Amianto, l’accordo per i morti c’è ma i soldi non arrivano mai

Amianto, l’accordo per i morti c’è ma i soldi non arrivano mai

A Priolo Gargallo il comune sta organizzando il Carnevale. L’unica preoccupazione è il meteo. Vuoi vedere che anche in questa provincia siciliana, a venti chilometri da Siracusa, la pioggia farà rimanere i bambini a casa, con i vestitini pronti infilati nell’armadio? La pioggia, però, è anche una buona notizia. Perché abbatte le polveri, e a Priolo le polveri che girano sono anche quelle bianche dell’amianto della Eternit.

La sede locale della multinazionale svizzera ha chiuso i battenti alcuni anni fa lasciando una scia di mille morti. Mille morti e un risarcimento da 8 milioni e 750mila euro. E la Eternit siciliana non è entrata nel maxi processo che si è appena concluso in primo grado a Torino. Perché? Perché l’accordo stipulato tra le parti avrebbe dovuto soddisfare tutti. Condizionale d’obbligo visto che i parenti delle vittime di soldi ne hanno visti pochi. L’erogazione della somma doveva essere effettuata in 10 anni, ma ne sono già passati quasi quattro da quando l’accordo è stato stipulato. E dei soldi solo l’ombra.

Vuole vederci chiaro il presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, avvocato Ezio Bonanni che ha pronta la denuncia: «Farò ricorso per far ammettere questi mille dimenticati nel processo bis che si sta preparando contro la Eternit – ci dice l’avvocato – e chiamerò in causa anche lo Stato, che non ha vigilato affinchè si eliminasse l’amianto e si salvaguardasse la salute di migliaia di cittadini».

I risarcimenti potrebbero essere anche il tallone di Achille della sentenza di Torino. Gli ex patron dell’Eternit non hanno possedimenti in Italia e si rischia che la definizione del quantum, caso per caso, comporti anni di deliberazione in sede civile. «Sono le ombre della sentenza – analizza Valentina Stefutti, avvocato del Wwf che si è costituito parte civile nel processo di Torino – per gli enti è stata prevista la provvisoria esecutività, vuol dire che vedranno subito i soldi, e per le bonifiche necessarie sarà un toccasana. Ma solo Casale Monferrato e Cavagnolo dovranno ricevere 29 milioni di euro, come obbligare a pagare? Insomma, dobbiamo rimanere vigili per il futuro».

Stabilimenti di Priolo Gargallo (Flickr – Sebastiano Pitruzzello (aka gorillaradio))

E c’è un caso, unico in Italia, di risarcimento “pro-bono” finito bene. Riguarda la Sacelit (gruppo Italcementi) di Milazzo. Fino ad oggi ha pagato 1 milione e 100mila euro per 107 dipendenti vittime dell’amianto su un totale di 122 lavoratori. «Sono stato per 22 anni operaio in fabbrica – ci ha raccontato Salvatore Nania, presidente del comitato permanente ex esposti amianto e ambiente – e adesso cominciano ad ammalarsi anche le nostre mogli che hanno lavato per anni le nostre tute da lavoro. Ci siamo chiesti: ci impelaghiamo in un processo consapevoli che magari non avremmo mai visto i soldi? Che saremmo rimasti infognati in appelli dopo appelli con il rischio di prescrizione? E quindi abbiamo accettato l’accordo».

La Sacelit paga già con il riconoscimento di malattia professionale. Poi, se questa dovesse trasformarsi nel tipico tumore da amianto, il mesotelioma pleurico, allora incrementa il riconoscimento. E così avviene anche in caso di decesso. «C’è chi ha detto che abbiamo accettato il patto col diavolo. Io dico che abbiamo optato per la soluzione più concreta. Questi soldi fanno comodo per chi deve affrontare ingenti spese mediche, anche fuori regione».

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