Il governo Monti taglia la meritocrazia. Una sforbiciata contenuta nel decreto Semplificazioni approvato oggi dal Senato. Al centro del caso c’è l’eliminazione di tre commi della legge finanziaria 2008: la scomparsa di una norma che destina il 10 per cento dei fondi per la ricerca a giovani under 40, attraverso particolari condizioni di merito e trasparenza.
Il meccanismo, conosciuto come peer review era stato pensato dal senatore Ignazio Marino e dal premio Nobel Rita Levi Montalcini. Dall’impegno dei due parlamentari era nato un sistema virtuoso: un procedimento per assegnare una parte dei finanziamenti non sulla base di decisioni prese al ministero o nelle università, ma attraverso un concorso pubblico. Il comitato di valutazione chiamato a premiare il progetto migliore era una commissione internazionale di giovani scienziati – anche loro under 40 – composta al 50 per cento da ricercatori operanti all’estero.
Da oggi non sarà più così. A denunciare la vicenda è il senatore Marino, medico chirurgo e presidente della commissione di inchiesta sul Servizio sanitario nazionale. Uno dei maggiori esperti italiani di trapianti d’organo (ha lavorato nei centri trapianto dell’Università di Cambridge, Pittsburgh e della Thomas Jefferson di Filadelfia). Dopo aver chiesto invano al governo di ripristinare il meccanismo, oggi l’esponente democrat ha deciso di protestare non votando la fiducia al Senato. Un’astensione che per il senatore ha comunque il significato di «un no politico, motivato, forte e chiaro». Una denuncia forte, concordata preventivamente con il capogruppo Anna Finocchiaro e il segretario del Pd Pierluigi Bersani. E appoggiata da Nichi Vendola che si è schierato al fianco del chirurgo contro il Governo.
Nell’aula di Palazzo Madama, durante il dibattito generale di ieri, Marino ha ripercorso la storia della norma. Già nel 2008, anno successivo all’approvazione, erano state presentate 1.720 domande per accedere al finanziamento. A vincere era stata la giovane ricercatrice dell’università di Chieti Laura Bonanni, con un progetto sulle malattie neurodegenerative. La stessa ragazza «che l’anno prima – racconta Marino – era stata sconsigliata a presentarsi al concorso di ricercatrice dal suo barone universitario perché c’era qualcuno, con il cognome più importante del suo, che doveva vincere». Diverso l’esito della gara davanti al Comitato di valutazione under 40. Qui Laura Bonanni aveva superato la concorrenza, conquistando i 600mila euro con cui aveva potuto assumere due borsisti e promuovere la sua ricerca.
Eppure il governo ha deciso di cancellare il peer review. I fondi per finanziare la ricerca rimarranno, ma a decidere chi potrà beneficiarne saranno «burocrati ministeriali e baroni universitari», come denuncia Marino. A Palazzo Madama il senatore Pd ha ricostruito la vicenda. Stando al senatore, il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, almeno inizialmente, non si sarebbe neppure reso conto della sforbiciata: «Quando ce ne siamo accorti – il virgolettato del ministro, riportato da Marino – non siamo più riusciti a recuperare, ma lo faremo in un prossimo provvedimento. Il principio che il sistema introdotto voleva affermare – il riconoscimento del merito e della trasparenza, oltre alla valorizzazione dei giovani ricercatori – è giusto e va salvaguardato». Già, ma non adesso. Bocciata l’ipotesi di reintrodurre la norma nel decreto Semplificazioni con un emendamento in commissione, scartata la strada di una correzione in Aula, Profumo ha promesso che entro un mese presenterà un apposito disegno di legge. Un documento per introdurre in Italia un sistema di peer review «funzionante».
Secondo quanto spiegato dal ministro a Palazzo Madama, infatti, il sistema introdotto da Marino e Montalcini avrebbe avuto evidenti carenze tecniche. «Purtroppo – sono le parole dell’esponente di governo – nonostante la norma avesse un obiettivo ben preciso, che condivido, non è mai stata applicata perché tecnicamente non è stato possibile. Anche la giovane ricercatrice Bonanni nella realtà è stata selezionata attraverso una commissione di cui purtroppo non facevano parte i giovani quarantenni».
Ferma la replica di Marino. «La commissione che ha assegnato a Laura Bonanni 600mila euro, selezionandola tra oltre 1700 ricercatori, era composta da cinque italiani e cinque stranieri. La presidente aveva al tempo trentasette anni e il più anziano trentanove». Tra senatore e ministro, evidentemente, qualcuno non conosce i dati corretti. Sul sito del ministero della Salute è ancora visibile la lista degli esponenti del Comitato di Valutazione che si è insediato il 4 aprile 2008. Dieci ricercatori italiani e stranieri, si legge, «di età inferiore ai 40 anni, nominati, otto dal ministro della Salute e due dal ministro dell’Università e della Ricerca». «Quindi – conclude Marino – il ministro non ha detto la verità. In altre democrazie questo avrebbe avuto una conseguenza chiara e immediata».