Primarie spettacolo, Gingrich vince in South Carolina e rivoluziona tutto

Primarie spettacolo, Gingrich vince in South Carolina e rivoluziona tutto

CHARLESTON (SOUTH CAROLINA) – L’intreccio di un film banale, con Mitt Romney, il super-ricco candidato mormone destinato a una vittoria facile, viene scompaginato dal sanguigno professore di Storia ed ex presidente del Congresso Newt Gingrich. Nelle elezioni primarie della Carolina del Sud, dove dal 1980 chi ha vinto ha poi ottenuto la nomination, Gingrich ha battuto Romney di 12 punti, intaccando la sua aura di candidato invincibile.

Almeno tre le ragioni dell’ascesa di Gingrich negli ultimi giorni. Primo, uno dei candidati più conservatori, il governatore del Texas Rick Perry si è ritirato indicando al suo elettorato cristiano-evangelico proprio Gingrich come l’uomo da sostenere, definendolo un “conservatore visionario”. Sceso in campo lo scorso agosto sull’onda del miracolo economico texano e via via divenuto un aspirante alla nomination sempre piu’ improbabile per le sue gaffe imbarazzanti, Perry ha consegnato di fatto il suo 5-6% di preferenze a Gingrich.

Secondo, Gingrich è riuscito a rispedire al mittente l’accusa di essere inaffidabile sul piano dei valori. Qualche giorno fa la seconda moglie, Marianne, ha detto in un’intervista televisiva che l’ex marito, già in una relazione clandestina con una sua platinata assistente (oggi la terza moglie Callista Bisek), le aveva chiesto un “matrimonio aperto”. Gingrich, che ha divorziato da Marianne nel 1999 dopo 18 anni di matrimonio, ha negato tutto, biasimando i media di sinistra pronti a usare qualsiasi colpo basso pur di distruggere la reputazione di un vero candidato conservatore. “Sono sconcertato che lei incominci un dibattito presidenziale toccando un tema del genere,” ha detto con tono severo Gingrich tra l’ovazione del pubblico all’intervistatore della CNN John King, reo di aver sollevato la questione del “matrimonio aperto” all’inizio del confronto dello scorso giovedì sera a Charleston.

Terzo motivo della rimonta di Gingrich, è stata la ritrosia di Romney a dire chiaramente quanto paga di tasse. Gingrich ha reso pubblica la sua dichiarazione dei redditi e ha chiesto all’ex governatore del Massachusetts di fare lo stesso. Romney ha assicurato che ne parlerà prima del 15 aprile, ultimo giorno per mettersi a posto con il fisco negli Usa. Ma perché attendere fino ad allora? Per non prestare il fianco alla propaganda democratica, ha detto Romney. L’argomentazione, però, è apparsa poco convincente. In realtà Romney, paga un’aliquota inferiore a Gingrich ed sospettato di avere fondi depositati in paradisi fiscali. Per cui preferisce glissare sulla sua appartenenza alla casta dei paperoni d’America.

Altro aspetto che ha avvantaggiato Gingrich è stata una decisione del partito repubblicano dell’Iowa: i caucus dell’Iowa del 3 gennaio scorso non sono stati vinti da Mitt Romney per appena 8 voti come era stato detto all’indomani della sfida, ma da Rick Santorum per 34 preferenze. Questo aspetto ha ulteriormente intaccato l’aura di vincente che fino a questo punto Romney aveva saputo cucirsi addosso con maestria. In pratica in una settimana Romney è passato da trionfatore in Iowa, New Hamphire e probabile vincitore in South Carolina a vincitore solo in New Hampshire, uno stato dove i repubblicani sono particolarmente moderati e dove fa campagna elettorale da cinque anni, uno stato cioè in cui perdere per lui sarebbe stato quasi impossibile.

Al momento, comunque, Romney resta il favorito. Può contare su finanziamenti di gran lunga superiori a Gingrich, una macchina organizzativa preparata a combattere in tutti gli Stati e di endorsement prestigiosi, come quello dell’ex candidato repubblicano alle presidenziali John McCain. Romney appare ben piazzato in Florida, Arizona, Michigan e Nevada. Quattro anni fa finì secondo in Florida e Arizona dietro a McCain e vinse in Michigan e Nevada. Ma l’affermazione di Gingrich in South Carolina allunga la sfida e ne rende più incerto il finale. Questo ex collaboratore di Ronald Regan, un po’ smargiasso, ma esperto, tignoso e dall’oratoria tagliente, punta su un solido curriculum di conservatore che lo differenzierebbe in modo più netto da Obama rispetto al moderato e camaleontico Romney. E gli ultraconservatori del movimento Tea Party sono con lui.

Per gli altri due candidati in gara, la corsa si fa dura. Con il terzo posto Santorum, a 10 punti di distacco da Romney, è il grande perdente della tornata. Cattolico, fortemente pro-life e incoronato da un’assemblea di influenti evangelici qualche giorno fa come il candidato della destra religiosa, non è stato in grado di prevalere su Romney e soprattutto ha lasciato il passo a Gingrich, ora la più credibile alternativa a Romney.

Il libertario Ron Paul, che come si era detto non giocava in casa nella tradizionalista South Carolina, è giunto quarto a cinque punti da Santorum. Ma per lui l’obiettivo sembra non tanto ottenere i 1,144 delegati necessari per far sua la nomination, quanto rastrellarne abbastanza per avanzare richieste a chiunque la ottenga. Per questo iI suo team elettorale punta su Stati in cui fare campagna elettorale costa meno come Nevada, Maine, Colorado e Minnesota. Alla convention repubblicana di Tampa offrirà il suo appoggio al candidato vincente a patto che, per esempio, elimini la facoltà del presidente di attaccare i cosiddetti nemici dell’America senza permesso del Congresso, oppure riveda il Patriot Act, una legge che all’indomani degli attacchi dell 11 settembre 2001 ha rinforzato il potere dei corpi di polizia e di spionaggio statunitensi riducendo la privacy dei cittadini.