La crisi della Grecia non è solo finanziaria. L’emergenza politica di Atene sta aumentando di ora in ora. Crescono i livori contro la Germania, l’Europa e il Fondo monetario internazionale, i tre soggetti considerati colpevoli di aver portato il Paese alla povertà. Il sentimento negativo cresce sempre più. Il quotidiano ultranazionalista Dimokratia ieri pubblicava un fotomontaggio del cancelliere tedesco Angela Merkel con le vesti naziste e titolava in prima pagina, a caratteri cubitali, “Dachau!”. Chiaro il riferimento al lager nazista, pericolosa la deriva che sta prendendo Atene. Il governo – solo oggi sono state circa una decina le dimissioni dei parlamentari – si sta sfaldando e incombe il voto al pacchetto di austerity previsto per domenica. Intanto, il ministro delle Finanze Evangelos Venizelos ieri sera ha lanciato la provocazione: «Entro il 15 febbraio dobbiamo decidere se stare o no nell’euro».
Il quotidiano Dimokratia
Dopo l’Eurogruppo di ieri, il premier Lucas Papademos si era detto tranquillo. «Tutto procede, entro domenica voteremo il piano», ha detto nella notte. Eppure, non sono passate nemmeno 24 ore e i politici greci hanno iniziato ad accusare Bruxelles e Washington per via della nuova austerity richiesta per il secondo bailout. I più oltranzisti, come da previsioni, sono stati i membri del Laos, il partito ultranazionalista. Il suo leader Georgios Karatzaferis non ha usato mezzi termini per parlare delle nuove misure di austerità. «Non voteremo alcun documento per il salvataggio, ci stanno spingendo verso la morte», ha detto nella giornata di oggi. E sono diversi i suoi deputati che si sono dimessi dal Parlamento ellenico. Ma era solo l’inizio.
Il Paese continua a essere sferzato da violente proteste di piazza. I sindacati hanno iniziato uno sciopero di 48 ore che rischia di bloccare le principali attività. E c’è il timore che le proteste possano sfociare in qualcosa di peggio. Fra molotov e gas lacrimogeno, sono continuati gli scontri in Piazza Syntagma. La polizia è dovuta intervenire per sedare le frange più oltranziste, probabilmente black bloc, che volevano entrare nel Parlamento greco. All’interno di quest’ultimo, intanto, si sta consumando la rottura fra i partiti politici e il governo tecnico di Papademos. Cinque vice ministri si sono dimessi, mentre lo stesso primo ministro ha annunciato un rimpasto di governo per il voto di domenica.
Il tempo scorre. Fra due giorni il Parlamento di Atene dovrà votare il nuovo pacchetto di misure economiche necessarie per ottenere il secondo piano di salvataggio internazionale, circa 130 miliardi di euro. In assenza di questi soldi, il governo ellenico non sarebbe infatti in grado di rimborsare la maxi obbligazione in scadenza il 20 marzo del valore di 14,5 miliardi di euro. Eppure, come ha detto Venizelos, sul piatto c’è la permanenza o meno nella zona euro.
Nel prossimo aprile, come spiegano fonti governative, ci saranno le elezioni. Sarà l’occasione per capire in che modo i tre principali partiti politici si presenteranno alle urne. Il socialista Pasok dell’ex premier George Papandreou è dato in declino, come anche il partito moderato di Antonis Samaras, Nea Dimokratia. In ascesa c’è il Laos di Karatzaferis, che però ha poche chance di prendere una quota considerevole di voti. «Chi vuole vincere deve schierarsi contro l’euro e non è difficile pensare che sia quella la via», ha scritto oggi il quotidiano Dimokratia.
Il rischio che la situazione possa esplodere è elevato. Una ricerca della banca elvetica UBS ha calcolato la probabilità che un evento come la secessione dall’eurozona di una nazione (debole o forte) o il collasso dell’intera zona euro possa impattare sulla vita dei cittadini europei. Il report è di inizio dicembre, quindi non tiene conto dei recenti sviluppi in Grecia, ma lascia intravedere i rischi che si possono correre nel caso il Paese prenda una deriva nazionalista. Nel caso di una secessione volontaria un Paese debole, secondo UBS, avrebbe il 65% di possibilità di vedere la salita di un governo autoritario o un golpe militare. Tuttavia, come spiegano gli analisti di Open Europe, questa probabilità «è destinata a essere incrementata in vista degli ultimi sviluppi nel Paese».
Fonte Ubs
Il partito di chi è contro il nuovo piano di austerity aumenta sempre di più. Nelle piazze i manifestanti invocano l’esempio dell’Islanda. Non vogliono, quindi, che lo Stato ripaghi i propri debiti. Il default è visto come soluzione, non come sciagura. E a spingere contro la troika ci ha pensato anche oggi la Federazione della polizia greca, la Poasy. In una lettera ottenuta da Reuters, il maggiore sindacato dei poliziotti ha chiesto l’arresto dei funzionari del Fondo monetario internazionale che hanno trattato per il piano di austerity del Paese. In particolare, le accuse sono verso il capo missione Poul Thomsen, considerato «un affamatore di popoli» che non fa altro che togliere «la sovranità nazionale della Grecia in virtù di una politica di ristrettezza economica». Secondo Reuters sono girati migliaia di volantini con la scritta “Ricercato”. L’offerta non è delle migliori, 1 euro, ma è il target che preoccupa: i membri della troika.