Grecia, crea sistema anti-evasione: cacciato dal governo

Grecia, crea sistema anti-evasione: cacciato dal governo

In greco, la parola “peraiosi” ha due significati. Il primo: fine, conclusione. Il secondo: condono tombale o amnistia fiscale. Lo scrittore Petros Markaris ha deciso di intitolare così il suo ultimo romanzo, il secondo capitolo della “trilogia della crisi” con protagonista l’ispettore Charitos. Dopo aver avuto a che fare con gli omicidi dei banchieri in Prestiti scaduti (2011), il celebre detective di Atene è ora alle prese con un “giustiziere del fisco” che uccide i grandi evasori con la cicuta e lascia i loro cadaveri nei siti archeologici della capitale. L’evasione fiscale, del resto, è al contempo un “passatempo nazionale” e una delle piaghe apparentemente insanabili che affligge la Grecia.

Secondo stime recenti, l’evasione ammonterebbe ogni anno a circa 13-14 miliardi di euro. In un paese di 5 milioni di lavoratori, nell’ultimo anno solo 33 persone hanno dichiarato un reddito superiore ai 900mila euro, e appena 239 un reddito tra 500mila e 900mila euro. In più, l’economia sommersa si attesta intorno al 27,5% del Pil ed è la più grande dell’intera Eurozona. Le cause sono le più disparate. La corruzione, anzitutto: la pratica di incassare fakelaki (mazzette) è largamente diffusa tra gli agenti del fisco. Poi c’è una certa ritrosia politica nell’affrontare seriamente il problema. Uno studio, citato dal New Yorker, ha dimostrato come nei mesi antecedenti le elezioni i partiti trascurino qualsiasi tematica legata al fisco, principalmente per evitare di alienarsi il consenso degli elettori-contribuenti.

L’impianto legislativo, polverizzato in mille rivoli normativi e colmo di lacune, non fa che complicare ulteriormente la situazione. E anche quando si riesce a individuare i trasgressori, farli pagare è difficilissimo: un processo per reati fiscali può durare da sette a dieci anni. Oltre agli aspetti tecnici, ci sono anche fattori culturali. Dimitris Karantinos, direttore del Centro Nazionale di Ricerca Sociale di Atene, ha detto alla Reuters che i cittadini greci «sono molto fedeli alle loro famiglie» ma «non si fidano dello Stato». E dal momento che nessuno paga la tasse perché lo Stato è screditato, quest’ultimo si vede costretto ad alzare le imposte di chi non può evadere, creando un sistema tributario regressivo e fortemente iniquo.

Il professor Spinellis

Diomidis Spinellis, professore di informatica alla Athens University of Economics and Business (Aueb), aveva perfettamente chiaro questo contesto quando nel 2009 ha iniziato a lavorare al Ministero delle Finanze come segretario generale del reparto informatico (General Secretariat of Information Systems, Gsis). «Era la prima volta che in Grecia si apriva una posizione di quel livello al Ministero – racconta Spinellis a Linkiesta – E dunque ero molto contento di avere una simile opportunità». Il primo giorno di lavoro il professore inizia a formare una “mappa mentale” (che ha la struttura di un albero ed è una tecnica di rappresentazione grafica del pensiero teorizzata dallo psicologo inglese Tony Buzan) utilizzando il software opensource FreeMind. Spinellis, come ha scritto in un articolo sul suo blog, si è servito della mappa per «registrare, organizzare e conservare tutte le informazioni con cui ero bombardato». 

Il primo compito che si prefigge Spinellis è quello di scovare gli evasori attraverso la mappa. Nulla di complicato: Spinellis trova potenziali casi di evasione fiscale ovunque guardi nei dati. «Abbiamo scoperto che alcune persone non dichiaravano nulla», ha affermato il professore alla radio americana Npr «e altre dichiaravano dieci volte meno di quanto erano tenute a fare». Dopo aver raccolto i dati, Spinellis li condivide con tutte le 300 agenzie regionali del fisco greco. Ma non succede nulla: le tasse non vengono riscosse – vuoi per inefficienza, inattività o corruzione. Spinellis aggiunge così un altro elemento alla sua mappa mentale – i “problemi gestionali” degli uffici locali – e scrive un piccolo programma che raccoglie le attività e le prestazioni di ogni singola agenzia. Il professore incrocia i dati e nota che ci sono centinaia di uffici che in un giorno non chiudono nemmeno una pratica. Lo stesso programma manda ogni pomeriggio una dettagliata email sulle attività quotidiane degli uffici al Ministro delle Finanze e alle agenzie stesse.

