Da Vendola a Gallino: nasce il quarto polo ed è di sinistra

Da Vendola a Gallino: nasce il quarto polo ed è di sinistra

Non sappiamo se le cozze di Emiliano risulteranno indigeste per i sognatori del Quarto Polo ma la nascita di un nuovo soggetto politico incentrato su di lui, su De Magistris e su Vendola (senza dimenticare Maurizio Landini) è a buon punto. A far da battistrada c’è anche un importante manifesto politico firmato da intellettuali di grande notorietà e autorevolezza. Parliamo di Paul Ginsborg, che è l’animatore del progetto, di Luciano Gallino, di Pietro Bevilacqua, di Livio Pepino, di Stefano Rodotà, di Marco Revelli e di Guido Viale. In otto paginette è racchiusa la filosofia del nuovo soggetto politico che raccoglie il meglio del neo-radicalismo.

La critica ai partiti è impietosa, le angosce per la democrazia sono diffuse, un nuovo anticapitalismo rivive nelle parole dei philosophes del Quarto Polo. La politica è tornata, scrivono, al Settecento inglese «quando il sistema politico si è guadagnato l’epiteto di Old Corruption». I neo-radicali hanno un sogno: «La poesia pubblica, per utilizzare una frase di Walt Whitman, deve entrare nella storia della repubblica». La critica al liberismo, i firmatari non fanno una gran distinzione fra liberalismo e liberismo, è filtrata dal disastro della finanza internazionale che ha svelato le nuove ingiustizie.

La trincea assoluta su sui bisogna attestare il nuovo movimento è la difesa dei beni comuni. La ragion d’essere del nuovo soggetto è la nascita di una nuova democrazia in cui ci sia meno delega e più partecipazione diretta. I protagonisti della rivolta saranno « le persone giovani, specialmente del Sud e donne», gli operai e le operaie, le commesse e i commessi, i ceti medi del pubblico impiego, della scuola e della sanità, i giovani precari, la rete dei micro-produttori e del cosiddetto lavoro autonomo di seconda generazione. Il rapporto con la storia patria è filtrato « da una delle più belle e inascoltate voci del nostro Risorgimento», cioè Carlo Cattaneo.

La nuova politica deve rompere la contrapposizione fra ragione e emozioni. L’obiettivo è, se posso usare una parola antica, rivoluzionario: «bisogna innescare un processo che destituisca, decostruisca, ceda, decentri, abbassi, distribuisca, diffonda il potere». Bisogna leggere tuttavia il documento completo per giudicare. Qui voglio solo segnalare la novità del nuovo radicalismo che si affaccia sulla scena politica e che si prepara a invadere il campo occupato, male, dai tradizionali partiti di sinistra. I firmatari del documento sono, come accennavo all’inizio, intellettuali dalle belle biografie che hanno spesso fatto politica in prima persona. Penso a Stefano Rodotà o a Paul Ginsborg che fu il portavoce autorevole dei girotondini. Ma due firme spiccano sulle altre e sono quelle di Luciano Gallino e di Piero Bevilacqua. Il sociologo ha mandato da pochi giorni in libreria un libro «La lotta di classe dopo la lo lotta di classe» in cui è contenuta la più severa critica dello strapotere liberista dagli anni Ottanta in poi. La tesi è che c’è stata una lotta di classe dall’alto verso il basso e l’analisi si sofferma sulla creazione di un vasto e planetario esercito di senza potere che può costruire il nuovo soggetto del cambiamento. Piero Bevilacqua, storico di fama e autore di un a bella storia del Mezzogiorno, svolge nel suo recentissimo «Elogio della radicalità», il più radicale, appunto, ragionamento sulla crisi delle teorie dello sviluppo e sembra ricalcare i concetti che hanno reso famoso Latouche. Tutti e due gli intellettuali sembrano tentati dalla teoria della fine del capitalismo giunto all’ultimo stadio, concetto che fu il vero buco nero culturale della Terza Internazionale, vedono crescere marxianamente i processi di proletarizzazione dei ceti medi, invocano una rivoluzione pacifica fondata sull’ecologia.

Si tratta di testi che forse diventeranno le guide di una nuova generazione di rivoluzionari. Essi segnalano la fuoriuscita del neo-radicalismo dallo schema che lo vedeva ancella del riformismo e invece esprimono l’ambizione di sostituirlo. Non so se da questo lavorio degli intellettuali nascerà un nuovo soggetto politico, personalmente credo di sì. So che questa parte di mondo si sta attrezzando con interpretazioni sul quel che è accaduto e che accade. L’area riformista è invece senza parole incapace di interpretare quel che è avvenuto e di dare idee per il rinnovamento. Anche per questo, cozze pelose di Emiliano a parte, il nuovo radicalismo occuperà nei prossimi mesi la scena, contro Monti ma anche contro il Pd.

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