Certo che alla Chiesa cattolica quella festa pagana lì, quei Lupercali, non gli andavano proprio giù. E per forza: erano una specie di festival del sesso libero. Si mettevano in un’urna i nomi dei ragazzi e delle ragazze single devoti al dio Lupercus e li si estraeva, creando così coppie casuali che dovevano convivere un anno. Il fine, tuttavia, non era in contraddizione con quello della Chiesa, ovvero procreare. Ma Machiavelli non era ancora nato e al tempo il fine non giustificava i mezzi. Così, pensa che ti ripensa, a Roma estraggono dalla mitra vescovile il protettore degli innamorati: San Valentino. A lui il compito di sostituire l’amor sacro all’amor profano. Non si sa quanto abbia avuto successo in questo, di sicuro è riuscito a far vendere un mucchio di bigliettini, cioccolatini e sdolcinature varie.
In realtà il Martirologio di santi Valentini il 14 febbraio ne ricorda ben due: uno è un prete romano che sarebbe stato decapitato lungo la via Flaminia nel 260 o 270. Evidentemente l’imperatore del tempo, Claudio II il Gotico, il primo degli imperatori illirici, nato a Sirmio, l’attuale Sremska Mitrovica, in Voivodina (la regione serba al confine con l’Ungheria), ci aveva preso gusto a far rotolare teste valentiniane il 14 febbraio, perché tre anni dopo fa il bis. Questa volta sotto la spada del boia finisce il vescovo di Terni, consacrato da San Feliciano di Foligno, decapitato nel 273. Questo dovrebbe essere il Nostro, destinato a proteggere gli innamorati da lì all’eternità. Non è chiarissimo a quale dei due Valentini martiri siano dedicate le catacombe di san Valentino, sulla Flaminia, ma d’altra parte è certo che il culto per questo santo (o questi santi) è di quelli della prima ora.
Per la verità qualcuno sospetta che il santo sia uno solo e a far confusione siano stati i primi cristiani che di uno parlano nel Martirologio romano, dell’altro – quello da Interamna; ovvero Terni come la chiamavano i romani – nel Martirologio geronimiano. È questo secondo che riporta il 14 febbraio come data del suo martirio e della sua celebrazione. I ternani, però, si accorgono in ritardo di aver dato i natali a cotanto santo perché lo fanno patrono della città solo nel 1643. Il povero Valentino decollato non ha molto a che fare con gli innamorati, ma è la data quella che conta perché leggenda vuole che nel Medioevo in Francia e in Inghilterra il 14 febbraio fosse ritenuto il giorno in cui gli uccelli cominciano ad accoppiarsi. Il che dimostrerebbe che con questo culto c’entra pure il cristianesimo nordico, importantissimo prima di esser fatto fuori da quello mediorientale. Infatti a occuparsi di diffondere il suo culto sarebbero stati i benedettini, custodi delle reliquie a Terni, e in quei tempi egemonizzatori del cristianesimo nell’Europa del Nord. A sigillo del suo ruolo di protettore delle coppiette, a san Valentino viene attribuita la seguente frase: «Bene tu fai, Amore, a celebrare la tua festa solenne nel virginal febbraio». Non solo apocrifa, ma apocrifissima, perché figuratevi un po’ se un signore del III secolo dopo Cristo parlava in ‘sto modo.
La festa dell’amor sacro viene istituita nel 496 d.C, ma non è che i vari cristiani se la filino moltissimo (perlomeno non più di tante altre ricorrenze) fino a tempi molto più recenti, al XIX secolo per la precisione, quando nel mondo anglosassone si diffonde l’uso delle “valentine”, cioè bigliettini d’amore da spedirsi tra fidanzati. La cosa si inaugura in Inghilterra, ma si diffonde negli Stati Uniti, dove la produzione di biglietti con cuoricini, Cupidi scoccanti freccine, uccellini, fiorellini, viene intrapresa su scala industriale. La festa, di origine senza dubbio umbra, ci ritorna come un fenomeno d’importazione d’oltreoceano. Un’americanata, insomma, che infatti era totalmente sconosciuta nell’Europa orientale, bandita dai comunisti come ricorrenza dell’Occidente corrotto.
Le reliquie di San Valentino a Terni (ce ne sono anche in molte altre chiese italiane)
Di reliquie di San Valentino ce ne sono un po’ dappertutto e, ovviamente, visto che con esse si potrebbero ricostruire svariati corpi, sono quasi tutte farlocche, ammesso che siano autentiche quelle di Terni. L’unico San Valentino doc dovrebbe essere quello conservato in un altare della basilica a lui dedicata nella città umbra, molto più dubbie quelle comparse soltanto nel 1838 a Ozieri, in provincia di Sassari, per merito di un locale monaco benedettino. Ai sardi questo santo deve piacere molto perché ci sarebbero sue reliquie anche nella chiesa di Sadali, in provincia di Cagliari. L’elenco si completa con quelle conservate in Calabria a Belvedere Marittimo, e in Puglia, a Vico del Gargano. C’è poi il caso di Venezia. Nella chiesa di San Samuele (vicino a Palazzo Grassi) ci sono le ossa di un non meglio identificato santo di nome Valentino che il vecchio parroco esponeva il 14 febbraio, in nome del principio di prudenza: «Non si sa mai». Non è chiaro chi fosse quel Valentino lì; è chiarissimo, invece, che proprio in quella chiesa lì tenne la sua prima predica un giovanissimo Giacomo Casanova, ancora in procinto di diventare abate. Le veneziane che ascoltavano incantate le sue parole misero nella saccoccia delle offerte numerosi bigliettini che invitavano il giovane e aitante religioso (Casanova era alto un metro e novanta) a incontrarsi con loro. E qui il cerchio si chiude: torniamo decisamente nel campo dell’amor profano.