RAVENNA. «Vorrei un sindacato che non protegga assenteisti cronici, ladri e chi non fa bene il proprio mestiere». Lo sfogo di Emma Marcegaglia al convegno Federmeccanica di Firenze ha sorpreso tutti. “Se vuole cercare i ladri, guardi a casa sua. Se non lo comprende ancora, guardi a casa sua casa sua”. Questa l’enigmatica risposta di Di Pietro, che diventerà più chiara alla luce della storia che racconteremo. Lo scontro tra il sindacato e il gruppo con sede in Romagna, infatti, va avanti almeno dal 3 giugno 2011. Cioè da quando il giudice Roberto Riverso ha firmato il decreto che condanna l’azienda per comportamento antisindacale.
Tutto inizia nell’ottobre 2010. La ditta avrebbe impegnato nella sua attività di produzione a Ravenna 40 dipendenti formalmente assunti da una società diversa, la Nuova Inde srl di Udine, proprio durante le trattative sindacali per la definizione del salario d’ingresso. Furono distaccati fin dal primo giorno di lavoro a Ravenna e lì sono rimasti fino al primo maggio 2011, quando sono entrati formalmente in Marcegaglia come “nuovi assunti” con salario ridotto.
Il 27 aprile era arrivato il ricorso della Fiom-Cgil provinciale. A giugno, il giudice “ordinava alla Marcegaglia Spa di cessare immediatamente l’illegittimo comportamento formalizzando l’assunzione degli stessi dipendenti fin dalla data di ingresso nello stabilimento di Ravenna e applicando loro il normale trattamento vigente in quanto dipendenti Marcegaglia Spa a tempo indeterminato. Dichiarava l’inapplicabilità a tali dipendenti dell’accordo del 12 aprile 2011 sul salario d’ingresso. Condannava Marcegaglia Spa a rifondere le spese processuali alla Fiom ricorrente per complessivi 3000 euro”.
«È stata accertata la commissione di un’operazione illecita e fraudolenta», spiega Riverso a Linkiesta. «Li volevano pagare di meno. Il sindacato non ha accettato il salario d’ingresso (assai inferiore a quello aziendale). Allora hanno adottato questo meccanismo, con violazione eclatante della legge. Se si considera che si tratta dell’impresa di famiglia della presidente di Confindustria, il fatto assume connotati di una certa gravità.- «Da giugno la questione ha avuto sviluppi», continua Riverso. «Quel decreto di antisindacalità è divenuto inoppugnabile. Come se fosse passato in giudicato. L’avvocato della Marcegaglia sul Corriere della Sera l’ha definita però sentenza politica; a conferma che quando non si hanno argomenti da portare contro le sentenze si accusano i magistrati di “fare politica”. In senso deteriore ovviamente, non in senso nobile».
La questione, però, va oltre il profilo sindacale. Si scivola sul penale. «Nei confronti di Marcegaglia, dopo il decreto, c’è stato un accertamento da parte della Direzione provinciale del lavoro» prosegue Riverso. «Hanno appurato che ci sono stati degli illeciti amministrativi e penali. Assumere persone in violazione delle regole di intermediazione a tutt’oggi è reato penale, sia pure contravvenzionale. È la legge 1369 del ’60. Lo ha confermato la Cassazione. Non puoi avere lavoratori da una società che non è stata autorizzata alla somministrazione».
Il sistema delle due società col travaso di lavoratori alla fine è diventato un boomerang, perché la multa è raddoppiata. Conclude Riverso: «Il reato è stato contestato sia a Steno Marcegaglia (legale rappresentante della società) che alla “Nuova Inde” di Udine (che poi era stata acquista), per cui è stato pagato per due. In totale, per la precisione, 79.600 euro (39.800 + 39.800) per estinguere i reati e impedire che venisse accertate le responsabilità penale. Più i 163mila euro che hanno dovuto corrispondere ai lavoratori».
Il sistema delle due società col travaso di lavoratori alla fine è diventato un boomerang, perché la multa è raddoppiata. Conclude Riverso: «Il reato è stato contestato sia a Steno Marcegaglia (legale rappresentante della ditta) che alla “Nuova Inde” di Udine (che poi avevano acquistato), per cui hanno dovuto pagare per due. In totale, per la precisione, 79.600 euro (39.800 + 39.800) per estinguere i reati e impedire che venisse fatto un processo penale. Più i 163mila euro che avevano sottratto ai lavoratori».
Tutto inizia – si legge nella sentenza – quando “Marcegaglia Spa aveva preannunciato la necessità di effettuare nuove assunzioni ma a salario ridotto. Nuova Inde è stata costituita il 15 ottobre 2010. I lavoratori della ditta di Udine sono stati selezionati (quantomeno anche) da Marcegaglia e, quindi, sono stati introdotti dentro l’azienda con salario ridotto. Sono stati adibiti fin da subito a compiti di varia natura che prescindevano dai motivi di assunzione e distacco dichiarati, finalizzati allo svolgimento di compiti formativi e specialistici che nessuno ha visto svolgere.
Hanno lavorato fin dall’inizio come operai Marcegaglia sulle varie linee, nella lavorazione a freddo dell’acciaio, senza essere perciò formati per apprendere come si avvii un impianto industriale per la zincatura. Infine, dopo pochi mesi sono stati assunti per lavorare in Marcegaglia, in attuazione del programmato ampliamento di organico. Ma solo dopo la conclusione del nuovo accordo aziendale che andava incontro alla pretesa iniziale della Marcegaglia di diminuire i salari ed elevare il periodo di apprendistato. Nel contempo Marcegaglia ha pure acquistato per 100.000 euro la stessa società Nuova Inde creata ad hoc per la fornitura del personale dal gruppo Danieli, legato da partneriato tecnologico e strategico con Marcegaglia Spa”.
Il segretario provinciale Fim-Cisl, Davide Tagliaferri, nel corso del processo ha dichiarato: «Nei vari incontri [ci dissero] che si trattava di lavoratori che un giorno sarebbero diventati Marcegaglia quando si sarebbe risolta la questione del salario d’ingresso». Così infatti avverrà: i lavoratori Nuova Inde sono divenuti Marcegaglia, la Nuova Inde è sparita o, meglio, è stata acquistata dopo essere stata svuotata dei dipendenti, tutti dimessisi il 30 aprile 2011 per “motivi personali”.
Alla fine i lavoratori sono stati assunti a tempo indeterminato e hanno dovuto applicare il contratto nazionale. L’azienda da tempo spinge invece per la contrattazione aziendale. Un meccanismo che – secondo il giudice di Ravenna – permetterebbe oggi di aggirare le leggi. “Se oggi tu hai in mano due o tre sindacalisti della tua azienda hai un potere enorme, puoi derogare ai contratti nazionali e alla legge stessa, come prevede l’art.8 l. 148/2011”.