank of England e della Financial services authority, l’autorità di vigilanza finanziaria britannica, i politici europei sono corsi ai ripari affermando che non esistono soluzioni alternative all’euro. Ma rispetto alle parole, gli investitori vorrebbero fatti. E quest’ultimi, ancora oggi, latitano.

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