Ancora un nulla di fatto nelle trattative per il salvataggio della Grecia. Dopo una giornata di negoziazioni, l’ennesima, è arrivato lo stop tecnico. Tutto è rimandato a domattina, quando con ogni probabilità sarà firmato il documento che sancisce gli accordi fra il governo greco e la troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Ue. Nel frattempo, l’istituzione monetaria di Mario Draghi continua a essere spaccata sulla partecipazione alla ristrutturazione del debito ellenico. In compenso, i creditori privati sono ormai pronti per il Private sector involvement (Psi), la svalutazione volontaria dei bond greci che hanno in portafoglio. La strada per evitare il default, tuttavia, è ancora lunga.
Piazza Syntagma, il luogo simbolo della crisi greca, anche oggi era infuocata. Le proteste dei cittadini ellenici sono continuate e non si sono attenuate. In questo clima di tensione e paura sono andate avanti le trattative per evitare la bancarotta del Paese. I leader dei tre principali partiti della Grecia si sono incontrati con il premier Lucas Papademos per ultimare il documento da presentare alla troika. George Papandreou (Pasok), Antonis Samaras (Nea Dimokratia) e Georgios Karatzaferis (Laos) hanno discusso il programma di tagli alla spesa pubblica, circa 3,5 miliardi di euro, utili per sbloccare la situazione con Fmi, Bce e Ue. Il più oltranzista è apparso, come nei giorni scorsi, il nazionalista Karatzaferis. «Non siamo al servizio di nessuno, siamo un popolo libero e lo resteremo», ha detto il numero uno del Laos. Meno loquaci l’ex premier socialista Papandreou e il suo precedessore moderato Samaras, che hanno solo ribadito l’intenzione a trovare un accordo.
Oggi a far discutere è stato il Wall Street Journal. Nella serata di ieri il quotidiano newyorkese ha parlato della possibilità di un’intervento del fondo salva-Stati European financial stability facility (Efsf) nel salvataggio di Atene. Lo Efsf, infatti, si prenderebbe carico delle obbligazioni greche in mano alla Bce. Il programma di scambio titoli fra la Bce e il fondo Efsf, però, potrebbe essere più complicata del previsto. Secondo le linee guida dello stesso fondo, non è possibile che quest’ultimo arricchisca il suo portafoglio con i titoli di Stato comprati dalla Bce. E dato che l’uso del Securities markets programme (Smp), lo speciale programma di acquisto di bond sul mercato secondario da parte dell’Eurotower, ha portato nei bilanci della Bce circa 40 miliardi di euro di obbligazioni elleniche, queste non potrebbero essere girate all’Efsf. È probabile, spiegano fonti europee, che venga discussa la possibilità di una modifica allo statuto del fondo durante il prossimo Eurogruppo, che si terrà domani sera a Bruxelles. Lo ha confermato il presidente Jean-Claude Juncker, che ha sottolineato come il summit sarà focalizzato sul secondo piano di salvataggio della Grecia. Sarà l’occasione per discutere un modo per utilizzare il fondo Efsf nelle varie operazioni.
Oggi però il Wall Street Journal, tramite il proprio sito internet, ha parzialmente ridimensionato le indiscrezioni di ieri. La decisione in merito all’Official sector involvement (Osi), cioè il coinvolgimento della Bce nella ristrutturazione del debito greco, non avverrà fino a quando le trattative fra governo ellenico e troika non saranno ultimate. La road map prevede infatti diversi passaggi prima della conclusione dell’emergenza di Atene. Il primo passo è quello di approvare il nuovo piano di austerity della troika. I tre partiti del Paese, nonostante i continui ritardi, dovrebbero ultimare e siglare il memorandum d’intesa entro il minor tempo possibile. Questo documento dovrebbe essere passato al vaglio dell’Eurogruppo, in modo da essere approvato. Nel frattempo, Commissione europea e Banca centrale europea andrebbero a valutare in che modo agire sul fondo Efsf. Non solo. I creditori privati, guidati dalla lobby bancaria Institute of international finance (Iif), hanno già pronto il programma di swap di bond ellenici, il Psi, che dovrebbe lavorare insieme all’Efsf, che fungerebbe da garante per il settore bancario in caso di ulteriori perdite. In sostanza, una specie di paracadute per gli istituti di credito coinvolti. L’obiettivo del Fmi è quello di concludere tutti i passaggi entro il 15 febbraio. Per fare questo, l’assetto della ristrutturazione del debito deve essere pronto entro il 13 febbraio, data entro la quale la Grecia dovrebbe ultimare gli ultimi dettagli.
Il termine temporale da rispettare a tutti i costi rimane quello del 20 marzo. In quella data andrà a scadenza il maxi bond greco da 14,5 miliardi di euro che sta spaventando Atene. Pur contando su un grace period di sette giorni, se non sarà approvato il secondo piano di salvataggio, la dichiarazione d’insolvenza sarà inevitabile. A preoccupare, tuttavia, non è tanto il percorso di approvazione della manovra economica della Grecia, quanto la sua applicazione. Dello sconforto dei funzionari della troika si parla apertamente in ambito europeo. «Non va nulla, non ci sono margini, non ci sono progressi, ma non possiamo permetterci che il banco salti, la Grecia non può e non deve saltare», spiega a Linkiesta un funzionario della Commissione Ue vicino al dossier. Ma, come ribadisce oggi la banca elvetica Ubs, «l’ossigeno è destinato a durare poco per Atene».