Secondo i dati forniti dall’Unione petrolifera, nel 2011 l’Italia ha importato quasi 60 milioni di tonnellate di greggio nei primi 10 mesi dell’anno. In gennaio, l’Italia ha importanto dalla Siria circa 83 mila tonnellate di greggio, dalla Libia oltre 1 milione e 700 mila tonnellate e dall’Iran quasi 390 mila tonnellate. Circa un terzo delle forniture mensili dipendevano da questi tre Paesi. L’azzeramento delle forniture libiche da aprile hanno contribuito ad un aumento di importazioni da Siria e Iran, che hanno raggiunto un picco di rispettivamente 342 mila tonnellate e 1 milione 193 mila tonnellate tra maggio e luglio. In soli dieci mesi, l’Italia ha diminuito le importazioni complessive di petrolio di 1 milione 200 mila tonnellate al mese, passando dai 6 milioni 800 mila di gennaio, ai 5 milioni 600 mila di ottobre.
Dopo aver perso le forniture dalla Libia, anche i canali siriani ed iraniani sono a rischio. La rivolta in Siria, che da alcuni mesi ha bloccato il Paese e messo a rischio la sopravvivenza del regime guidato dal presidente Bashar al-Asad, è già stata al centro dell’attenzione dell’Unione europea. In seguito alle denunce dei manifestanti e delle organizzazioni non governative, e dopo le ripetute denunce dell’Alto commissario per i Diritti umani dell’Onu che ha quantificato le vittime della repressione in oltre 5.000, il Consiglio europeo ha deciso di interrompere le importazioni di petrolio siriano. La decisione, presa in settembre, è entrata in vigore solo il 15 novembre grazie anche alle richieste dell’Italia.
L’Iran è al centro dell’incontro dei ministri degli esteri europei di domani, 23 gennaio. Due settimane fa il presidente Obama ha deciso di limitare l’accesso al mercato americano a tutte quelle aziende che compreranno il greggio iraniano. L’intenzione degli Stati Uniti è quella di ridurre i proventi che il governo di Teheran ottiene dalla vendita del petrolio, anche convincendo i propri alleati a ridurre le loro importazioni dal Paese degli Ayatollah. I Paesi europei sembrano aver accolto la proposta di Washington e le sanzioni all’import di greggio iraniano dovrebbero essere imposte a fine gennaio ed entrare in vigore entro sei mesi dalla decisione.
Il danno economico sarebbe altissimo per l’Italia. Il costo medio per una tonnellata di greggio per le forniture del 2011 è stato di circa 575 euro, il che si traduce in quasi 220 milioni di euro di import dalla Siria nel mese di picco, quasi 700 milioni dall’Iran e 1 miliardo di euro dalla Libia prima che le forniture fossero interrotte. Ma non finisce qua. Le forniture di greggio influiscono sia sul prezzo della benzina, sia sul prezzo dell’energia. Secondo i dati forniti dalla Commissione europea, nel corso del 2011 il prezzo della benzina in Italia è cresciuto più che in tutti gli altri Paesi in Europa, fatta eccezione per l’Irlanda. Per quanto riguarda il costo dell’energia, nei primi sei mesi del 2011 Eurostat (guarda l’infografica) ha certificato che se per quanto riguarda i costi di fornitura elettrica per uso domestico l’Italia è poco sopra la media europea (20 centesimi per Kw/h contro i 18 della media Ue), per quanto riguarda i costi che devono sostenere le industrie, l’Italia è al penultimo posto in Europa (15,3 centesimi contro una media di 11,1 centesimi).
L’Italia pagava già un costo altissimo per l’energia già prima di perdere le forniture petrolifere di Libia, Siria e Iran. E non c’è solo il petrolio. L’Italia è il secondo partner commerciale dell’Iran fra i Paesi dell’Ue, secondo solo alla Germania, e l’Eni ha più volte denunciato un’insolvenza del governo iraniano di 2 miliardi di euro. L’Italia è stato anche il primo partner commerciale della Siria subito prima della crisi finanziaria globale del 2008. In un momento in cui il governo italiano si è trovato costretto a congelare l’indicizzazione delle pensioni e sta discutendo duramente con numerose categorie per avviare le cosiddette liberalizzazioni, la perdita di altri due partner commerciali importanti sarebbe un colpo durissimo per il Paese. E Mario Monti ha ben chiaro cosa potrebbe accadere se l’Italia si privasse delle forniture energetiche di Siria ed Iran oltre a quelle della Libia, che ha ripreso la produzione di petrolio nel dicembre scorso e dovrebbe tornare ai livelli di produzione pre-crisi entro giugno, anche se ieri l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni ha assicurato che, per quanto riguarda la nostra compagnia petrolifera, la quota è già stata raggiunta: 260 mila barili al giorno estratti rispetto ai 270 mila prima della guerra, ma con l’obiettivo di arrivare a 300 mila.
*Senior Lecturer presso il Dipartimento di Relazioni internazionali e Studi europei della Metropolitan University di Praga e autore di «Coercing, Constraining and Signalling» (Ecpr press), saggio sulle sanzioni internazionali.
Per approfondire: