REGGIO CALABRIA – Al giovane geometra siciliano sfugge l’andazzo calabrese. Da quando è a capo del cantiere mobile sulla statale 106 ha già ricevuto due diverse richieste di pagamento del “disturbo”. «Ma chi comanda qui, visto che già altri hanno detto di avere diritto?», ha pure avuto il coraggio di chiedere, con un po’ d’ironia. L’interlocutore, in quell’occasione, ha prima riso e poi, con infinita pazienza, ha spiegato: «Dal km 6 fino a semaforo di Pellaro è di competenza mia, dal semaforo di Pellaro fino al km 22 la competenza è divisa a metà tra la mia famiglia e un’altra famiglia, dal km 22 fino al km 31 la competenza è delle persone che hai incontrato la scorsa volta… Adesso andiamo da loro».
Ai lavori di manutenzione della statale Jonica, nel tratto compreso tra Reggio Calabria e Melito Porto Salvo, le cosche della ‘ndrangheta si erano preparate da tempo: venticinque chilometri da mettere in sicurezza, per un appalto dal valore complessivo di 14 milioni di euro, da dividersi nell’ “armonioso” spirito unitario evidenziato dall’inchiesta “Crimine”, ma anche nel rispetto dell’inviolabile principio della territorialità. L’ipotesi di finire denunciati non era stata ovviamente neppure messa in conto. E, invece, è stata proprio la ferma opposizione dell’impresa finita nel mirino a condurre al fermo di cinque presunti esponenti dei clan “Ficara-Latella” e “Iamonte”, accusati, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso e tentata estorsione aggravata. Emessi dalla Dda di Reggio Calabria (procuratore capo Giuseppe Pignatone, sostituti procuratori Marco Colamonici e Stefano Musolino) ed eseguiti dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio, i provvedimenti hanno raggiunto Filippo Fontana (52 anni), Giovanni Gullì (34 anni), Salvatore Minniti (41 anni), Luigi Musolino (36 anni) e Domenico Musolino (36 anni), tutti soggetti già coinvolti in precedenti inchieste della magistratura.
Il rifiuto da parte dell’azienda di cedere alle richieste estorsive, la contestuale denuncia all’autorità giudiziaria e la successiva, piena collaborazione fornita nel corso delle indagini ha permesso alla Dda reggina di ricostruire, sequenza dopo sequenza, tutto il film di un’estorsione “mancata”. Le prime attenzioni sul cantiere della 106 si sono materializzate nel maggio 2011, a un mese e mezzo dall’inizio dei lavori di manutenzione da parte della Cogip spa di Tremestieri, aggiudicataria, insieme con la ditta Pavesi, dell’appalto dell’Anas. Avvicinato e “invitato” da Gullì ad un colloquio con “alcune persone”, il capocantiere incontra Fontana e Minniti nelle campagne di Melito Porto Salvo, territorio della cosca Iamonte, e viene ammonito senza troppi giri di parole: «Come mai i lavori sono iniziati senza le dovute presentazioni? Adesso dovete pagare il disturbo!». «Gli spiegai – riferirà il geometra ai carabinieri – che la ditta stava effettuando dei semplici lavori di messa in sicurezza di quel tratto di strada (…) mentre l’altra parte dei lavori a cui l’uomo faceva riferimento, erano relativi alla fase di ammodernamento e per il momento non erano di competenza della mia impresa. A questo punto la discussione si interrompeva e l’uomo mi diceva “Va bene geometra se mi dice così ci rifaremo sentire noi più in la”».
È solo una pausa di riflessione, necessaria a coordinare la strategia. A metà luglio le cosche tornano all’attacco. Un uomo, ancora non identificato, sbuca dalla campagna, irrompe nel cantiere e strappa gli attrezzi dalle mani degli operai: «Dite al geometra che deve mettere a posto la situazione prima di continuare i lavori». Il giorno seguente sarà Domenico Musolino, titolare di una ditta che noleggiava mezzi alla Cogip, a farsi ambasciatore del nuovo incontro. Gli interlocutori, però, sono cambiati. È Luigi Musolino, questa volta, a presentarsi come “referente di zona”. Il geometra non capisce, si chiede e domanda chi comandi in Calabria, ma è solo un momento: il tempo di un breve tragitto in macchina e sulla spiaggia di Annà, a Melito Porto Salvo, ritroverà tutti insieme, i vecchi e i nuovi presunti estorsori.
Secondo le ricostruzioni, la richiesta è a una sola voce: «per il quieto vivere» la Cogip spa deve versare 60mila euro, ovvero il 4% dell’importo complessivo dell’appalto. La risposta dell’azienda sarà “consegnata” il 26 luglio 2011: la Cogip non solo non pagherà ma denuncerà tutto ai magistrati. Non si tratta di una vuota minaccia da brandire come spauracchio. L’amministratore delegato dell’impresa si rivolgerà, in effetti, alla Dia di Catania che, per competenza, investirà la Dda reggina. Il geometra, dal canto suo, fornirà una preziosa collaborazione alle indagini, riconoscendo, uno per uno, tutti i cinque protagonisti del presunto tentativo estorsivo. Un contributo coraggioso. Soprattutto perché, dopo il “no” opposto alle cosche, qualcuno aveva manifestato il proprio “disappunto” piazzandogli una bottiglia piena di benzina accanto alla ruota dell’automobile. I lavori sulla statale 106 sono tuttora in corso.