Viva Zapatero. Ma anche no, verrebbe da dire guardando gli ultimi dati di finanza pubblica della Spagna. Dopo la revisione al rialzo dei dati sul deficit 2011, ora Madrid sfida apertamente l’Unione europea. «Il nostro vincolo di bilancio sul deficit pubblico nel 2012 sarà del 5,8%, non del 4,4%», ha detto oggi il premier Mariano Rajoy al Consiglio europeo. Non solo. La cancelleria della Moncloa ha comunicato che, a seguito delle misure d’austerity, il Pil iberico si contrarrà dell’1,7%, mentre le stime erano di una crescita del 2,3 per cento. Il governo spagnolo minimizza. L’Ue però no. E come spiegano fonti della Commissione europea a Linkiesta, «non è escluso che possa essere aperta una procedura d’infrazione nei confronti della Spagna nei prossimi sei mesi».
Pochi giorni fa aveva fatto clamore il dato sul deficit iberico. Le previsioni dell’Ue sono state ampiamente riviste al rialzo. Se la Commissione aveva stimato un rapporto deficit/Pil del 6,5%, la Spagna ha poi comunicato il raggiungimento di quota 8,5 per cento per il 2011. Troppo. Le critiche in sede comunitaria non sono mancate. Si sperava che oggi il premier Rajoy potesse risolvere il problema. Invece, il braccio di ferro è sempre più netto. Con il nuovo patto fiscale approvato, l’Ue ha accelerato sulla via dell’integrazione fiscale. La Spagna ha firmato, ma si è aperto uno squarcio fra la Moncloa e la Commissione Ue.
Oggi a peggiorare la situazione di Madrid ci hanno pensato i nuovi obiettivi di bilancio diramati dalla Moncloa. Il premier Rajoy ha spiegato che il target per il deficit 2012 è stato elevato al 5,8%, molto di più rispetto al precedente vincolo concordato con l’Ue, fissato al 4,4 per cento. Non solo. Il vice-premier Soraya Sáenz de Santamaría ha reso noto che la stima della crescita economica è stata rivista al ribasso. Dal 2,3% si è passati al -1,7% in seguito alle misure di austerity rese necessarie dalle esigenze di consolidamento fiscale per i prossimi anni. «Il nostro vincolo di bilancio si è ridotto», ha detto la Sáenz de Santamaría. Infatti il tetto alla spesa pubblica è stato fissato a quota 118,6 miliardi di euro. Inoltre, uno dei capitali più oscuri della Spagna, cioè il debito delle amministrazioni locali, rimane avvolto nel mistero.
La risposta dei mercati finanziari non si è fatta attendere. Il rendimento dei titoli di Stato spagnoli con scadenza a dieci anni si è avvicinato al 5 per cento. Di contro, il tasso d’interesse dei Btp italiani decennali è tornato per la prima volta dallo scorso agosto sotto quota 4,8 per cento. Il sorpasso di Roma su Madrid si è quindi consumato, sebbene fosse un evento che nemmeno la banca statunitense Goldman Sachs, sempre molto attenta, avesse previsto. Tuttavia, ha contribuito anche l’ultima operazione di rifinanziamento a lungo termine (Long-term refinancing operation, o Ltro) condotta dalla Banca centrale europea (Bce). La banca che ha chiesto più liquidità è stata la spagnola Bankia, la stessa che negli ultimi due mesi ha comprato grandi quantitativi di bond italiani per darli come collaterale alla Bce. Del resto, lo stress del sistema bancario era e rimane uno dei punti di debolezza della Spagna.
La preoccupazione dell’Ue è evidente. Nel Consiglio europeo che si è svolto in questi giorni uno dei temi principali è stata la situazione spagnola. «Il premier Zapatero ci aveva garantito che i margini operativi per un veloce rientro del deficit c’erano. È evidente che non è così», spiega un alto funzionario della Commissione europea a Linkiesta. Il pensiero va velocemente ai trucchi di bilancio con cui la Grecia ha condotto il rapporto con Eurostat e la Commissione europea negli ultimi dieci anni. E in effetti, nemmeno in Spagna capiscono come siano state possibili tali discrepanze fra le singole previsioni.
Il braccio di ferro fra Bruxelles e Madrid è destinato a durare ancora per molto. Il premier Rajoy ha oggi ribadito che sarà lui l’unico interlocutore con l’Ue. «Non dirò agli altri presidenti e capi di Stato i numeri del deficit che saranno inseriti nel nostro bilancio. Non sono obbligato a farlo. È una decisione nazionale. Li dirò alla Commissione europea ad aprile», ha spiegato oggi. E i malumori di Bruxelles, seppur in via informale, non sono mancati. Anzi. «La situazione è ai limiti del paradossale – dicono a Linkiesta diversi funzionari Ue – dato che noi abbiamo chiesto più e più volte delucidazioni, che invece non sono ancora arrivate». Già pochi giorni fa uno dei portavoce della Commissione Ue, Olivier Bailly, aveva espresso disappunto per la situazione contabile iberica. Volevano risposte, ma per ora non le hanno ottenute. «Se non arriveranno nelle prossime settimane e non ci saranno sviluppi positivi entro sei mesi, la via potrebbe essere quella della procedura d’infrazione», rivelano fonti della Commissione Ue a Linkiesta. Gli investitori hanno però già iniziato a penalizzare la Spagna sul mercato obbligazionario. Come avvenuto per l’Italia.