Ieri l’accusa, oggi le prove. La campagna elettorale palermitana entra nel clou: Davide Faraone rompe gli indugi e dalle parole passa ai fatti. Alle 15 convoca una conferenza stampa lampo e la infuoca mostrando la mail spedita dalla tesoreria nazionale del partito democratico «con l’ordinativo di affissioni a favore di Rita Borsellino».
Ieri Faraone aveva lanciato l’attacco sulle primarie del capoluogo siciliano, puntando il dito contro il segretario nazionale Pierluigi Bersani e il tesoriere Antonio Misiani, accusati di finanziare la campagna elettorale della candidata Rita Borsellino, contro le regole del partito. Ieri il tesoriere nazionale del Partito Democratico, Antonio Misiani, rispondeva apparentemente serafico alle accuse di Faraone: «Per le Primarie di Palermo seguiremo le regole che da tempo ci siamo dati. Non eroghiamo alcun contributo ai singoli candidati quando ci sono più candidati del Pd. Siamo invece disponibili, se ci viene chiesto, a offrire il nostro sostegno per i costi organizzativi delle Primarie, che consideriamo un importante strumento di democrazia e partecipazione. Qualunque altra illazione è, per quanto ci riguarda, del tutto priva di fondamento«.
Ma oggi il renziano rincara la dose: «Misiani si deve dimettere. E se Bersani non lo caccia, è suo complice: stanno drogando le primarie. Bersani ha perso la testa, sta facendo di tutto per non perdere anche a Palermo». La mail che sventola in conferenza stampa sembra inequivocabile:”Spettabile società vi trasmetto i dati fiscali per l’emissione del preventivo e della successiva fattura: Partito democratico, via Sant’Andrea delle Fratte 16, 00187 Roma”. E ancora: «Vi chiedo dunque il preventivo con la giusta intestazione, indicando anche le modalità di pagamento previste: solitamente per le affissioni prevediamo un pagamento a 90gg dalla ricezione della fattura. Qualora però voi abbiate delle esigenze diverse, vi chiedo di segnalarmelo per giungere ad un accordo. Nel momento in cui riceveremo il preventivo sarà nostra cura sottoporlo alla firma del tesoriere, legale rappresentativo del partito, e di inviarmelo per accettazione».
A questo punto Faraone si aspetta «una serena ammissione di responsabilità, perché qui le cose sono due: o Misiani, che mi accusa di dire falsità e di seminare zizzania, ha agito da solo e Bersani non ne sapeva nulla, e quindi deve cacciarlo, oppure Bersani lo sapeva e la cosa è ancora più grave». Dal Nazareno nessuna replica. Antonio Misiani, chiamato ripetutamente da Linkiesta, preferisce lasciar squillare il telefono e non rispondere. Ma Faraone intende continuare la sua battaglia: «Ciò detto, non sono qui a chiedere di invalidare le primarie, per le quali mi sono battuto da più di un anno. Confido infatti che i cittadini di Palermo, se debitamente informati, sappiamo giudicare e scegliere per il meglio. Chiederò invece l’intervento della commissione di garanzia nazionale del Partito Democratico per verificare nel dettaglio i finanziamenti che sono stati erogati da Roma».
La guerra delle carte bollate è appena iniziata, e in tanti ormai pensano che le primarie palermitane saranno più laceranti di quelle genovesi.