Quando squilla la campanella nel consiglio regionale lombardo per la chiama dei consiglieri, gli studenti di un istituto tecnico di Milano non sanno ancora il destino che li attende. Erano arrivati per seguire i lavori di un’istituzione della repubblica italiana, per capirne i meccanismi e osservare dal vivo i politici eletti per amministrare una delle regioni più ricche del bel Paese. Si aspettavano una lezione di politica, insomma, da chi governa da anni il Pirellone. Come Roberto Formigoni che per quasi due decadi è andato ripetendo per convegni e interviste dell’importanza «dell’eccellenza lombarda». Ma il tempo di guardare Davide Boni, il presidente dell’aula indagato per corruzione, sedersi tra i banchi della Lega Nord al fianco del Trota Renzo Bossi e nel seminterrato del grattacielo Pirelli è esploso il delirio.
Quella di ieri è stata una giornata che Giammarco Quadrini, capogruppo dell’Udc ha descritto così: «Si è toccato il punto più basso della storia del Consiglio regionale». Ma prima di arrivare alla fine di questa tragicomica mattinata in via Fabio Filzi, di cui lo stesso Quadrini è stato protagonista insieme con il governatore Roberto Formigoni per una non meglio precisata «inculata», vale la pena tornare al momento in cui Boni ha deciso di sedersi vicino al Trota. In quel momento in aula c’è pure il Celeste, che già ieri annunciava ai cronisti di aspettarsi un discorso dal leghista mantovano. Questo, però, non succede. Anzi, Boni ha affidato al suo portavoce un breve comunicato da distribuire ai giornalisti, dove alla fine annuncia di «non dimettersi». Così recita la nota: «Nessuna delle accuse che vengono rivolte può avere la minima influenza sul ruolo di rappresentanza e di garanzia che attualmente esercito».
L’opposizione insorge. E decide di presentare una mozione dove chiede al consiglio di valutare la posizione del presidente. Il Pdl non ci sta. Ci sono problemi di regolamento. E’ bagarre, la prima di una lunga serie. Urla. Seduta sospesa. Riunione dei capigruppo. Tutto fermo. Dopo appena mezz’ora di discussione, garantita da Carlo Saffioti, Pdl, addetto a presiedere i lavori perché Boni è indagato e perché l’unico esponente dell’ufficio di presidenza non indagato è dell’opposizione, si va tutti a prendere un caffè. Ma nel Carroccio iniziano a intravedersi alcune spaccature. I consiglieri parlano fitto tra loro. Non si accorgono dei giornalisti. C’è chi si domanda chi «abbia scritto sta boiata di comunicato». C’è invece chi ricorda che «l’avevo detto a Boni di non venire, così provoca». Altri invece si affidano alla sorte: «Sono questioni che non possiamo capire, su cui non possiamo dire nulla». Alla fine il gruppo del Carroccio si definirà tutto unito per Boni, con tanto di dichiarazione finale del Trota: «Se, e dico se, si accerteranno certe cose non siamo quelli che negano la verità».
In ogni caso, risuonata la campanella, in pochi minuti la buvette regionale è presa d’assalto. Qui un tutto compreso «caffè, cappuccio e succo di frutta» arriva a costare solo due euro e cinquanta. Si fa la fila. L’assediato vero, però, non è la cassa, ma Boni, che dribbla una selva di telecamere e fotografi, evitando di rilasciare commenti sulla vicenda. Fotografi e cameraman, però, hanno bisogno di notizie. Carne fresca. E allora ecco apparire Nicole Minetti, la bella igienista dentale dell’ex premier Silvio Berlusconi, che dopo l’imposizione per regolamento di una giacca di rappresentanza, arriva con pantaloni sempre più attillati. Scattano i flash. «Ma perché proprio a me?», si domanda la Minetti sorridente, accompagnata da Ombretta Colli. Un consigliere dell’Udc glielo dice in faccia: «Perché sei la più bella, stella mia».
Nello spazio temporale che intercorre dalla fine dei lavori alla ripresa, le opposizioni organizzano una conferenza stampa dove accusano la maggioranza di ogni nefandezza possibile. Stefano Zamponi, consigliere dell’Italia dei Valori, ma di scuola Dc, ricorda che «giovedì prossimo Formigoni sarà in udienza al palazzo di Giustizia per lo scandalo delle firme false». Non c’è altro da aggiungere. E dopo il terzo caffè, con bacio perugina annesso, anche la Minetti va a risedersi in aula. La discussione ricomincia.
Maurizio Martina, segretario regionale del Pd, fa delle domande a un Formigoni impassibile, mentre Boni, il Trota e i leghisti se la ridono della grossa. Pd, Udc e opposizioni chiedono il perché del no alla mozione contro il presidente del Consiglio. Saffioti risponde che non si può sfiduciare «il presidente, è figura di garanzia». Un concetto ribadito dallo stesso Formigoni poi in conferenza stampa. Nel mentre, Giulio Cavalli di Sinistra e Libertà, ricorda che «assistiamo al fallimento del consiglio lombardo che vota una mozione sui Marò e non quella su un indagato». Roberto Alboni, un passato nel Fronte della Gioventù si alza in piedi, toccato nel profondo «Sei un pezzo di merda!». A calmarlo arrivano i colleghi del Pdl.
È solo l’inizio. Paolo Valentini, capogruppo del Pdl, rivolgendosi a Saffioti cita anche qui un non precisato «alzheimer». Il presidente si indispettisce. «Non si scherzi su queste cose». Poi interviene Quadrini che dopo un lungo intervento riceve gli applausi di Formigoni insieme con quelli del Pd. È il momento clou. Per il centrodestra l’esponente dell’Udc ha attaccato indirettamente pure il centrosinistra, che ha – secondo i pidiellini-ostacolato altre mozioni su Boni. Formigoni se ne felicita all’uscita beccando il Quadrini. «Li hai inculati, fantastico». Peccato che a riprendere il siparietto ci siano le telecamere del Fatto Quotidiano. L’autore della registrazione poi chiederà a Formigoni dell’inculata, ricevendo questa risposta. «Non ho usato questa espressione colorita». Purtroppo ci sono le immagini a raccontarlo.
E’ l’una e un quarto. I lavori finiscono. Per una mattinata di politica lombarda durata appena due ore e qualche minuto. Le domande che restano sulla carta sono una miriade. Tra cui l’incertezza sulla possibilità che Boni diriga la prossima settimana i lavori. E gli studenti dell’istituto tecnico? «Se ne sono andati da un pezzo», ci dice un commesso. «Il professore era un po’scocciato». Non è facile a volte comprendere i meccanismi dell’eccellenza lombarda.