Portineria MilanoGame over, il “celeste” Formigoni è atterrato una volta per tutte

Game over, il “celeste” Formigoni è atterrato una volta per tutte

Fischiato. Accerchiato da un’ondata di arresti nella giunta lombarda che non accenna a diminuire. Scaricato dal vescovo ciellino di Milano Angelo Scola e persino dal numero uno di Comunione e Liberazione Julian Carron. Braccato dalle minacce della Lega Nord di Umberto Bossi di staccare la spina. In bilico tra la leadership di Silvio Berlusconi e quella del delfino Angelino Alfano, il governatore lombardo Roberto Formigoni si trova davanti a un bivio rispetto al suo futuro politico. Nel 2013 ci saranno le elezioni nazionali, mentre nel 2015 terminerà il suo mandato in Lombardia. Come ha lui stesso annunciato non si ricandiderà, (secondo la legge è già fuori mandato ndr), ma resta da capire come potrebbe ritornare sulla scena politica nazionale. Ha ancora qualche carta da giocare oppure il suo ciclo è finito? Quali sono stati i suoi errori ? E perchè si ritrova adesso, dopo tanti slogan, a rincorrere un consenso che sembra ormai aver perso definitivamente lungo la strada ? C’è chi lo vede come «maxi consulente per uno stato estero, esperto del suo modello lombardo di intesa tra politica e media impresa». Chi riciclato «nel Terzo Polo di Casini» e chi invece gli addossa la responsabilità di essersi troppo appoggiato allo stesso «Berlusconi». 

Linkiesta lo ha domandato a quattro esperti di politica, Piero Bassetti, primo presidente di regione Lombardia, Giulio Sapelli, presidente della Fondazione Enrico Mattei, Salvatore Carrubba, presidente dell’Accademia di Brera, Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia e  Luca Doninelli, scrittore del libro Milano è una Cozza. Il filo conduttore tra i cinque è sempre lo stesso. «Formigoni è stato un buon amministratore, ma non ha il carisma del leader politico». Di strada quindi non potrà farne molta. Anzi, secondo Carrubba, avrebbe anche potuto percorrerla, se si fosse svegliato per tempo. «Ma ha perso il treno nel 2005 quando durante le elezioni regionali non presentò o non gli fecero presentare una sua lista autonomista. Lì si sarebbe potuto giocare qualche possibilità a livello politico nazionale. Non ci è riuscito – aggiunge Carrubba – e ora sta scontando ancora quell’occasione persa. È più indebolito che mai. L’alleanza con la Lega non c’è più, gli arresti in regione non aiutano e hanno minato anche il suo buon lavoro di amministratore. All’interno del partito, poi, non mi pare trovi grandi sponsor». 

Paradossalmente, chiosa Doninelli «Formigoni aveva un suo elettorato prima ancora di Berlusconi. Ma adesso bisognerà capire quanto gli è rimasto e lo si capirà dopo questo mandato. Io credo nell’uomo e penso che alla fine Formigoni possa trovare un modo per ritrovare una sua strada. Ma lo vedo all’estero, come consulente di Giappone o Germania, esperto del suo modello lombardo che non potrà essere emulato mai da nessun altro». Bassetti invece è più ottimista. «Non credo che Formigoni si faccia spaventare da qualche arresto – ammette il presidente della Fondazione Bassetti -. Ha già superato ampiamente gli scorsi mandati e ora è alle prese con il rimpasto. Se le indagini non colpiranno lui direttamente, credo possa avere ancora un futuro in politica.». Quale? «Dovrebbe finalmente fare un suo partito lombardo e moderato da presentare nel 2013 – dice Bassetti -. Staccarsi definitivamente da Berlusconi e sfidare la Lega Nord sul suo territorio». Ipotesti, quest’ultima che non è nelle corde di Sapelli. «Ma la vedo molto dura – spiega- . Per uno che ha trascorso la sua carriera politica ha scontrarsi contro la Lega, fondare una nuova Lega sarebbe un suicidio…». Non solo, secondo Sapelli c’è ormai pure un problema con Cl, sistema di potere lombardo di cui Formigoni è stato referente per diversi anni «Carron lo ha mollato» chiosa il professore di Torino.  Doninelli invece la vede diversamente. «Non credo a questo carica e scarica da parte di Comunione e Liberazione. Mi pare forzato». In ogni caso, forse, la sua unica possibilità per risalire la china, sarebbe quella del distanziarsi dal Popolo della Libertà. «È un po’ bollito – chiosa ancora Sapelli -, ma è il primo responsabile di questa situazione. Formigoni non ha saputo guardare al di là del Mincio. Ha avuto uno sguardo tisico in questi anni, che non ha permesso alla Lombardi di espandersi o di fare grandi accordi con la Baviera». 

In sostanza, Formigoni ha peccato di eccesso di milanesità. «Pur non essendo di Milano ha commesso gli stessi errori del capoluogo lombardo e non è riuscito a espandersi al di là dei propri confini». Il «tappo» che può averlo ostacolato è stato senza dubbio Silvio Berlusconi. Continua Sapelli. «Formigoni mi pare molto simile a Bersani. Un ottimo amministratore, il segretario del Pd ha ben amministrato l’Emilia Romagna, ma entrambi non hanno il carisma del leader. C’è da dire che Bersani non aveva un Berlusconi a stopparlo…». E in questo senso, è d’accordo pure Carruba. «È evidente che rimanendo sempre ancora al Cavaliere non è riuscito a crearsi una sua identità politica. Ha saputo governare, ma manca completamente di una sua vocazione alla leadership di un partito». Anche Bassetti conviene con gli altri due. «All’interno del Pdl mi pare non abbia possibilità di emergere. Soprattutto con Alfano, delfino di Berluconi. L’unica possibilità è quella di fondare un partito». Anzi, per Sapelli «è evidente che non ha possibilità di competere con Alfano». 

Per Cacciari, invece, di speranze in politica Formigoni non ne ha proprio più. «Ormai l’unica possibilità che ha è quella di riciclarsi in una realtà politica centristra, magari alle spalle di Casini. Ma non credo abbia più speranze di proporsi singolarmente come leader». Anche per l’ex sindaco di Venezia, per molti mesi sponsor di Luca Cordero di Montezemolo, Formigoni ha scontato «gli anni del berlusconismo» e «il crollo di Berlusconi» in particolare su Milano. «Lui e la Moratti non erano come Napoleone Bonaparte, almeno Formigoni ha avuto la capacità di crearsi un suo sistema di potere politico, che però al momento lo sta abbandonando. Vale lo 0,01 % sul piano politico nazionale». 

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