BERLINO – Non passa giorno in Europa senza che Angela Merkel non venga ritratta in caricature con il baffetto di Adolf Hitler o associata a simboli nazisti. Con una certa frequenza vengono bruciate bandiere tedesche in Grecia e viene rappresentato il ministro di Finanza Schäuble nei panni di una guardia delle SS. Al contrario, non passa settimana senza che in Germania il quotidiano sensazionalista Bild non attacchi i “fannulloni” greci, che qualche opinionista di Der Spiegel non associ tutti gli italiani allo Schettino o Berlusconi di turno e che qualche politico non si lasci scappare frasi come «l’Europa parlerá tedesco».
I toni del confronto sono accesi: nei momenti decisivi della crisi la solidarietà è solo una parola. L’emergenza economica e finanziaria ha diviso l’Europa tra chi la subisce e chi, di fatto, la gestisce con imposizioni. E nonostante Merkel continui ad essere popolare, nel resto d’Europa crescono astio e insofferenza nei confronti degli “odiosi tedeschi”.
Per smorzare i toni e migliorare l’immagine, il ministero degli Esteri tedesco ha proposto oggi una nuova strategia per «la comunicazione in Europa»: si tratta di un protocollo di 12 pagine in cui l’esecutivo si pone il problema di rinfrescare l’immagine del paese.
Il concetto è stato gia discusso nel consiglio dei ministri dove il Governo avrebbe ammesso che l’atteggiamento nei confronti dei paesi indebitati stia sollevando parecchi problemi. Nel protocollo non si usano mezzi termini: «Presso alcuni paesi vicini si sono destate paure riguardo a una strapotenza tedesca», e ancora, «dobbiamo dissipare le paure di strategie individuali e di manie di potenza. In particolare ai paesi in difficoltà dobbiamo assicurare la nostra solidarietà».
Alcuni esperti credono che sia da tempo arrivato il momento di trattare questo problema. La Società tedesca per la politica estera (Dgap) ha imputato al governo di non spiegare sufficientemente le proprie decisioni ai partner europei: «Gli spettri del passato sono di nuovo presenti nei tavoli delle contrattazioni a Bruxelles. La Germania viene considerata dominante, arrogante e contraria a compromessi», secondo quanto si legge in un comunicato.
Con questo tema all’ordine del giorno il ministro degli Esteri, il liberale Guido Westerwelle, ha incontrato questo pomeriggio la stampa estera. «Da tutte le parti si ripetono cliché e stereotipi che nell’Europa di oggi dovrebbero appartenere al passato», ha assicurato. «Non voglio un’Europa tedesca, ma una Germania europea. Per me l’Europa è una comunitá di cultura e valori». Da lì, con il suo solito stile incline al volo pindarico, Westerwelle ha ricordato i suoi amici stranieri, i suoi legami personali con la Grecia, il suo relatore di tesi dottorale, professor Dimitri Tsatsos, un greco… Però al momento di parlare dei contenuti è apparso più serio: «Non ci deve essere alcun dubbio sulla solidarietá tedesca», ricordando che questa settimana cinque sesti del Parlamento hanno approvato gli aiuti (di 130 milioni di euro da parte della Germania) per la Grecia.
Cambia il marketing quindi, ma non cambiano i temi: consolidare le finanze pubbliche da una parte e mettere in atto strategie “intelligenti” per la crescita dall’altra. La Germania non ha alcun dubbio sul fatto che la ricetta sia questa. È la nostra, secondo Westerwelle, la generazione che paga per il facile indebitamento delle generazioni passate.
Anche quando un giornalista irlandese gli fa notare che la ricetta che ha funzionato in Germania non viene più percepita come quella giusta in altri paesi, Westerwelle non molla e non prende nemmeno in considerazione un “no” nel referendum irlandese sul “fiscal compact”. Insiste a dire che la solidarietá del suo paese è «esemplare» e si dice «orgoglioso» del fatto che i contribuenti tedeschi accettino di pagare per i vicini in difficoltá. Il problema insomma sarebbe più che altro di comunicazione. «È giusto mostrare sensibilità. Ci sono state, anche in Germania, frasi inaccettabili», ha ammesso, «dieci anni fa eravamo noi il paese più debole».
Il nuovo protocollo risponde ad una precisa strategia europea che aspira a ristabilire le competenze nella gestione della crisi. Fino ad ora infatti, il ruolo del ministero degli Esteri era rimasto marginale di fronte al protagonismo del ministero delle finanze e della cancelleria. D’ora in avanti a quanto pare, Westerwelle sará incaricato di curare le conseguenze a lungo termine delle rotture prodotte durante la crisi. Proprio per questa ragione negli ultimi mesi ha viaggiato a Lisbona, Atene, Londra e Madrid è in agenda. In Polonia terrá poi un discorso europeista.
Il protocollo presentato oggi si rivolge anche alle attività da svolgere nella Germania stessa, dove a quanto pare si organizzeranno corsi di solidarietà, cioè, detto in parole del governo, «una serie di incontri in cui si discute l’Europa», con attivitá previste anche nelle scuole e nelle universitá.
Dal canto loro i tedeschi sono divisi, tra chi cede facilmente allo stereotipo e chi mal sopporta il ruolo dell’ “odioso tedesco” e proprio non si spiega perchè lo stesso giorno in cui il parlamento approva gli aiuti, in Grecia veniva bruciata la sua bandiera. Sessant’anni dopo la guerra, sono molti a pensare che il paese aveva intrapreso la strada giusta: «Da quando la nostra nazionale riusciva a vincere non più con le botte ma con velocità e stile… Ci eravamo quasi anche creduti apprezzati in Europa. Ma non è così», ironizzava recentemente il Rheinische Post. Gli animi divisi non indeboliscono peró Angela Merkel, che secondo gli ultimi sondaggi è più popolare che mai.