Come due galli in un pollaio. Gli spifferi del palazzo di Giustizia di Milano definiscono così i magistrati Francesco Greco e Alfredo Robledo, alle prese negli ultimi mesi con diverse inchieste che hanno toccato gli intrecci tra la politica, la finanza o la sanità lombarda e milanese. È un scontro senza esclusione di colpi venuto fuori in tutta la sua complessità sul caso Sea-Gamberale, con l’uno e l’altro ad accusarsi reciprocamente di non aver visto il fascicolo con l’intercettazione in arrivo da Firenze a fine ottobre, di averlo derubricato a modello 45 o di averlo passato all’altro per questioni di competenza.
Ma è una battaglia che viene da molto lontano, che tocca l’inchiesta su Telecom Italia poi sfociata sui dossier di Deloitte, che attraversa le indagini sul San Raffaele fino ad arrivare a quelle di Cassano D’Adda per il caso del leghista Davide Boni, venute fuori dal crack dell’immobiliarista Luigi Zunino. «È una situazione che rischia di fare male a uno dei due», avverte una fonte ben informata del palazzaccio. Perchè potrebbe pregiudicare le delicate indagini in corso in regione Lombardia, tra chi vorrebbe dare l’assalto finale alla presidenza di Roberto Formigoni, a chi invece frena in attesa di prove più consistenti sui reati di corruzione. Insomma un cortocircuito letale.
Quando a palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi vigeva una sorta di patto di non belligeranza tra Greco e Robledo, anche se tra All Iberian e processo Miils qualche parola grossa scappò a entrambi. Greco, infatti, ascoltò l’avvocato inglese a lungo tra il 1996 e il 1997, ma non lo indagò mai. Tanto che gli avvocati dell’ex premier – come ricorda Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera del 5 febbraio del 2003 – «avevano lamentato la presunta protezione accordatagli dai pm in cambio del suo contributo documentale (le famose «carte inglesi») ai processi» dello steso Greco. Poi arrivarono Fabio De Pasquale e lo stesso Robledo che indagarono Mills per frode fiscale riciclaggio.
Ma se all’epoca erano scaramucce tra colleghi, con la procura che marciava compatta e spedita contro il Cav, ora sembra scattato il tutti contro tutti. In mezzo c’è il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, che da numero uno di entrambi si affretta a smentire quotidianamente di battaglie in corso, veleni nei corridoi della procura, invidie o fastidi. Eppure, tra indagini a carico di consiglieri regionali o dossier sui fondi neri del San Raffalele in arrivo dalla Svizzera, soprattutto di questo si parla in questi giorni a palazzo di Giustizia.
I pubblici ministeri Robledo e Greco
Robledo si lamenterebbe spesso proprio con Liberati perché diverse indagini gli arriverebbero sul tavolo solo dopo che le ha già passate Greco. Ritardi e fastidi sulla mancanza di rispetto per il lavoro altrui. Così è accaduto su Sea. Gli atti dell’intercettazione incriminata sono stati trasmessi alla fine di ottobre del 2011, quando il capo del pool per i reati societari iscrisse il fascicolo a modello 45, cioè non costituenti notizie di reato. Poi il plico passò a Eugenio Fusco, uno del pool di Greco, che si pose il problema della competenza, dal momento che si configurava la turbativa d’asta per un’amministrazione pubblica, cioè il comune di Milano. Interpellò Robledo, che però, nemmeno due giorni fa, diceva di non aver ricevuto nulla, anche perché con tutta probabilità era trascorso molto tempo (forse troppo) dall’arrivo del plico a una possibile apertura dell’indagini. Al palazzaccio c’è chi si domanda con «quale animo e quale voglia lo stia facendo», Robledo, che oggi avrebbe dialogato coi legali di Gamberale.
Screzi si registrano pure sulla vicenda del fallimento dell’Ospedale San Raffaele a Milano. Qui le indagini contro gli scandali di Don Verzè vengono coordinate da Greco in tandem con Bruti Liberati. Ma pure Robledo, dato la contiguità tra il Pirellone e l’azienda ospedaliera di via Olgettina per via dei finanziamenti o di faccendieri come Pierangelo Daccò – come ha scritto pure l’Espresso in un dettagliato articolo del 26 gennaio a firma di Paolo Biondani – avrebbe qualche colpo in saccoccia per chiudere il cerchio sul Celeste. Nel dettaglio, dopo l’indagine per falsa testimonianza a carico del memores Fabrizio Rota, capo della segreteria di Formigoni.
Altro capitolo è quello che riguarda Boni. Anche qui le indagini su sistema di Cassano D’Adda nascono da un filone dell’inchiesta sul crack dell’immobiliarista Zunino, tra area Falck e altri investimenti, che fu seguita all’epoca personalmente proprio da Greco, anche se la richiesta di fallimento fu richiesta dai pm Roberto Pellicano e Laura Pedio. Pure qui indagini che si accavallano, dubbi su competenza e alla fine la confessione dell’architetto Michele Ugliola che ha fatto scattare le indagini sul presidente del Consiglio regionale. Ma i dubbi restano. Perchè, è convinzione di molti a palazzo di Giustizia, Greco «si muoverebbe con maggiore attenzione rispetto a Robledo».
Infine il caso sulla security di Telecom che s’intreccia poi con lo scandalo di Calciopoli. Forse il più spinoso, con al centro la figura di Marco Tronchetti Provera, con centinaia di tifosi juventini ad accusare quotidianamente «Bruti Liberati e Greco» di aver coperto l’ex amministratore delegato. Nel febbraio del 2011 Robledo ha ripreso in mano le indagini.
Quale sarà il prossimo capitolo della battaglia interna?