Febbraio inizia bene per l’Italia. Lo spread fra Btp e Bund è sceso sotto i 400 punti base, i rendimenti dei titoli di Stato italiani a dieci anni inferiori al 5,7%, le agenzie di rating dicono che che l’Italia è su una buona strada. Insomma, a giudicare dai segnali che arrivano dai mercati finanziari, la cura del governo di Mario Monti sembra convincere gli investitori. Ma le sfide sono molte, recessione e credit crunch in primis, e rischiano di deteriorare la percezione dei mercati finanziari con la stessa velocità con cui è migliorata negli ultimi giorni.
La recessione che colpirà il Paese nel corso di quest’anno sarà pesante. Le prime stime sul Prodotto interno lordo del Fondo monetario internazionale (Fmi) parlano di una contrazione del 2,2% per il 2012. Ma, come hanno ricordato le tre principali agenzie di rating (Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch), è possibile che ci siano diverse revisioni al ribasso. Le misure di austerity adottate dal governo Monti, secondo Moody’s, ridurranno il potere d’acquisto delle famiglie italiane e avranno un impatto sul Pil di un punto percentuale. Non ci sono ancora stime sull’effetto della manovra dedicata alla crescita economica, ma la soddisfazione degli analisti internazionali non è massima. «L’Italia ha approvato un buon piano di stimolo, ma la sensazione è che si doveva fare di più», ha affermato la banca olandese ING in un report della scorsa settimana.
L’Italia ha bisogno di andare sul mercato obbligazionario per 450 miliardi di euro nel 2012. Le prime aste di gennaio sono andate discretamente: i rendimenti sono scesi e le esigenze quasi tutte soddisfatte, ma in diversi casi la domanda di titoli di Stato è calata rispetto alle occasioni precedenti. E una piccola mano l’ha data anche Goldman Sachs che, in una raccomandazione di inizio gennaio, ha consigliato agli investitori di comprare Btp e vendere Oat francesi. Questo in vista di un possibile deterioramento della situazione transalpina in seguito alla tornata elettorale che vedrà il primo turno il 22 aprile e il secondo il 6 maggio. Di questi tempi, ogni raccomandazione di questo genere è oro per le casse del Tesoro, che può permettersi di scendere sul mercato a tassi meno onerosi. Ma non è detto che il vento giri in questo modo per sempre.
Uno dei problemi ancora da risolvere è quello del credito. Le banche italiane, dato il congelamento del mercato interbancario europeo iniziato in giugno e che ancora dura, hanno una grande finestra di liquidità grazie alla Banca centrale europea (Bce). L’istituzione guidata da Mario Draghi ha lanciato in dicembre una Long term refinancing operation (Ltro, cioè operazione di rifinanziamento a lungo termine) che ha garantito alle banche europee 490 miliardi di euro di liquidità, di cui 116 a favore di quelle italiane. Queste risorse, come da aspettative degli operatori, saranno utilizzate per il rollover del debito pubblico esistente nei bilanci degli istituti di credito italiani e per le nuove emissioni. Ma la vera sfida sarà in questo mese. La Bce lancerà un nuovo Ltro, che secondo il Financial Times avrà richieste per 1.000 miliardi di euro, il doppio della precedente tornata. Diversa la stima di Reuters, che vede domande per circa 350 miliardi di euro. Per le banche italiane la sfida sarà quella di trasferire la liquidità dalla Bce alle imprese, strozzate da tempi di pagamento che molto spesso superano i 120 giorni. Come ha ricordato la banca francese BNP Paribas in una nota, il credit crunch per l’Italia non è un rischio, ma un fenomeno già in corso.
Per ora i più ottimisti sono proprio i mercati finanziari. Il giudizio sulle azioni del governo Monti sono state prima tiepide, poi speranzose. La fiducia è tornata dopo l’ultimo Consiglio europeo, come dimostrano anche le parole del numero della divisione Global Sovereign di Fitch, David Riley. Due settimane fa aveva ribadito che «l’Italia non ha bisogno di una ristrutturazione del debito», rimarcando anche come molto dipenda da Roma. «È difficile credere che l’euro possa sopravvivere se l’Italia non si salva», aveva detto Riley. E oggi l’analista ha ricordato che «l’Italia è cruciale per il successo dell’euro», ma serve che lo spread fra Btp e Bund cali ancora, sotto i 200 punti base, e occorrono maggiori aspettative sulla crescita economica in Italia. Del resto, nel corso della teleconferenza di Fitch, Riley ha spiegato che il recente downgrade del rating sovrano italiano è figlio proprio di una visione di lungo periodo. Viene quindi implicitamente rimandata al mittente l’accusa di market abuse mossa dalla Procura di Trani nei confronti dell’agenzia di rating.
La prima sfida, quella di calmare il nervosismo dei mercati, per ora è riuscita. Ma serve fare di più. Se le riforme non prenderanno piede e se la recessione non sarà contrastata in modo adeguato, l’Italia tornerà più degli altri sotto i riflettori. Il filo di fiducia che gli operatori finanziari hanno nei confronti dell’Italia è davvero troppo sottile per tirare un sospiro di sollievo. E se la crisi dell’eurozona dovesse peggiorare sull’onda della Grecia e del Portogallo, per l’Italia tornerebbe la paura.
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