Non succede nulla nemmeno questa volta. Dopo due anni, la mappa di Spinellis arriva a contare più di quattromila rami, catalogati sotto “persone”, “problemi”, “appuntamenti”, “pratiche”, “uffici” e “strutture”. «La mappa mentale si è rivelata molto utile per osservare il quadro generale», scrive Spinellis nel suo blog. E il quadro generale ritrae una situazione in cui il vero problema – nonostante la crisi economica, le sollecitazioni di Ue e Fmi e le prospettive di default – è l’assenza di volontà politica nell’affrontare l’evasione fiscale.

Il 17 ottobre 2011 il professore si dimette adducendo “motivi personali” e torna ad insegnare. La stampa greca parla subito di motivazione politiche e di «scontri interni al Ministero delle Finanze sulla spinosa questione del contrasto all’evasione». In effetti, l’abbandono di Spinellis scatena una tempesta politica. Il 28 dicembre 2011 Grigoris Peponis, procuratore capo dell’ufficio per i crimini finanziari, e Spyros Mouzakitis, il vice di Peponis, si dimettono a loro volta denunciando interferenze politiche e carenze di mezzi: «Dal momento che non abbiamo mai cercato di ottenere posizioni di prestigio o privilegi, non accettiamo di lavorare sottoposti a restrizioni o dovendo eseguire ordini».

Peponis, tra le altre cose, stava lavorando ad un caso scaturito proprio dalle denunce fatte dal professor Spinellis su un presunto contrabbando di carburante, scoperto mentre ricopriva l’incarico al Gsis. L’indagine ha coinvolto anche Yiannis Kapeleris, alto funzionario del ministero che, accusato di omissione d’atti d’ufficio, ha rassegnato le sue dimissioni il 2 gennaio 2012. L’inchiesta si concentra su alcuni agenti del fisco che, in combutta con i venditori di carburante, avrebbero sistematicamente intascato il 40% delle multe derivanti dalla mancata (o tardiva) registrazione di vendite e altri dati fiscali nel sistema informatico di monitoraggio “Efesto”, inaugurato nel 2008 dal precedente Ministro delle Finanze Yiorgos Alogoskoufis. I venditori, in cambio della percentuale accordata agli agenti, avrebbero ottenuto uno sconto del 40% sulla multa. Secondo l’accusa, inoltre, Kapeleris avrebbe fatto perdere allo Stato greco più di 15 milioni di euro per aver bloccato con un decreto la riscossione delle sanzioni comminate ai contrabbandieri.

Spinellis, che non ha voluto rilasciare dichiarazioni sul punto, a breve sarà chiamato a testimoniare di fronte ai magistrati. In un’intervista televisiva con l’emittente greca Skai andata in onda il 31 gennaio 2012, il professore ha tuttavia ammesso di aver incontrato «vari ostacoli» nei suoi tentativi di ammodernare la tecnologia anti-evasione: «Ho avvertito problemi nella capacità di svolgere il mio lavoro. Gestire il meccanismo di riscossione è un compito molto duro e richiede una certa dose di coraggio». Purtroppo, aggiunge Spinellis, «c’è una mancanza di coraggio politico».

Nel paper The Economic Adjustment Programme For Greece – Fifth Review, redatto dalla Commissione Europea nell’ottobre del 2011, si legge che i risultati raggiunti nel campo del contrasto all’evasione fiscale «non sono soddisfacenti» e che si sono registrati «ritardi fiscali nella lotta all’evasione». Il 22 gennaio il Ministero delle Finanze Evangelos Venizelos ha reso pubblica la lista di 4mila 152 “grandi evasori” che devono allo Stato quasi 15 miliardi di euro. Tra di essi spicca Nikos Kasimatis, un contabile 57enne di Salonicco in debito di 952 milioni, in carcere dal 2009 per scontare 504 anni di prigione per frode fiscale. Nessuna “peraiosi” per lui: il “giustiziere del fisco” rimane un’invenzione di Petros Markaris, e il governo di Lucas Papademos vuole dimostrare alla Troika di fare sul serio.

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