Pechino pronta ad aiutare l’Europa, ma potrebbe cambiare idea

Pechino pronta ad aiutare l’Europa, ma potrebbe cambiare idea

La Cina detta la linea per aiutare l’Europa. Il premier Wen Jiabao, che oggi ha incontrato il cancelliere tedesco Angela Merkel, ha aperto a un sostegno finanziario all’eurozona. «Stiamo ancora cercando un modo per partecipare al fondo Efsf ed Esm», ha detto il primo ministro cinese. L’intento è quello di creare una rete di protezione più ampia di quella che attualmente c’è. Il fondo salva-Stati temporaneo European financial stability facility (Efsf) e quello permanente European stability mechanism (Esm) lavoreranno insieme dal giugno 2012 fino al giugno 2013. La dotazione del primo rimane di 440 miliardi di euro, mentre è sul secondo che si sta lavorando. Lo Esm per ora ha fondi per un massimo di 500 miliardi di euro, ma il Fondo monetario internazionale (Fmi), ha più volte ricordato che non è abbastanza.

La missione del cancelliere Merkel sta dando i suoi frutti. L’obiettivo di Berlino era quello di trovare una sponda per l’incremento del fondo salva-Stati permanente Esm. Questo entrerà in funzione ufficialmente nel prossimo luglio, ma durante il Consiglio europeo di marzo dovrà essere discusso il suo incremento. Il motivo, come ricordato più volte dal direttore generale del Fmi Christine Lagarde, è che la dotazione di 500 miliardi di euro del fondo Esm non è sufficiente. Il rischio è che in caso di default disordinato della Grecia, l’eurozona entri in una crisi finanziaria ben più grave di quella odierna. L’apporto della Cina, quindi, potrebbe essere cruciale per evitare che la crisi dell’eurodebito contagi il resto del mondo.

L’apertura di Pechino, tuttavia, rischia di lasciare strascichi nella dialettica all’interno dell’eurozona. Il premier Wen Jiabao ha ribadito che l’Europa dovrebbe «fare affidamento in primis su se stessa, riducendo il debito e introducendo riforme strutturali». Si tratta di un monito che non è passato inosservato alla Merkel, che ha spiegato alla stampa come in via informale il primo ministro cinese gli ha detto che «l’eurozona deve fare i compiti a casa». Deleveraging bancario, consolidamento fiscale e maggiori misure per la crescita economica: sono questi i tre punti su cui Pechino ha spinto di più con la Merkel. In caso contrario, nessuna concessione su Efsf e Esm.

Le discussioni su un intervento della Cina in aiuto dell’eurozona vanno avanti da tempo. Durante il G20 di Cannes, a inizio novembre, i contatti erano arrivati a buon punto. Si erano però arenati dopo che il premier greco George Papandreou aveva invocato un referendum sulla permanenza nell’eurozona della Grecia. I delegati cinesi avevano lasciato la cittadina della Costa Azzurra con poche certezze sulla gestione della crisi da parte dei politici europei e con tanti timori per un contagio che potrebbe essere planetario. Eppure, non avevano chiuso definitivamente la porta a Bruxelles. Nelle scorse settimane ci aveva pensato l’amministratore delegato del fondo Efsf, Klaus Regling, a ricucire gli strappi. Regling ha discusso a lungo con gli investitori istituzionali asiatici, dal fondo sovrano di Singapore, il Temasek, ai funzionari del governo giapponese. E proprio Tokyo, nell’ultima asta di obbligazioni emesse dallo Efsf, ha comprato l’8% del totale. Un chiaro segnale per Pechino.

Ora la palla passa all’eurozona. Il Fiscal compact, il nuovo programma di governance economica Ue, è stato passato al vaglio e approvato dall’ultimo Consiglio europeo. Eppure, l’effettiva entrata in vigore prevede ancora diversi passaggi. Solo il primo gennaio 2013 il Fiscal compact sarà ufficiale per i 25 Paesi che lo hanno deciso, a esclusione di Regno Unito e Repubblica Ceca. Prima di allora, però, occorre ancora definire la ristrutturazione del debito greco. Le trattative fra i creditori privati, rappresentati dall’Institute of international finance (Iif), e il governo ellenico sono agli sgoccioli, ma non è chiaro se servirà anche il coinvolgimento dei creditori pubblici in questo processo. Nel caso la Bce dovesse partecipare alle perdite derivanti dallo swap sul debito greco, cambierebbe la percezione della crisi dell’eurozona. E probabilmente anche la Cina si tirerebbe indietro. In fin dei conti, il premier Jiabao non ha dato certezze, ma speranze.

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