L’ennesima settimana “calda” di Torre del Greco si è aperta con l’istanza di fallimento presentata da un creditore di Deiulemar Compagnia di Navigazione. Riserbo assoluto sull’identità dell’autore e del suo legale, si sa solo che si tratta di un obbligazionista con un credito di circa 200mila euro. Ma l’azione è stata variamente interpretata. Alcuni degli altri obbligazionisti addirittura ritengono che l’istanza possa esser stata chiesta da un creditore “vicino” alla Compagnia, allo scopo di fornire ad essa una scusa per non presentare un piano concordatario o per presentarne uno che, nell’emergenza di anticipare l’udienza sul fallimento (prevista per il 18 aprile), potrebbe rivelarsi poco appetibile per i creditori in generale.
E se l’avvocato Pino Colapietro (Comitato degli Obbligazionisti della Deiulemar) mantiene una linea prudenziale «anche se 200mila euro sembrano pochi perché il giudice possa decidere per il fallimento, l’iniziativa complica il quadro generale, costringendo la Compagnia ad accelerare la presentazione di un piano concordatario, che comunque era previsto a giorni» altri legali hanno reagito diversamente.
È il caso di Antonio Cirillo, Marcello Ambrosino e Antonio Iacomino (un penalista e due civilisti), che hanno depositato in Procura le denunce di 30 risparmiatori, assicurando che presto potrebbero arrivarne a centinaia. «Riteniamo che l’azione penale sia da anteporre a quella civile» spiega Ambrosino a nome del trio, che mira in alto. «Se infatti si arrivasse al solo fallimento della Compagnia, il ristoro dei creditori sarebbe impossibile, perché, trattandosi di un’azione civile, non si discuterebbe del comportamento dei soci e delle altre società ad essi riconducibili, nello specifico la Deiulemar Shipping (controllata dalla cosiddetta seconda generazione Deiulemar attraverso una società lussemburghese, nda). Per questo, confidando nell’esperienza della Procura di Torre Annunziata, che conosce il settore e che recentissimamente si è occupata dell’analogo caso Dimaiolines, ci siamo rivolti ad essa: nell’ambito di una procedura fallimentare, che riteniamo ineluttabile, i pm, qualora ravviseranno ipotesi di reato nella gestione di Deiulemar, potranno “estendere” il fallimento a tutte le società connesse, compresa la Shipping, e noi potremmo costituirci parte civile non solo contro queste società, ma contro tutti gli organi di controllo che non hanno adempiuto i rispettivi doveri: Consob (finita nel mirino anche di Federconsumatori, nda), Banca d’Italia, la società di revisione Kpmg e il collegio sindacale».
Mentre Banca d’Italia e Kpmg hanno preferito perseverare nella linea del «no comment», Consob, per bocca del portavoce Alberto Aghemo, ha riferito che «una simile ipotesi verrà considerata qualora dovesse concretizzarsi, anche perché, con l’eccezione dei circa 40 milioni di obbligazioni regolarmente iscritti a bilancio e relativi all’emissione autorizzata nel 2008, che si è svolta correttamente, la Commissione difficilmente avrebbe potuto rilevare la gestione “parallela”, totalmente al nero, di Deiulemar». Per la prima volta Consob ha anche ammesso l’apertura di un’indagine: «È iniziata a gennaio, abbiamo già sentito gli amministratori precedenti e quello attuale, Roberto Maviglia, che ci aggiorna con regolarità sullo sviluppo del piano di ristrutturazione. Inoltre stiamo collaborando all’inchiesta della Procura torrese».
Dal canto suo Maviglia non è sembrato turbato dall’istanza di fallimento: «Entro la fine della settimana avremmo comunque presentato una proposta concordataria. Abbiamo appena chiuso il censimento delle obbligazioni “irregolari”: si tratta di circa 684 milioni di euro di titoli detenuti da circa 10mila 500 obbligazionisti. Nei prossimi giorni valuteremo lo scostamento con l’attivo, considereremo un’eventuale ricapitalizzazione e presenteremo la proposta concordataria».
Il disegno di Maviglia dovrebbe prevedere il ristoro degli obbligazionisti attraverso un mix di pagamento cash, dilazione della scadenza delle obbligazioni e conversione in azioni (ma non nelle percentuali ufficiosamente diffusesi nei giorni scorsi del, rispettivamente, 5, 20 e 75%, inaccettabili per tutti i comitati degli obbligazionisti) di una newco che ricomprenderà i beni, in particolare la flotta, di Deiulemar Shipping, tenendo tuttavia separate le situazioni debitorie delle due realtà: «Questo è un impegno assunto dai soci su cui non ci sono dubbi. Per questo mi sembra che per i creditori, se lo scopo di chi persegue il fallimento della Compagnia è il coinvolgimento della Shipping, la strada migliore sarebbe comunque quella concordataria, l’unica in grado di evitare il depauperamento dei beni della Shipping che si avrebbe in caso di fallimento di quest’ultima».
A sua volta la Shipping è alle prese con un piano di ristrutturazione del debito (sulla quasi totalità delle navi di sua proprietà sono iscritte ipoteche di primo grado a favore delle banche finanziatrici), sebbene al momento non risulta ancora affidato il relativo mandato ad un advisor (che dovrebbe essere Mediobanca) incaricato di redigerlo. Un’impasse che potrebbe derivare proprio dalla volontà dei creditori (in primis le banche) e dell’advisor in pectore della Shipping di non essere coinvolti nel tentativo di salvataggio della Deiulemar Compagnia di Navigazione. Una manifestazione degli obbligazionisti prevista per giovedì misurerà il polso dei creditori riguardo alle novità di questi giorni.