Le élite vogliono cambiamenti”: Putin corteggia la borghesia

Le élite vogliono cambiamenti”: Putin corteggia la borghesia

Il prossimo 4 marzo si terranno in Russia le elezioni presidenziali. Per quanto il risultato sia scontato – nessuno degli avversari politici sembra poter impensierire Vladimir Putin – il presidente in pectore deve fare i conti con un Paese sempre più critico verso la sua autorità. Dopo le proteste alla fine dello scorso anno (vedi link) Putin ha combattuto una prima lotta contro i “nemici interni”, purgando personaggi come il “burattinaio” Vladislav Surkov (vedi link). Adesso, Putin deve affrontare la nazione.

Il 16 gennaio ha fatto pubblicare un articolo sul quotidiano Izvestia, dallʼeloquente titolo «La Russia mette su muscoli – dobbiamo alzarci per poter affrontare le nostre sfide» (vedi link). È un manifesto elettorale, dai toni direttivi e burocratici, tanto che dal roboante titolo si termina (superato uno sbarramento di 25.443 battute) a un finale un poʼ dimesso: «Nelle prossime settimane, presenterò dichiarazioni più dettagliate su tutto questo, per la discussione pubblica». Nonostante simili uscite da amministratore sovietico – pur senza la divertente retorica socialista – lʼarticolo di Putin è una testimonianza importante di quanto stia avvenendo a Mosca. In tante migliaia di battute non si cita mai lʼattuale presidente Medvedev. Non si cita nessun altro politico. Di più: non si cita nessun altro essere umano che non sia Putin, firmatario dellʼarticolo. Putin, insomma, sembra avere compreso che egli stesso rappresenta il problema: non è tanto la sfiducia nel sistema presidenziale a guidare il malcontento, quanto nel suo sistema di potere.

Putin risponde alle proteste in maniera diretta: «Un problema ricorrente nella storia russa è stato che le élite desiderano ottenere un cambiamento rapido, una rivoluzione piuttosto che uno sviluppo sostenuto. […] È possibile ottenere il consenso di una parte considerevole della società per breve tempo con slogan attraenti e visioni di un futuro roseo, ma se la gente poi non riesce a dipingersi in questo futuro, si disinteresserà della politica e dei problemi sociali per molto tempo». Suona come una critica diretta non solo alle proteste nelle piazze russe, ma anche allo stile elettorale americano, con lʼ ”Obamamania” che sarebbe ingestibile a Mosca – e, probabilmente, impossibile.

Un fan del premier russo col cartello «Suona il clacson se appoggi Putin»

Rimane da chiedersi chi sia questa “élite” impaziente segnalata da Putin. Sicuramente egli non si riferisce alla Rivoluzione dʼOttobre. Probabilmente si riferisce ai tentativi falliti di riforma durante Brezhnev, verso la metà degli anni Settanta; o con Gorbaciov, sia nel primo periodo “post-Marxista” (1985-1988), che durante la Perestroika; o anche con il disastro del duo Clinton-Eltsin negli anni Novanta. Ma le élite di quei periodi storici non ci sono più: i direttori comunisti sono stati cancellati dal 1991, mentre il sistema di oligarchi eltsiniano non è forte come un tempo.

Per Putin, la nuova élite è la “classe media”. Riconosce che è essa a guidare la protesta di piazza, attualmente congelata più dalle temperature che da altro. Riconosce che è in atto una “protesta borghese”: si è formata una nuova classe sociale urbana, dopo anni di sviluppo, seppur con molti disequilibri. Putin fornisce un ritratto quasi etologico degli appartenenti alla classe media, simili ai commenti durante i celebri cartoni animati di Pippo degli anni Cinquanta: «Il loro reddito gli consente una certa libertà in merito a ciò che spendono e risparmiano, cosa comprano e dove trascorrere le vacanze (…). Infine, nella classe media ci sono persone che possono scegliere la politica». Putin motiva questʼultima affermazione con stile scientifico, come se parlasse di una tribù di boscimani: «la loro educazione è tale che possono adottare un atteggiamento selettivo verso i candidati, piuttosto che “votare con il cuore”. In breve, la classe media ha iniziato a presentare le proprie pretese in diversi campi».

Questo interesse di Putin per lʼetnologia non nasce a caso. Putin vuole portare i neo-borghesi dalla propria parte. Vuole che diventino «la maggioranza sociale nella nostra società». Putin si propone come un Kennedy “di destra”: «La gente ha iniziato a fare di più, piuttosto che presentare richieste alle autorità». La frase analoga di Kennedy («Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese») presentata allʼinsediamento presidenziale nel 1962, significò una virata del partito democratico verso posizioni meno stataliste. Per Putin, significa il tentativo di instaurare un modello di “dittatura democratico-borghese”, con ampi spunti di nazionalismo, la cui presa sul pubblico è da verificare.

Certamente, non è da escludere che possa riuscire. Le pretese democratiche della nuova borghesia russanon possono essere del tutto identificate con quelle degli europei. Ma Putin è sempre Putin, e conclude il suo pensiero con alcune note tenebrose: «La libertà personale è produttiva solo se ci sʼinteressa anche degli altri. La libertà che non è basata sulla moralità diventa anarchia». Insomma, rimane da stabilire chi giudichi moralità e pubblica utilità. Con tutta probabilità, si tratta di una persona che lavora in un bel palazzo sulla Piazza Rossa.

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