Pechino snobba la zona euro e punta sulla Polonia

Pechino snobba la zona euro e punta sulla Polonia

La Cina si prepara a sbarcare in Polonia. E viceversa. Mentre l’eurozona arranca e cerca di trovare una soluzione alla crisi in cui è piombata, Varsavia guarda verso oriente per evitare di essere contagiata dal virus dell’eurodebito. E le risposte sono arrivate. I rapporti commerciali fra Cina e Polonia stanno aumentando sempre di più e nei prossimi mesi aumenteranno ancora. In aprile il primo ministro cinese Wen Jiabao visiterà Varsavia al fine di trovare nuove forme d’investimento. E non sono previste altre visite ad altri Stati. Almeno per ora.

Se l’eurozona arranca, la Polonia continua a marciare. Il Prodotto interno lordo (Pil) per il 2012 crescerà del 2,5% secondo le ultime previsioni di febbraio a cura della Commissione europea. In modo trionfale, il ministero delle Finanze ha affermato che «nessuno in Europa crescerà come la Polonia nel 2012». Ha ragione a metà, dato che il dato è stato rivisto al ribasso rispetto alle prime stime, ma è abbastanza per essere ottimisti. Inflazione in calo e crescita in aumento saranno i due trend macroeconomici che contraddistingueranno Varsavia nel corso dell’anno. E i conti pubblici, per ora, restano sotto controllo. Il vice-ministro delle Finanze Dominik Radziwill ha confermato pochi giorni fa le previsioni di fine novembre. Il rapporto fra debito pubblico e Pil sarà inferiore al 55% nel corso del 2012. E come ha spiegato la Narodowy Bank Polski, la banca centrale polacca, «in virtù degli investimenti esteri potrebbero esserci sorprese positive a fine anno».

I banchieri centrali polacchi, ma anche i governanti e, soprattutto, gli imprenditori, guardano con fiducia a oriente. Dopo la visita del presidente Bronisław Komorowski a Pechino, si sta concretizzando il rapporto commerciale fra i due Paesi. Del resto, le premesse c’erano tutte. Poco prima di Natale, dal 18 al 22 dicembre, il presidente polacco aveva incontrato i leader cinesi per la prima volta dopo 14 anni dall’ultimo summit bilaterale Polonia-Cina. Sul piatto, gli investimenti nello shale gas, il gas naturale non convenzionale di cui la Polonia è ricca di giacimenti, ma non solo. Infrastrutture, hub produttivi, partecipazioni bancarie: la Cina, come riportato dall’agenzia di stampa Xinhua, «vuole investire nella più florida economia europea del momento». Un endorsement non indifferente, considerato che Xinhua è spesso tacciata di essere la voce più propagandistica del Consiglio di Stato cinese, il più importante organo amministrativo della Cina.

Il progetto di cooperazione è ormai partito. Secondo il primo giornale polacco, Gazeta Wyborcza, i funzionari del China investment corporation (Cic), il fondo sovrano cinese con una dotazione superiore ai 200 miliardi di dollari, accompagneranno Wen Jiabao nella visita di aprile per tastare le possibilità più interessanti. E il governo polacco ha avviato da alcuni giorni il progetto GoChina, che prevede l’avvio di circa 70 missioni bilaterali entro la fine di settembre. Il vice-ministro degli Esteri Jerzy Pomianowski, ancora ieri, ha invitato gli imprenditori polacchi a informarsi presso l’ambasciata cinese per tutte le opportunità d’investimento in Cina. «Abbiamo iniziato questo rapporto che farà bene sia a noi sia a Pechino, c’è spazio per tutti», ha affermato Pomianowski durante una conferenza stampa del PAIiIZ, l’agenzia polacca per gli investimenti esteri.

«Le opportunità sono ampiamente positive e non sono attesi shock endogeni. Al massimo, si deve sperare che i mali dell’eurozona non contagino la Polonia». Così George Magnus, Senior economic adviser di Ubs e uno dei massimi esperti di mercati emergenti, ha definito Varsavia in uno dei suoi ultimi report. «Lo shale gas è sicuramente uno dei motivi per cui bisogna essere fiduciosi nella Polonia, ma non vanno dimenticati gli sforzi (ripagati) con cui il governo sta cercando di attrarre investimenti esteri», scrive Magnus. Ed è possibile che, entro il 2015, siano «arrivino investimenti per oltre 30 miliardi di dollari».

A fronte di questi numeri, sarebbe lecita l’invidia dell’eurozona. Al G20 di Cannes i politici europei si attendevano una risposta da parte della Cina. Ma questa non è arrivata. Anzi. Il presidente Hu Jintao aveva abbandonato prematuramente il summit nella Costa azzurra, ancora prima della conferenza stampa finale. Colpa delle continue divergenze tra Francia, Germania e gli altri membri dell’eurozona. Pechino per ora, dopo aperture più o meno velate, non ha ancora sciolto le riserve su un reale aiuto nei confronti della zona euro.

Mentre il ministro delle Finanze Jacek Rostowski continua a frenare sull’introduzione dell’euro, Varsavia guarda in direzione di Pechino. Ma guarda anche in direzione dell’Europa. La Polonia, come riportato dalla Banca centrale, è il maggiore destinatario dei fondi europei. Il budget 2007-2013 parla di 67 miliardi di euro ricevuti da Bruxelles. «A differenza di altri Stati, noi abbiamo puntato tutto sugli investimenti, compresi quelli volti ad attrarne nuovi dall’estero», ha affermato a inizio gennaio Rostowski. E Pomianowski, parlando proprio del rapporto fondi Ue-investimenti, ha usato toni positivi: «Mi pare evidente che è stata una scelta profittevole». Guardando in che condizione si trova l’eurozona, non ci sono dubbi.  

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