Disoccupazione martellante, fallimenti quotidiani di aziende, conti correnti in profondo rosso, restrizione dell’accesso alla sanità, nuovi tagli alla spesa sociale e nuove tasse, dimezzamento delle buste paga. La Grecia va malissimo, e da qualche tempo si parla con crescente insistenza di fallimento e uscita dalla zona euro. Il debito ellenico è insostenibile. L’economia sprofonda. Le attività sono al collasso. Tutte tranne una, a dire il vero: i banchi dei pegni.
Nell’ultimo anno c’è stata una vera e propria fioritura di questi esercizi. Il New York Times, due settimane fa, riportava che solo nel 2011 è stato registrato presso le competenti autorità il 90% dei 224 banchi operanti a livello nazionale. Il che fa riflettere. La gente vende pendenti, catenine, orologi e tutto quello che può garantire liquidità e permettere di restare a galla o di tamponare momentaneamente l’emergenza, in attesa di tempi migliori. Sempre che questi verranno. “Forse si salverà la Grecia, ma non i greci”: ormai questa frase è sulla bocca di tutti, tra Atene e Salonicco.
Come spiega il quotidiano ateniese Ekathimerini, la corsa a disfarsi di oggetti di valore, già iniziata nel 2010, è stata accelerata dai prezzi dell’oro e in generale dei preziosi, beni rifugio durante ogni congiuntura difficile dell’economia mondiale. L’anno scorso l’oro è salito a più di 1500 dollari l’oncia, facendo segnare il picco storico. L’impennata è stata senza precedenti, se si considera che il metallo giallo, all’inizio della crisi, nel 2008, viaggiava sugli 800 dollari l’oncia. Ora dovrebbe iniziare la discesa. I tassi d’interesse bassi, la forte domanda proveniente dall’Asia e l’apprezzamento del dollaro dovrebbero riportare i prezzi su livelli meno marziani, come riferiva ieri all’agenzia Reuters David Jollie, analista di Mitsui & Precious Metals. Rimarrà comunque conveniente investire nell’oro o vendere oro, nel caso della Grecia.
Nel Paese ellenico c’è chi vende. Ma c’è anche chi compra. I proprietari dei banchi dei pegni hanno fiutato il grosso affare e si sono adoperati di conseguenza. I loro uffici, a differenza delle spartane e polverose botteghe dei colleghi della vecchia scuola, sono moderni e spaziosi. Allo scopo di attirare clienti, si fa anche pubblicità sui giornali. Ma non ci sono soltanto i banchi dei pegni.
Anche le gioiellerie, i cui affari non vanno certo a gonfie vele, hanno iniziato a comprare preziosi, dando in cambio contanti. Senza contare che c’è chi s’è messo a rilevare barche e automobili di lusso (anche i ricchi piangono). La divisione britannica dell’emittente Sky ha realizzato un servizio su una compagnia situata nella periferia di Atene, Auto Credit, che acquista automobili di valore e le rivende successivamente sul mercato tedesco, tramite una società di import-export appositamente costituita. In Grecia la domanda si avvicina allo zero. I dati sulle vendite di vetture, nel 2011, parlano da soli: meno 40%. Non era mai andata così male dal 1985. Le previsioni, inoltre, dicono che prima che il comparto riprenda ossigeno bisognerà aspettare almeno il 2016.
Nella capitale Atene il quartiere Omonia è diventato il posto a più alta concentrazione di banchi dei pegni. Nell’omonima piazza, sulle facciate dei palazzi, campeggiano numerosi striscioni di società che comprano oro e tutto quanto il resto. L’aumento delle attività criminali (spaccio di droga, prostituzione e furti), l’arrivo di immigrati e la crisi hanno allontanato o mandato in bancarotta molti negozianti, determinando ampia offerta di spazi commerciali e spingendo in basso gli affitti.
I banchi dei pegni fanno affari, non c’è che dire. Ma spesso sono affari non giustificati fiscalmente o persino sospetti. Le autorità sostengono che diversi operatori siano degli evasori fiscali, una delle grandi piaghe elleniche (le casse delle Stato ci rimettono circa 15 miliardi di euro l’anno). Recentemente, attraverso una serie di controlli effettuati a Omonia e in altre aree di Atene, è emerso come l’80% dei banchi dei pegni non comunichi la totalità delle operazioni effettuate. Altri, invece, sarebbero impegnati in vere e proprie attività di contrabbando. È ancora il New York Times a riferire come le autorità greche abbiano messo sott’accusa un banco dei pegni di piazza Syntagma: avrebbe trafugato in Germania, tramite più operazioni, 1,25 quintali d’oro.