“Donne e bambini torturati, la Siria è ormai una gabbia a cielo aperto”

“Donne e bambini torturati, la Siria è ormai una gabbia a cielo aperto”

Human Rights Watch monitora le violazioni dei diritti umani a livello mondiale. In Siria cosa sta succedendo?

Le violazioni che stiamo documentando dall’inizio delle proteste scoppiate nel marzo scorso sono di due categorie. La prima riguarda la brutale repressione delle manifestazioni pacifiche da parte del governo siriano: uccisioni, arresti arbitrali, uso della violenza su civili disarmati, aggressioni fisiche a chiunque rilasci interviste, documentazioni fotografiche o video ai media. La seconda riguarda il trattamento riservato ai detenuti nei carceri. Da anni mi occupo di Paesi in cui la tortura è un mezzo di intimidazione ma non ho mai visto una situazione drammatica come quella in Siria.

Ci può spiegare meglio.
Abbiamo raccolta migliaia di testimonianze di persone che sono state rilasciate dal carcere e che hanno raccontato di un uso sistematico della tortura all’interno dei centri. Le vittime sono state sottoposte a aggressioni fisiche, picchiate con bastoni o sedie; molte sono state violentate, altre sottoposte a elettrochoc in diverse parti del corpo. Questo avveniva regolarmente e in diversi centri di detenzione del paese. Le ultime testimonianze risalgono a qualche settimana fa e da marzo 2011 abbiamo registrato un incremento del uso della tortura.

Chi sono le persone che avete intervistato?
Per lo più uomini tra i 17 e i 35 anni. Ma ci sono tanti casi di bambini di 10, 11 anni, di donne e anziani torturati.

Di cosa sono accusate le persone arrestate?
Tutte vengono accusate di cospirare contro il regime, di incitare alla violenza e di contrabbandare armi. Alcuni sono finiti in carcere per aver consegnato a Al Jazeera o ad altri network televisivi video delle proteste. La maggior parte viene fermata dai militari e spedita in carcere per un paio di settimane o per alcuni mesi e poi viene rilasciata. Una piccola percentuale viene, invece, portata davanti a un giudice. Confrontandomi con altri colleghi che si stanno occupando di Paesi in agitazione come l’Egitto, Yemen e Bahrein ci siamo resi conto che la situazione in Siria è probabilmente la più preoccupante sul fronte della violazione dei diritti umani.

L’esercito di liberazione della Siria, secondo le vostre fonti sul campo, come si sta muovendo?
Sembrerebbe che il Free Syrian Army (Fsa) costituito per lo più da disertori dell’esercito del regime non abbia un buon controllo della situazione nonostante dichiari il contrario. Il comando si trova in Turchia ma alcuni gruppi che si fanno chiamare esercito di liberazione non rispondono agli ordini del comando centrale, sono indipendenti da esso. E’ quello che – ad esempio – succede a Homs.

Il rischio è la guerra civile?
Sì, la Siria è un paese sull’orlo di una guerra civile. Molto probabilmente assisteremo a un numero sempre maggiore di disertori e con il passare del tempo il cosiddetto esercito di liberazione avrà a disposizione più armi per attaccare e difendersi.

Da dove provengono le armi?
Secondo le nostri fonti, in questo momento il Fsa non ha a disposizione grandi armamenti: kalashinkov e equipaggiamenti leggeri, tutto qua. In sostanza si tratta di armi che i disertori si sono portati dietro mentre altre provengono dal contrabbando con la Turchia e il Libano. Ma nel caso in cui gli oppositori al regime riuscissero a occupare le basi militari governative allora gli scontri si intensificherebbero. Ora, se prendiamo Homs, la situazione è la seguente: l’esercito di Assad ha circondato la città, bombarda indiscriminatamente. L’esercito di liberazione è all’interno ma, come dicevo prima, non dispone di molte mezzi e perciò non è in grado di difendere la popolazione. Ma questo scenario potrebbe a breve cambiare. In peggio, intendo.

C’è poi il problema dei rifugiati. Da marzo a oggi quanti sono i siriani fuggiti dal paese?
Abbiamo registrato circa 10mila rifugiati dislocati tra Turchia e Libano. Il numero è probabilmente più alto. Stando alle notizie che ci sono giunte negli ultimi giorni, il governo siriano ha ordinato anche l’uso di mine anti uomo che sono state nascoste ai confini con il Libano e nei sobborghi di Homs. La motivazione addotta dal regime è quella della prevenzione del contrabbando di armi. In realtà questo significa che i siriani non possono né entrare né uscire dal Paese con facilità. Stesso discorso per medicinali e cibo e naturalmente per i giornalisti.

Il divieto d’ingresso ai media stranieri è ancora in vigore?
Diciamo che è difficile ottenere il visto. Alcuni giornalisti ci sono riusciti ma per loro è impossibile lavorare bene: l’accesso alle zone di combattimento e ai luoghi dove avvengono le violazioni dei diritti umani sono interdette e spesso sono costretti a partecipare ai tour organizzati dal governo che mostra quello che vuole mostrare, vale a dire nulla di rilevante.

Esplosione ad Homs (Afp)

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