Un hacker ha “bucato” i server della Cia, sottraendo username e password nientemeno che all’agenzia di spionaggio estero degli Stati Uniti d’America? È quanto si vocifera in questi giorni negli ambienti underground della rete.
Ad aver messo a segno lo strike contro i segretissimi “bunker informatici” della Central Intelligence Agency, rubandone dati sensibili, sarebbe stato un certo “Fenix”, che sul web si firma “f3nix_h4ck3r”. Gli ambienti della comunità del cyberattivismo internazionale sono convinti si tratti di una fonte attendibile, ma non ci sono conferme in proposito. Ne, forse, ci saranno mai. «Quello che ha fatto è davvero molto rischioso, le ripercussioni potrebbero essere molto pesanti» spiega a Linkiesta una fonte vicina agli hacker.
«È ben difficile che l’autore faccia una qualsiasi forma di rivendicazione ufficiale, dopo la pubblicazione dei dati. Sarebbe costretto ad uscire troppo allo scoperto e, di sicuro, chi ha messo a segno un simile colpo non è così ingenuo da cadere in un passo falso del genere». Del resto è altrettanto improbabile che anche da Langley arrivi ufficialmente qualche conferma dell’avvenuto “buco”.
Intanto su Pastebin.com “f3nix_h4ck3r” ha già pubblicato centinaia di username e password delle quali non è però specificata la natura.
Credenziali web? Indirizzi e-mail? Chiavi di accesso alla rete o all’archivio interni? Sono solo supposizioni. Intrigante però la lunga lista di username che iniziano con “embajador”, (ambasciatore, in spagnolo), che contempla quasi un centinaio di nominativi sparsi in giro per il mondo. Italia compresa, a quanto pare.
Ciò che riporta il documento web è che l’attacco sarebbe avvenuto una settimana fa, lo scorso 11 gennaio, alle 19.07 ora di Greenwich. Secondo voci non confermate della rete, anche il fatto che l’hacker abbia atteso così a lungo prima di rendere noto il bottino del suo “raid” sarebbe un altro punto a favore dell’attendibilità dell’attacco e della rivendicazione. Non solo: la pubblicazione su Pastebin riporta la data del 15 gennaio, ma la notizia è emersa soltanto ora. Un segno, quest’ultimo, dell’attento vaglio cui la stessa comunità hacker ha voluto sottoporre il “pacchetto Fenix” prima di divulgarlo.