Privatizzazione Tirrenia, l’Europa congela tutto

Privatizzazione Tirrenia, l’Europa congela tutto

Il contratto per la cessione della compagnia marittima di bandiera italiana Tirrenia (controllata da Fintecna) è stato firmato lo scorso luglio, ma l’intervento di ieri della Commissione Europea rischia di far slittare di quasi un anno la transazione, se non addirittura di rimetterla in discussione.

La cordata acquirente, Cin (Compagnia italiana di navigazione), composta dal trio di armatori Gianluigi Aponte (Msc, Snav e Gnv), Manuel Grimaldi (Grimaldi Napoli) e Vincenzo Onorato (Moby), ha notificato formalmente a Bruxelles l’operazione di concentrazione a novembre, impegnandosi (con la documentazione presentata, non resa nota nel dettaglio) a garantire l’accesso al mercato ad operatori terzi sulle rotte in questione. Nel frattempo ha raggiunto un accordo con tutte le sigle sindacali per il riassorbimento del personale Tirrenia nella nuova compagine.

Ieri la Commissione Europea ha però scelto, «aprendo un’indagine approfondita sull’acquisizione», di prendere ancora tempo (il verdetto è atteso per il 4 giugno) prima di dare un definitivo placet all’operazione. «Alla luce dei risultati dell’indagine preliminare di mercato» si legge nella nota di Bruxelles, «la Commissione ha espresso serie preoccupazioni sulla conformità dell’operazione alle norme in materia di concorrenza, in particolare perché le parti in causa detengono congiuntamente quote di mercato molto elevate – ove non una vera e propria posizione di monopolio – su numerose rotte marittime italiane, segnatamente su alcune rotte da e verso la Sardegna».

Premesso che la cosa, essendo evidente e nota (dei maggiori operatori attivi nelle linee tirreniche per traghetti e merci su gomma l’unico non della partita è Corsica Ferries), avrebbe dovuto essere affrontata per tempo dal precedente Governo che indisse la gara per la privatizzazione, la decisione della Commissione è stata probabilmente presa anche perché in parallelo (sbugiardando l’allora Ministro Matteoli) è stata aperta a ottobre un’altra indagine volta a fare luce da una parte sulla proroga degli aiuti di Stato a Tirrenia dopo il 2008 (mai avallata da Bruxelles) e dall’altra sulle modalità della gara di privatizzazione stessa.

La matassa, ingarbugliatissima per Bruxelles, dove le privatizzazioni all’italiana lasciano evidentemente sgomenti, non lo è di meno a casa nostra. Tanto che Ettore Morace, amministratore delegato di Cin, questa mattina dichiarava che «non è stata ancora decisa una linea per le osservazioni da portare alla Commissione, dal momento che non è chiaro quanto i rilievi sulla concentrazione siano intrecciati con le indagini su aiuti di Stato e gara (che riguardano Cin solo indirettamente, ndr) né, quindi, quali siano concretamente i parametri da rispettare». Morace ha poi gettato acqua sul fuoco: «In ogni caso non si tratta di una bocciatura, Cin e i suoi soci non mutano impegno né posizione».

In realtà questo slittamento – che peraltro l’attuale Governo sembrava preconizzare, visto che un decreto di Corrado Passera del 29 dicembre prorogava di un anno l’amministrazione straordinaria di Tirrenia – è tutto fuorché tranquillizzante. E ciò vale per tutti gli attori della vicenda.

Nave di Tirrenia (Flickr – tom&oliver)

Malgrado le rassicurazioni di Morace al riguardo, è infatti difficile pensare che gli istituti bancari (fra i quali UniCredit, Intesa Sanpaolo, Mps e Banco Popolare) che in pool si erano accordati per fornire a Cin i 200 milioni di euro necessari all’acquisizione non chiedano, per confermare tale linea di credito fino al momento dell’eventuale acquisizione, condizioni diverse e più onerose rispetto a quelle pattuite pensando che l’accordo si sarebbe chiuso nell’estate 2011.

Preoccupato è apparso poi Alessandro Pico, segretario nazionale del sindacato di marittimi Federmar-Cisal: «Se la Commissione Europea dovesse bocciare il passaggio a Cin, il rischio è quello di una svendita degli asset di Tirrenia, che dispone ancora di una flotta in buona parte molto valida, perché è chiaro che, posto che ce ne fosse il tempo, un’altra gara non risolverebbe nulla. Senza considerare che sarebbe vanificato l’accordo sindacale con cui si è salvaguardata interamente l’occupazione della compagnia. Ecco perché abbiamo deciso per lo stato di agitazione del personale Tirrenia: chiederemo al Governo di essere ricevuti per esporre il nostro punto di vista, su Tirrenia e su Saremar (la compagnia marittima controllata dalla Regione Sardegna, che avrebbe dovuto essere privatizzata da mesi e che ha invece iniziato ad operare su rotte col continente, ndr), la cui iniziativa, pur comprensibile in chiave di continuità territoriale, crea problemi all’intero mercato facendo dumping con soldi pubblici. Se il Governo non dovesse accoglierci penseremo ad uno sciopero».

Infine, anche per le tasche del cittadino italiano la decisione di Bruxelles rischia di avere ripercussioni. Sia perché proroga di almeno sei mesi quella gestione di Tirrenia che ha sempre richiesto l’intervento pubblico (oltre a quanto riconosciuto per garantire il servizio di continuità territoriale) per ripianarne i buchi. Sia perché è assai probabile che fra sei mesi la stessa Cin pretenda un alleggerimento delle condizioni di vendita (e ricordiamo che gli introiti serviranno a pagare, solo parzialmente, gli oltre 1.700 iscritti al passivo Tirrenia, da accollare ad una bad company) e abbia argomenti per farlo: basti pensare al fatto che la flotta sarà più vecchia di un anno e al peso che ciò può aver su una valutazione della compagnia fatta nella primavera del 2011 e sul relativo prezzo di cessione.

Ecco perché, come rivelano fonti finanziarie vicine a Cin, potrebbe profilarsi uno scenario clamoroso: per risolvere l’impasse Aponte in prima battuta ma anche Onorato potrebbero chiamarsi fuori, lasciando a Grimaldi (l’unico dei tre a non operare, se non marginalmente, su traffici serviti oggi anche da Tirrenia) l’onere-onore di acquisire la compagnia di bandiera (e all’Antitrust quello di verificare che ciò non si accompagni ad accordi tariffari fra le compagnie dei tre armatori). Posto però che banche e sindacati siano d’accordo. 

L’espresso Ravenna di Tirrenia

La nave Sharden di Tirrenia

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