È finita l’età dell’oro: il capo di Goldman guadagna “solo” 7 milioni

È finita l’età dell’oro: il capo di Goldman guadagna “solo” 7 milioni

Sono tempi duri per i banchieri di Goldman Sachs. Lloyd Blankfein, amministratore delegato della regina di Wall Street, ha preso 9 milioni di dollari di stipendio per il 2011. Di questi, 7 arrivano dalle stock option vincolate ai risultati di Borsa. Gli altri due, invece, sono il suo compenso ordinario. E come lui, anche il presidente Gary Cohn e il direttore finanziario David Viniar.

Nell’epoca di Occupy Wall Street, il movimento contro gli eccessi della finanza nato lo scorso anno, sono sempre più gli esempi di deleveraging del sistema bancario. A cominciare dagli stipendi, appunto. Blankfein, il banchiere che si era paragonato a Dio per il suo ruolo in Goldman Sachs, aveva guadagnato circa 19 milioni di dollari nel 2010. Nell’arco di un anno, è il suo compenso è stato dimezzato. Il banchiere più celebre di Wall Street è una delle vittime del processo di ridimensionamento del sistema bancario americano.

Come ha più volte spiegato Mohamed El-Erian, fondatore del maggiore fondo obbligazionario mondiale, Pimco, il mondo è entrato in una nuova fase, quella dell’austerity. Sono finiti i tempi in cui i banchieri di Wall Street o della City ricevevano stock option da capogiro, indistintamente dalle performance azionarie della società. L’Età dell’oro di Goldman Sachs, in particolare, sembra sempre più lontana. E non è difficile capire come mai nel corso del 2011 ci sia stata una fuga di executive dalla banca.

Sono stati circa 50 i top manager a lasciare gli uffici della GS Tower al 200 di West Street, in Lower Manhattan a New York. Goldman Sachs ha accusato il colpo. Rispetto all’ultimo anno, sono cambiate diverse cose. Il salario medio per dipendente è calato in modo significativo. Osservando i filing della Securities and Exchange Commission (SEC), l’authority di vigilanza finanziaria statunitense, emerge che nel 2011 lo stipendio medio in Goldman Sachs è stato di 365mila dollari. Nel 2010 è stato di 430mila dollari.

Ma non solo. Da un lato il Dodd-Frank Act, la riforma finanziaria voluta dal presidente Barack Obama, ha costretto l’universo bancario a ridurre il rischi finanziario e, di conseguenza, gli attivi e gli stipendi. Dall’altro lo shock derivante dal crollo di Lehman Brothers ha lasciato un’impronta indelebile nella memoria degli americani. Oltre a ciò, la crisi dell’eurodebito sta minacciando anche gli Stati Uniti. Unendo tutti i fattori ne deriva che perfino una banca come Goldman Sachs ha dovuto ridurre il proprio organico di circa 2.000 persone nel corso del 2011, il 7,2% del totale. Ha chiuso due dei punti di forza della società, il Global Macro proprietary trading e il Global Alpha Fund, e delocalizzato diverse divisioni in Asia, dove la legislazione è meno stringente.

Ora la palma di banchiere più pagato di Wall Street spetta a Jamie Dimon, numero uno di J.P. Morgan. Con circa 17 milioni di dollari in azioni vincolate ai risultati di Borsa, Dimon è stato il più remunerato del 2011. Pragmatico, istrionico, socialmente attivo, rispetto a Blankfein, Dimon ha un diverso appeal nella New York che conta. Tanto il banchiere di Goldman Sachs è introverso, quanto quello di J.P. Morgan è estroverso e sempre pronto ad adattarsi all’epoca in cui si trova. Un ritratto della personalità di Dimon lo ha tracciato in maniera esemplare Andrew Ross Sorkin in Too big to fail.

Il giornalista del New York Times nel suo bestseller sul crollo di Lehman Brothers tratteggia Dimon per quello che è, un banchiere, non un banker senza scrupoli, come viene invece dipinto Blankfein. La riduzione degli stipendi in Goldman Sachs non è un fenomeno destinato a restare isolato. Dopo la decisione di Stephen Hester, capo di Royal Bank of Scotland dai tempi del bailout, di rinunciare ai propri bonus (963mila sterline in stock option, ndr) per l’anno appena trascorso, forse anche grazie alla moral suasion del premier David Cameron, è viva la discussione sui maxi compensi nel mondo bancario.

Dopo aver cancellato la festa di Natale e aver ridotto personale, benefit e compensi straordinari, si può affermare che il nuovo corso della finanza ha colpito anche Goldman Sachs. Blankfein non ha voluto commentare questo taglio al suo compenso, ma le persone a lui vicine riferiscono di aspri scontri con il comitato remunerazione. Eppure, la decisione di ridurre del 50% lo stipendio sarebbe arrivata in modo unanime. Sia Cohn sia Viniar, entrambi considerati dei fuoriclasse dall’investment banking, hanno accettato di buon grado la contrazione del salario. Blankfein no. I maliziosi parlano di una sfida personale con Dimon, ma sono solo voci. Quello che è certo è che l’austerity, se di questa si può parlare, sta colpendo.

Twitter: @FGoria

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